Sant’Ambrogio per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 7 dicembre.
Il 7 dicembre si ricorda Sant’Ambrogio. La Chiesa cattolica ricorda Sant’Ambrogio il 7 dicembre, giorno della sua ordinazione episcopale, con grado di memoria nel Rito romano e di solennità nel Rito ambrosiano. Ambrogio Aurelio nacque a Treviri, in Germania, da una nobile famiglia romana della Gens Aurelia: suo padre era governatore delle Gallie. Quando questi improvvisamente morì, Ambrogio con la sorella Marcellina e la madre fecero ritorno a Roma, dove il giovane continuò gli studi, imparò il greco e divenne un buon poeta e un oratore. Si accostò inizialmente alla carriera legale, finché l’imperatore Valentiniano lo nominò nel 370 governatore, con residenza a Milano. Il suo operato si contraddistinse per l’attenzione costante rivolta al bene della comunità, in modo particolare ai più bisognosi, cosa che gli fece guadagnare la stima di tutta la popolazione tanto che in soli quattro anni fu nominato per acclamazione Vescovo. Sant’Ambrogio allora decise di rompere ogni legame con la vita precedente: donò i suoi averi ai poveri, le terre e le proprietà alla Chiesa, mantenendo solo una piccola parte per provvedere alla sorella Marcellina, che pochi anni prima si era consacrata Vergine nella Basilica di San Pietro. Si dedicò allo studio delle Sacre Scritture e alle opere dei Padri della Chiesa, senza mai tralasciare gli incontri con i fedeli, che istruiva su quanto aveva appreso, combattendo così con la predicazione la principale eresia che attraversava la Chiesa del tempo, l’arianesimo. Ario negava la divinità di Cristo e la Sua consustanzialità con il Padre, affermando che anche Lui era una semplice creatura, scelta da Dio come strumento di salvezza. La dottrina ariana ebbe molti seguaci anche nelle sfere più alte delle autorità, che la sostennero anche con la loro influenza politica; l’Imperatore stesso nel 386 approvò una legge che autorizzava le assemblee religiose degli ariani e il possesso delle chiese, venendo di fatto a bandire quelle cristiane, arrivando a comminare la pena di morte a coloro che si opponevano. Ambrogio, tuttavia, si rifiutò di consegnare anche un solo edificio di culto; fu minacciato e il popolo, temendo per la vita del Vescovo, si barricò nella basilica insieme a lui, con le truppe imperiali che assediarono l’edificio, decise a far morire di fame i rivoltosi. La situazione fu provvidenzialmente risolta quando Teodosio il Grande, Imperatore d’Oriente, sconfisse e fece giustiziare Massimo che aveva invaso l’Italia, reintegrò Valentiniano – riconquistato alla dottrina canonica – e si fermò a Milano. Nonostante la riconoscenza per l’Imperatore, il Santo non esitò a scontrarsi con lui quando questi ebbe comportamenti riprovevoli, in particolare nel 390 quando richiamò severamente Teodosio che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città. In tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di persone. Ambrogio impose all’imperatore una “penitenza pubblica”, cioè l’esclusione dalla partecipazione ai riti sacri ed egli accettò il castigo ecclesiale, finché nel Natale di quell’anno venne assolto e riammesso ai sacramenti. Un’altra battaglia portata avanti dal vescovo fu la difesa di Papa Damaso contro l’antipapa Ursino: egli riconobbe sempre il primato del Vescovo di Roma, in quanto successore di Pietro, come segno dell’unità di tutti i cristiani; a lui si attribuisce la frase “Ubi Petrus, ibi Ecclesia” – Dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa. Per i suoi numerosi scritti teologici, Sant’Ambrogio è ritenuto uno dei quattro grandi dottori della Chiesa d’Occidente, insieme a Gerolamo, Agostino e Gregorio Magno. Il Santo si spense a Milano, il 4 aprile del 397.
Dal punto di vista iconografico, Sant’Ambrogio è comunemente ritratto come vescovo. Tra i suoi attributi ricorrenti, ci sono il libro, perché Dottore della Chiesa; il bastone pastorale, simbolo di cura, raduno del gregge; lo staffile, emblema di vemenza e profondità delle omelie predicate dal Santo, nonché allusivo alla penitenza imposta a Teodosio; il gabbiano, a simboleggiare la discesa dello Spirito Santo. Talvolta appare l’alveare, a memoria della leggenda in cui si narra che al Santo, ancora in fasce, addormentato nella culla posta in cortile, improvvisamente delle api entrarono ed uscirono dalla bocca per depositargli il miele, senza arrecargli danno e che ricorda la sua eloquenza, dolce appunto come il miele. Per questo motivo il Santo è considerato protettore di api, apicoltori, fabbricanti di cera; inoltre è patrono dei tagliapietre, del Corpo Speciale Amministrativo e dell’Esercito Francese. La più antica effigie del Santo – senza nimbo e senza attributi – è quella, in mosaico, nella cappella dei Santi Vittore e Satiro della Basilica ambrosiana, risalente al V secolo.
