I cinturelli

I Cinturelli, la rinascita della Castellina di Caporciano

La fine dei lavori nel primo aggregato post sisma a Caporciano, è un'utile occasione per ripercorrere le origini del Borgo proprio in quel contesto urbano. Ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica I Cinturelli.

I Cinturelli – La rubrica settimanale del Capoluogo, il contributo di Dino di Vincenzo .  La rinascita della castellina: terminano i lavori di ricostruzione post sisma in uno dei primi aggregati del centro antico di Caporciano

La fine dei lavori nel primo aggregato post sisma a Caporciano, è un’utile occasione per ripercorrere le origini del Borgo che proprio in quel contesto urbano, trova uno dei due nuclei edilizi che hanno dato origine al Paese. Già all’inizio del ‘500, nella parte bassa di Caporciano nasceva un nucleo abitativo, costituito da un edificio principale con le sembianze del palazzo fortificato. Era la Castellina.

Fino ad allora la principale struttura edilizia a Caporciano, era rappresentata dal recinto fortificato nato nel periodo dell’incastellamento (sec. XI). Il forte mutarsi sociale nei luoghi di Caporciano e dell’intera Regione, unitamente alle mutate esigenze difensive (per effetto dell’avvento delle armi da fuoco), trasformarono pian piano il recinto fortificato della parte alta del Paese, che aveva perso di fatto la valenza di guarnigione difensiva, in palazzo recinto. Mentre il recinto castello, si trasformava in palazzo fortificato, verso la pianura si consolidava l’altro nucleo Attorno al primo edificio, munito di scarpa (muro inclinato alla base di un palazzo), robuste mura, archibugiere (finestra a forma di feritoia per sparare sugli aggressori), pietre di recupero anche di epoca Longobarda (sec. VIII), si sviluppò il complesso abitativo che si ingrandì fino a ricongiungersi (circa due secoli dopo) con la parte alta del Paese.
Il palazzo assunse dapprima forme tipiche assimilabili al tardo rinascimento, ancora riscontrabili in numerose finestre, per poi evolversi negli stilemi più riconducibili al periodo barocco (portali in pietra). L’interno mantiene ancora fattezze e decorazioni di un certo pregio. Gli ultimi ampliamenti risalgono ai primi del ‘900 con la costruzione della Castellina (struttura neo gotica svettante al di sopra dei tetti) e con le decorazioni di alcune volte di gusto neo liberty. Attorno al primo palazzo, il nucleo si ingrandì con la costruzione di altre case.

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Memorie di un tempo … Di Marzia Benigni Zimei

Dopo il 6 aprile 2009, prima che potessi verificare i danni del terremoto, ripensavo spesso a mia madre e ai sacrifici di una vita perché la nostra casa avesse l’aspetto che aveva faticosamente conquistato e mi addolorava enormemente l’incertezza del futuro. E ripensavo a mia nonna, ai suoi gesti, alla sua presenza in quella casa!
Questo edificio oggi viene identificato col nome di Castellina. Quando ero piccola, solo la parte più alta del fabbricato veniva indicata con questo termine: è una stanza dalle finestre ogivali che si erge sulla parte rimanente, sicuramente costruita in epoche diverse. Abbandonata, assieme al resto della casa dai vecchi proprietari, fu acquistata da mia madre che si dedicò con grande impegno alla messa in sicurezza e al recupero dell’intero immobile, compreso quello di famiglia.
Proprio in via del Carmine era nata mia nonna, Anna Priore, da tutti conosciuta come Santina, e lì avevano vissuto i suoi genitori Margherita De Mattaeis e il marito Angelo Priore. Entrambi maestri del paese, si erano prodigati con grande generosità nell’insegnamento. Mia nonna aveva vissuto in collegio, a L’Aquila. Con una cerimonia privata, per volere del futuro marito, sempre in via del Carmine, si era sposata, giovanissima, con un ufficiale di carriera e lo aveva seguito nelle varie sedi a cui fosse stato destinato. Una vita molto impegnativa e costellata da enormi dolori! A lei devo la frequentazione di Caporciano, dove ritornava ogni estate, dopo la mia nascita. Cosa hanno significato questo paese e questa casa, per me?

La memoria mi riporta, soprattutto, ad un tempo ormai molto lontano, all’infanzia e ad una sensazione cristallizzata di pura felicità. Si chiudevano le scuole e partivamo! Una corriera rossa mi portava, assieme a mia nonna ed al mio cane da Napoli a Sulmona ed un’altra, blu, fino a Caporciano. I colori erano identificativi ed importanti! Superata Civitarenga, cioè che conservo, ancora vivido, era la luminosità, quasi abbagliante, della distesa dei campi di grano, pronti per la mietitura. Al bivio qualcuno ci aspettava col carretto per prendere le valigie ed io saltavo su e cominciavo a respirare, profondamente, un’aria che aveva il sapore di libertà.

I Cinturelli, il cuore abruzzese di Gabriele D’Annunzio

Per una bambina abituata a vivere in città, quel mondo dove mi sentivo ed ero libera e al tempo stesso protetta, rappresentava tutto ciò che potessi desiderare. Quel mondo era povero, la fatica dei campi enorme, tutto si faceva a braccia, i sacrifici durissimi: di sicuro non mi rendevo conto di tutto questo e qualsiasi attività che vedessi fare mi sembrava piacevole ed era una scoperta! Saltavamo dalle balline; all’imbrunire, mi accodavo a chi andasse a prendere l’acqua alla fonte o ad abbeverare le bestie al lago; una piccolissima conca per riportare l’acqua del pozzo; e poi il mulino, le stalle, molti asini e pochi cavalli e il sapore del latte appena munto, la frutta colta sull’albero, le foglie di granturco intrecciate, i bulbi dello zafferano ripuliti dal terriccio incrostato ….
Lì rincontravo le mie amiche che, come me, rimanevano tutta l’estate ma anche i bambini del posto che, ogni tanto, giocavano con “le forestiere”, come dicevano loro….. Però io parlavo il caporcianese e ne andavo fiera! Molto è cambiato nel corso degli anni. Molte persone sono andate via. L’estate, però, ci si ritrovava …
Nel 2009, col terremoto, questa sorta di rituale si è interrotto. Le case di vacanza erano inagibili e gli anni che si sono succeduti, senza potervi accedere, sono stati tanti ed hanno comportato cambiamenti significativi. Quando saremmo potuti rientrare? Bisognava aspettare …. Tempi lunghi …. Fasi incerte … E poi, finalmente, l’inizio dei lavori…. laboriosi, meticolosi, accurati!
Il filo si stava riannodando!

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.

 

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