Storia

Campo 78: cammino della libertà e luogo della memoria

Campo 78, Fonte d'Amore, Sulmona: da campo di prigionia nelle due guerre mondiali a luogo della memoria, nel segno della libertà.

Campo 78, Fonte d’Amore, Sulmona: da campo di prigionia nelle due guerre mondiali a luogo della memoria, nel segno della libertà.

Ci sono luoghi che lasciano un segno indelebile nella storia e nella cultura di un popolo. Fonte D’amore, con il campo 78, è uno di questi: siamo alle falde del Morrone, non lontano da quella che poi, nella II Guerra Mondiale, sarà la linea Gustav.

Campo 78, luogo di prigionia alle porte di Sulmona che è arrivato a contenere anche più di 3000 persone, di guerre ne ha vissute due: la sua costruzione risale ai primi mesi del 1916 e fu utilizzato per il
concentramento dei prigionieri di guerra.

campo 78

Dei 108 luoghi di internamento sparsi in tutta Italia, a quello di Sulmona fu assegnato il numero 78: era uno dei più grandi. Nel corso del primo conflitto mondiale ospitò prigionieri magiari, utilizzati poi per il rimboschimento del Morrone, per lavori agricoli e artigianali nonché per la riedificazione dei pozzi per far arrivare l’acqua potabile all’ex Abbazia Celestiniana e alle abitazioni circostanti.

Le condizioni di vita dei prigionieri erano drammatiche: moltissimi morirono a causa della spagnola, la pandemia che uccise milioni di persone sul finire del primo ventennio del ‘900. Le vittime austro-ungariche della spagnola sono ricordate in un monumento ossario all’interno del cimitero di Sulmona.

campo 78

Ma Campo 78 torna ad essere luogo di prigionia qualche anno dopo: cambia la nazionalità dei prigionieri, mutano di poco le loro condizioni di vita. Ad essere reclusi a Fonte d’Amore furono principalmente gli alleati anglo-americani, catturati nel nord Africa tra il 1940 e il 1943.

Nelle baracche ancora oggi ci sono disegni e graffiti a testimonianza della permanenza di quelle migliaia di persone fatte prigioniere: in alcuni casi si leggono ancora il nome e lo stemma del battaglione di appartenenza dei soldati.

campo 78

È da Campo 78 che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, partì il cammino della libertà dei prigionieri e dei perseguitati dal regime fascista. Molti si diedero alla fuga con la speranza di passare il fronte e ricongiungersi alle truppe alleate al di là del Sangro. I giovani prigionieri salgono sulla montagna e si rifugiano nei paesi della Valle Peligna.

Inizia il cammino verso la libertà: “Libertà sulla Maiella” (The way out) è il racconto di Uys Krige, ufficiale sudafricano evaso dal Campo 78, che descrive con precisione e trasporto quelle settimane di fuga, fino all’incontro con la prima pattuglia alleata, sul Trigno.

Erano circa le sei di martedì 14 settembre 1943, e noi quattro – Frank Cochran, Samuel Rochberg, Michael Marchant ed io – avevamo trascorso la notte in un crepaccio sul fianco del monte dietro il Campo Prigionieri di Guerra, a Fonte d’Amore, che avevamo lasciato in gran fretta domenica pomeriggio. Frank aveva cercato invano per tutto il giorno precedente di trovare un sentiero attraverso le montagne con almeno una sorgente per facilitare il passaggio di tremila prigionieri senz’acqua e con poco cibo attraverso il culdisacco della valle di Sulmona; e gli uomini – le cui capacità di resistenza erano state diminuite da diversi anni di prigionia – durante il giorno avevano cominciato a soffrire per la fame, la sete e la stanchezza. (…) C’erano almeno 1500 prigionieri sul fianco della montagna dietro il campo; alcuni, è vero, si erano riparati tra gli alberi, nei crepacci, nei fossi, nei borri dietro le colline e le montagnole, ma molti erano all’aperto, perfettamente visibili dal campo stesso. (…) Guardo di nuovo in su. I miei occhi si posano sui resti della vecchia casa di Ovidio sul fianco della montagna, a sinistra del campo. Le rovine splendono come una melagrana nel sole. (…) Pietro, quello dalla voce profonda, ci disse che il monastero sulla collina nel quale volevamo rifugiarci era già stato occupato dai tedeschi.

(Uys Krige, Libertà sulla Maiella)

I tedeschi subentrarono agli italiani nella sorveglianza di campo 78 e subito cominciarono i rastrellamenti e le persecuzioni nei confronti delle popolazioni che aiutavano i prigionieri: la così detta Resistenza Umanitaria. Per quanto visse in quei terribili mesi, la città di Sulmona fu insignita della medaglia d’argento al valor militare.

Una mattina di ottobre del 1943, i soldati tedeschi irruppero nel carcere dell’Abbazia di Santo Spirito al Morrone e deportarono circa 400 detenuti nel campo di sterminio di Dachau, con la collaborazione dei fascisti e delle autorità locali.

Da qui, poi, i deportati furono trasferiti negli altri campi di concentramento tedeschi. Molti di loro non fecero mai più ritorno a casa, come due giovanissimi ragazzi di Roccacasale, Erminio Spadino e Michele Scarpone: morirono in una camera a gas.

Tanti gli ebrei italiani che, riusciti a scampare ai rastrellamenti grazie anche all’aiuto di molti cittadini, si schierarono con la Resistenza e con la lotta di liberazione.

FOTO 8Fra questi Oscar Fuà, 17anni, di Sulmona: si arruola nella Brigata Maiella per la liberazione del Paese. Morì in un combattimento nel dicembre del 1944 a Brisighella, vicino Ravenna. La sua storia, raccontata in un bel libro di Edoardo Puglielli, è quella di un giovane partigiano diventato simbolo del coraggio e della lotta per la libertà. Aveva già subito nel 1938 gli effetti delle infami leggi razziali: lui e i suoi fratelli erano stati banditi da tutte le scuole del Regno. Gilberto Malvestuto, tenente comandante dei mitraglieri della Brigata Maiella, lo ricorda così: «era un vero volontario della libertà.
Si arruolò quando la Brigata Maiella era a Recanati. Quando lo vidi, era appena un ragazzo, pensai che non fosse lì per arruolarsi. Poi compresi la sua volontà: era desideroso di contribuire alla liberazione dell’Italia. Al momento dell’arruolamento venne assegnato ad un gruppo di Chieti. Venne da me chiedendomi di poter essere assegnato ai mitraglieri, affinché potesse stare con me e i compagni di Sulmona. Parlai con il comandante Ettore Troilo e lo accontentò».

campo 78

Oggi, a oltre 75 anni, il Campo 78 diventa luogo della memoria.

Con la smilitarizzazione del campo di prigionia e la sdemanializzazione dell’area Celestiniana, partirà finalmente il progetto per la valorizzazione di tutta l’area storica ai piedi del Morrone che comprende l’eremo di Celestino V, l’Abbazia di S.Spirito al Morrone, il Campo 78 e il parco archeologico di Ercole Curino.
Il progetto prevede un investimento di 950mila euro, in modo da creare un percorso integrato che passi dall’archeologia alla storia fino ad arrivare ad un parco della memoria.

Lo sblocco del progetto poco più di un mese fa, con la dismissione del bene dal ministero della Difesa al demanio avvenuta lo scorso 17 dicembre.

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