Cronaca

Rigopiano, attesa per la sentenza in Corte d’Appello a L’Aquila

Rigopiano: arriva la sentenza - a porte chiuse - in Corte d'Appello a L'Aquila. In primo grado, a Pescara, il processo si era concluso con 25 assoluzioni e 5 condanne lievi.

C’è grande attesa per la sentenza – che verrà letta a porte chiuse – per il processo di Rigopiano che vedrà l’ultima battuta in corte d’Appello a L’Aquila domani, mercoledì 14 febbraio.  È stato già annunciato che la lettura del dispositivo non avverrà prima delle 16.

Il collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi dovrà decidere sui numerosi ricorsi presentati: primo fra tutti quello
della procura di Pescara, contro l’assoluzione, il 25 febbraio 2023, per 25 dei 30 imputati per la valanga di Rigopiano. In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi); i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi ciascuno); 6 mesi ciascuno per l’ex gestore Bruno Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex Prefetto Francesco Provolo, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni; l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni. Assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire. Altra protagonista del processo è la Carta Localizzazione Pericolo Valanghe (Clpv), mai attivata dalla Regione Abruzzo, tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi; nel mezzo una lunga serie di perizie che non hanno portato a un quadro di totale chiarezza. In Corte d’Appello, i due pm di Pescara, Anna Benigni e Andrea Papalia hanno spiegato nei minimi dettagli le ragioni del loro ricorso, ribadendo in maniera approfondita le responsabilità degli imputati, sulla loro scia gli avvocati di parte civile, mentre la gran parte degli avvocati difensori ha attinto alle motivazioni della sentenza di primo grado e, in alcuni casi, ponendo dubbi perfino sulle legittimità dei ricorsi
stessi. Un groviglio che il giudice Manfredi dovrà districare, una volta dato spazio ad eventuali repliche, a partire dalle 9.30, ora d’inizio udienza nell’Aula Magna del Tribunale dell’Aquila, e una corposa camera di consiglio.
Grande attesa e voglia di verità e giustizia da parte dei familiari delle 29 vittime le cui vite sono state spazzate via da una valanga che, il 18 gennaio 2017, travolse e distrusse l’hotel di Farindola. I parenti delle vittime aspettano giustizia, “mancata” in primo grado.  “Non ci aspettiamo onestamente uno stravolgimento della sentenza di primo grado – aveva commentato Mario Tinari, papà di Jessica, una delle vittime durante l’ultima udienza – ma certamente una sentenza più severa ed equilibrata in cui vengano definite una volta per tutte le giuste responsabilità“.

All’interno del resort il 18 gennaio 2017 c’erano 40 persone quando la valanga, nel pomeriggio investì la struttura: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, compresi il titolare Roberto Del Rosso e il rifugiato senegalese Faye Dane. A Farindola, accanto alle foto di chi non c’è più, fiori, luci, biglietti: come a L’Aquila, davanti la Casa dello Studente, dove trovarono la morte 8 ragazzi la notte del 6 aprile 2009. “La verità è ancora lì sepolta insieme ai nostri cari”. In queste parole, la fame di giustizia di Gianluca Tanda, portavoce del comitato delle vittime di Rigopiano, parole accorate da cui emerge un dolore ancora fortissimo per una ferita che non può essere cucita. La sensazione diffusa, ancora oggi, 7 anni dopo, è che non sarà nemmeno il tempo a lenire il dolore per la perdita di 29 vite, inghiottite da una delle valanghe più disastrose mai vissute sul nostro territorio e le esistenze dei sopravvissuti sono state irrimediabilmente cambiate per sempre.

Alla lettura della sentenza di primo grado era esplosa la rabbia dei familiari delle vittime, tanto che i giudici vennero scortati all’esterno.

Rigopiano

Rigopiano: l’inchiesta 

L’inchiesta sul disastro si era conclusa nel novembre 2018, e aveva riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire l’emergenza maltempo, chiamando in causa Regione Abruzzo, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola; poi si era estesa anche alla mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati. A fine dicembre 2018 ci fu  anche un’inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della Prefettura di Pescara, compreso l’ex prefetto Francesco Provolo — per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara — con altri 7 indagati. A dicembre del 2019 i vertici regionali uscirono dal processo con 22 archiviazioni per ex presidenti della Regione ed ex assessori regionali alla Protezione Civile. La condanna più pesante, 12 anni, era stata chiesta per l’ex prefetto Francesco Provolo; tra le altre richieste di condanna c’erano gli 11 anni e 4 mesi chiesti per il sindaco, in carica, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, i 7 anni e otto mesi per il gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, i 6 anni per l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco. Sul fronte del depistaggio in Prefettura, 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo; 2 anni per Giancarlo Verzella.

rigopiano guardia di finanza

La sentenza con le condanne e le assoluzioni in primo grado 

La richiesta era di 150 anni di carcere complessivi per i 30 imputati per la tragedia di Rigopiano. La sentenza ha stabilito, invece, poco più di 10 anni di pena per soli 5 degli imputati coinvolti nel processo di primo grado. È l’esito della sentenza arrivata nel pomeriggio di oggi, intorno alle 17, dal Tribunale di Pescara. Immediate e veementi le reazioni dei familiari presenti in aula, trattenuti a stento dalle forze dell’ordine sul posto per mantenere l’ordine. (qui l’articolo completo)

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