L'anniversario

Rigopiano, 7 anni fa la tragedia: un dolore mai sopito

Sette anni fa la tragedia di Rigopiano: in ricordo delle 29 vittime palloncini e rose bianche davanti ciò che resta dell'hotel di Farindola spazzato via da una valanga.

Un dolore che non si è mai sopito, anzi acutizzato, soprattutto per i familiari delle vittime, dopo la sentenza di primo grado che ha portato a 25 assoluzioni. 7 anni fa, il 18 gennaio 2017, una valanga spezzò la vita a 29 persone tra ospiti e lavoratori dell’hotel che si trovava a Farindola.

Rigopiano fu una vera e propria tragedia che scosse non solo l’Abruzzo, ma l’Italia intera: ancora oggi all’ingresso dell’hotel c’è una rete che impedisce l’accesso a quello che resta del resort. All’interno del resort c’erano 40 persone quando la valanga, nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio 2017, investì la struttura: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, compresi il titolare Roberto Del Rosso e il rifugiato senegalese Faye Dane. A Farindola, accanto alle foto di chi non c’è più, fiori, luci, biglietti: come a L’Aquila, davanti la Casa dello Studente, dove trovarono la morte 8 ragazzi la notte del 6 aprile 2009. “La verità è ancora lì sepolta insieme ai nostri cari”. In queste parole, la fame di giustizia di Gianluca Tanda, portavoce del comitato delle vittime di Rigopiano, parole accorate da cui emerge un dolore ancora fortissimo per una ferita che non può essere cucita.

Per quanto riguarda le commemorazioni ci si ritroverà in un primo momento  a Montesilvano, nel giardino di via Nilo intitolato alle 29 vittime della tragedia. A seguire, il silenzioso corteo si dirigerà a Rigopiano, dove, tra gli squilli di tromba, è stata organizzata una fiaccolata e l’alzabandiera. Saranno deposti fiori e piante ai piedi dell’obelisco. Prevista anche una messa proprio all’interno del sito, dove si può accedere tramite autorizzazione: i nomi delle 29 vittime saranno scanditi dai rintocchi delle campane e, all’interno di quel che resta dell’hotel, saranno disposte 29 rose bianche. Partecipa anche il Coro di Atri, che alle 16,49, cioè all’ora esatta della tragedia, intonerà il canto “Signore delle cime” e rilascerà, con l’autorizzazione dei carabinieri forestali, 29 palloncini bianchi. In caso di maltempo o se i cumuli di neve dovessero essere troppo alti, l’intero programma di commemorazione si svolgerà davanti al totem.

La sensazione diffusa, ancora oggi, 7 anni dopo, è che non sarà nemmeno il tempo a lenire il dolore per la perdita di 29 vite, inghiottite da una delle valanghe più disastrose mai vissute sul nostro territorio e le esistenze dei sopravvissuti sono state irrimediabilmente cambiate per sempre. Ieri, il giorno prima dell’anniversario, è ripreso, davanti la Corte d’Appello dell’Aquila, il processo che sta cercando di fare luce sulla tragedia. Per i familiari sarà l’occasione per avere quella giustizia chiesta a gran voce in questi anni. In primo grado, il 25 febbraio scorso, sono stati assolti l’ex prefetto e altri 24 imputati, per cui erano stati chiesti oltre 150 anni. Alla lettura della sentenza era esplosa la rabbia dei familiari delle 29 vittime, tanto che i giudici vennero scortati all’esterno. L’inchiesta sul disastro si era conclusa nel novembre 2018, e aveva riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire l’emergenza maltempo, chiamando in causa Regione Abruzzo, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola; poi si era estesa anche alla mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati. A fine dicembre 2018 ci fu  anche un’inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della Prefettura di Pescara, compreso l’ex prefetto Francesco Provolo — per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara — con altri 7 indagati. A dicembre del 2019 i vertici regionali uscirono dal processo con 22 archiviazioni per ex presidenti della Regione ed ex assessori regionali alla Protezione Civile. La condanna più pesante, 12 anni, era stata chiesta per l’ex prefetto Francesco Provolo; tra le altre richieste di condanna c’erano gli 11 anni e 4 mesi chiesti per il sindaco, in carica, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, i 7 anni e otto mesi per il gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, i 6 anni per l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco. Sul fronte del depistaggio in Prefettura, 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo; 2 anni per Giancarlo Verzella.

Tragedia Rigopiano: la cronaca di quelle ore terribili

Il 18 gennaio 2017 la terra tremò per la prima volta alle 10.25: la scossa di terremoto, magnitudo 5.1, epicentro nell’Alto Aterno, da’ il via a una serie infinita di altri sussulti, tre dei quali sopra magnitudo 5. Ad aggravare la situazione, la neve caduta abbondante in quei giorni. Nel pomeriggio gli ospiti dell’hotel Rigopiano, preoccupati per la forte nevicata, sono pronti per andare via, con i bagagli nella hall e attendono lo spazzaneve, il cui arrivo però slittò alle 19. Troppo tardi. Intorno alle 18 cominciò a circolare l’allarme per un hotel completamente isolato nella frazione di Penne. A dare il primo alert l’sms arrivato da due clienti dell’albergo che erano riusciti a rifugiarsi all’esterno della struttura. Uno dei sopravvissuti, il primo a dare l’allarme, è il cuoco Giampiero Parete, scampato miracolosamente insieme alla moglie e i due figli alla distruzione dell’albergo. “L’Hotel Rigopiano non c’è più, è crollato tutto”, dice Parete al telefono, in una comunicazione fortemente disturbata ma che fa intuire cosa sia successo a Farindola. Poco dopo le 19 si diffuse anche la notizia del disastro. Come “4.000 tir a pieno carico”: questa la pressione esercitata dal fronte di distacco della slavina che si è abbattuta sull’hotel Rigopiano, che nella zona di accumulo pesa 120.000 tonnellate. Sono i dati dei Carabinieri forestali del servizio Meteomont. Quanto le scosse di terremoto influirono sul distacco di quella mole di sassi, neve e ghiaccio, è ancora al vaglio delle perizie degli inquirenti.

rigopiano

I soccorritori dovevano raggiungere un’area, quella su cui sorgeva il resort, a 1.200 metri di altitudine. La neve continuava a scendere, i telefoni non prendevano, le strade ormai non erano più visibili: muri di neve di due metri. Alle 22 la macchina dei soccorsi era a 9 chilometri dal luogo della tragedia. Era ormai mezzanotte quando quattro uomini del Soccorso alpino e della Guardia di Finanza decisero di procedere con gli sci con le pelli di foca: dopo quattro ore massacranti, arrivarono all’hotel e salvarono i due superstiti che avevano lanciato l’allarme. Intorno alle 6.30, arrivarono gli elicotteri per portarli a valle e intanto inizio’ la ricerca dei dispersi. La prima vittima venne estratta alle 9.30. Solo a mezzogiorno la colonna dei mezzi dei soccorsi arrivo’ a poche centinaia di metri dall’albergo e dopo 20 ore, gli uomini dei soccorsi, fatto l’ultimo tratto a piedi, raggiunsero il luogo del disastro.

Per una settimana si va avanti a cercare i corpi delle vittime. Il bilancio sarà pesantissimo: 29 morti. 11 i superstiti – Due persone si sono salvate perché al momento della slavina si trovavano all’esterno dell’albergo:

Giampiero Parete, l’ospite che si trovava all’esterno e che ha dato l’allarme;

– il tuttofare dell’hotel, Fabio Salzetta, anche lui fuori dall’albergo.

Dalle macerie i vigili del fuoco hanno poi estratto vive, tra la giornata di venerdi’ 20 e l’alba di sabato 21 gennaio, 9 persone:

– la moglie di Parete, Adriana Vranceanu e i due figli, il piccolo Gianfilippo e Ludovica;

– i due bambini Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo;

Giampaolo Matrone;

Vincenzo Forti;

Francesca Bronzi;

Giorgia Galassi.

Le vittime: 15 uomini e 14 donne.

vittime rigopiano

Gli ospiti dell’hotel:

Claudio Baldini (40 anni) e la moglie Sara Angelozzi (40 anni) di Atri (Teramo);

Luciano Caporale (54 anni) e la moglie Silvana Angelucci (46 anni) entrambi parrucchieri di Castel Frentano (Chieti);

Valentina Cicioni (32 anni), di Monterotondo (Roma), infermiera al Gemelli, era con il marito Giampaolo Matrone, rimasto ferito ma estratto vivo dalle macerie;

Sebastiano di Carlo (49 anni) ristoratore di Loreto Aprutino e la moglie Nadia Acconciamessa (47 anni) pescarese. Il loro figlio, Edoardo, si è salvato;

Domenico di Michelangelo (41 anni), poliziotto di Osimo e la moglie Marina Serraiocco (36 anni), anche lei di Osimo. Il loro figlio, Samuel, si e’ salvato;

Piero Di Pietro (53 anni) allenatore di calcio, e la moglie Rosa Barbara Nobilio (51 anni); venivano da Loreto Aprutino;

Stefano Feniello (28 anni) di Valva (Campania) ma residente a Silvi Marina. La sua fidanzata, Francesca Bronzi, si e’ salvata;

Marco Tanda (25 anni), pilota di aereo di Macerata e la fidanzata Jessica Tinari (24 anni) di Vasto;

Foresta Tobia (60 anni) dipendente dell’agenzia delle Entrate e la moglie cinquantenne Bianca Iudicone di Montesilvano.

Marco Vagnarelli (44 anni) e la compagna Paola Tommasini (46 anni), di Castignano (Ascoli).

Il proprietario del resort Rigopiano e i suoi dipendenti

– il proprietario dell’hotel Roberto Del Rosso (53 anni);

– il maitre dell’hotel Alessandro Giancaterino (42 anni) di Farindola;

– il receptionist Alessandro Riccetti (33 anni) di Terni;

– il receptionist Emanuele Bonifazi (32 anni), di Pioraco (Macerata);

– il cameriere Gabriele D’Angelo (31 anni), di Penne (Pescara);

– la cuoca Ilaria De Biase (22 anni) di Chieti;

Marinella Colangeli (32 anni), di Farindola (Pescara) gestiva la Spa dell’hotel;

Cecilia Martella (24 anni), di Atri, lavorava nel centro benessere;

Linda Salzetta (31 anni), di Farindola, lavorava nel centro benessere. Suo fratello Fabio si è salvato perché si trovava fuori dall’hotel al momento della valanga;

Luana Biferi (30 anni), giovane calciatrice, lavorava nello staff, di Bisenti (Teramo);

– il tuttofare Dane Faye (30 anni), rifugiato senegalese.

hotel rigopiano - foto ansa

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