La buona notizia

Coronavirus L’Aquila, fuori dall’incubo

Coronavirus, l'angoscia del contagio e la felicità quando arriva il doppio tampone negativo. Buone notizie per il 33enne domiciliato a L'Aquila che era risultato positivo al Covid - 19.

L’AQUILA – Doppio tampone negativo per il 33enne domiciliato nel capoluogo che era risultato positivo al Coronavirus.

Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché? Oggi ci affidiamo alle vecchie Five Ws, tanto care al giornalismo anglosassone ma utilissime a dare ordine, quando non sapresti da dove iniziare per raccontare una storia. Le Five Ws ci dicono di iniziare con Who? Chi?

Who? Chi?
Immaginate. Immaginate un giovane uomo. Ha 33 anni, corporatura bella piantata a terra, nel senso che sarà alto 1.85/1.90, una 90ina di chili ben distribuiti. Capelli corti e barba corta. Generalmente un tipo allegro e spensierato, sostanzialmente felice, almeno quando il destino lo lascia tranquillo. E ultimamente non l’ha fatto molto. Non è aquilano, ma a L’Aquila ci vive e ci lavora. Ad ogni modo, immaginate questo bel ragazzone. Immaginatelo con un pigiama, di quelli classici, tristi, grigi. Oh, capiamoci, di solito è uno che porta i calzini a pois di tutti i colori, toni sgargianti, accessori bizzarri. Ma di questi tempi il “di solito” latita, l’avrete saputo. E allora meglio un pigiama “serio”, che se ti deve vedere un estraneo non ci fai troppo una figura di merda.

What? Che cosa?
Che cosa è successo? Immaginate che questo pezzo di marcantonio in pigiamino grigio cenere inizi a saltare sul letto come un bambino. “Come un deficiente”, ha tenuto a specificare, in realtà, quindi al limite un giornalista scrupoloso che volesse attenersi alla testimonianza potrebbe allargarsi al massimo fino a “come un bambino deficiente”, ma non stiamo a sottilizzare. Dunque, dicevamo, immaginate questo marcantonio in pigiamino grigio che salta sul letto e immaginate la telefonata precedente: “Negativo”. Per la seconda volta. Come fai a non saltare sul letto?
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When? Quando?
Dunque, questa cosa è successa ieri mattina. Non saprei essere più preciso. Posso dire che a me il messaggio è arrivato intorno alle 10, ma poteva pure non arrivare per niente. Voglio dire, prima ce n’era di gente da avvisare. C’era una mamma che aspettava quelle benedette parole: “È negativo, per la seconda volta”. C’era una fidanzata che aspettava quelle stesse parole, c’erano gli amici. Tutte persone che non puoi ancora abbracciare, perché ‘sto cazzo di virus ti toglie il respiro, ma anche il conforto dell’abbraccio delle persone che ami. E allora “è negativo, per la seconda volta”, ma ognuno a casa propria, per gli abbracci ci sarà tempo. Verso le 10, quindi, arriva il messaggio “per tutti”, amici, conoscenti, quel giornalista strano che stava in quarantena pure quando non “andava di moda”. “Posso scriverlo?” gli chiedo. Posso scriverlo. “Vuoi dirmi pure qualcosa? Magari qualcosa di “emozionale”, diamo un bel messaggio”. Mi manda l’emoticon del tipo che si dà un colpo sulla fronte. Probabilmente pensa che sono una Barbara D’Urso con la barba. “Solo se te la senti, giusto per mandare uno spunto di ottimismo in questo momento particolare”. Che poi, piano con l’ottimismo, che qua non ci vuole niente a rilassarsi un attimo e mandare tutto in vacca. Quindi per carità, ottimismo, ma ognuno a casa propria. Comunque va be’, alla fine qualcosa me la dice.

Mi dice degli attacchi di panico. La sera. Perché il giorno lotti, hai 33 anni, il mondo davanti e il Coronavirus lo prenderesti a testate, se si potesse vedere. La sera no. La sera arrivavano gli attacchi di panico e te li devi gestire da solo. La paura ti prende alla gola, come se il virus non bastasse, e non sai che fare. Che fai, che dici, quando non puoi manco abbracciare qualcuno per farti dire che andrà tutto bene? Poi la notte passa, ritorna la luce e la voglia di combattere. Così per un giorno, due, un mese. Ecco, immaginate così, un mese passato con la voglia di combattere il giorno, e la paura la notte. Non un giorno, due. Trenta. Poi ti credo che salti sul letto come un bambino, quando arriva la telefonata: negativizzato. “Come un deficiente”.

Why? Perché?
Eh, bella domanda. Perché siamo fragili e un cazzarello invisibile può mandare in crisi nazione dopo nazione. Per questo è bene saltare sul letto come bambini, o come deficienti, fate voi, quando siamo felici, stiamo bene e le cose vanno come devono andare, come per questa storia. Ma non va sempre a finire così. Quindi ottimismo sì, ma ognuno a casa propria. Dopotutto è un sacrificio piccolo, rispetto alla riconquista della propria vita e della propria dimensione sociale.

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