Elezioni 2022 - l'editoriale

Elezioni 2022, con Fdi vince la coerenza: delusione Lega, suicidio centrosinistra

Elezioni politiche, la vittoria della coerenza. Delusione Lega. Potrà essere un ostacolo per Giorgia Meloni? Per il Centrosinistra suicidio politico. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta.

Elezioni politiche, la vittoria della coerenza. Delusione Lega. Potrà essere un ostacolo per Giorgia Meloni? Per il Centrosinistra suicidio politico. L’editoriale di Giuseppe Sanzotta.

Elezioni, si potrebbe dire tutto come previsto, o quasi. Che Giorgia Meloni avesse il vento in poppa era evidente da tempo, da oltre un anno i sondaggi segnalavano questa tendenza, con un andamento costante. Contemporaneamente la Lega perdeva terreno. C’è stato un travaso di voti dal Carroccio a Fratelli d’Italia, lo testimoniano i dati del Nord, dove la Lega non è più la prima forza. In Veneto, dove Zaia era stato eletto con il 70 per cento, la Lega ha avuto un terzo dei voti di Fratelli d’Italia ed è stata superata anche dal Pd. Per la prima volta nella storia recente della politica italiana non c’è stata partita nelle elezioni politiche. La vittoria della coalizione di centrodestra non è mai stata in discussione da quando, superando le ruggini dello scontro sull’elezione del Presidente della Repubblica, Meloni, Salvini e Berlusconi hanno rinnovato il patto tra loro. Le sole incertezze potevano riguardare l’entità del successo. I rivali non hanno mai fatto una battaglia per vincere, ma nel migliore dei casi per limitare il trionfo dell’avversario.

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Prendiamo il Pd. Letta per mesi ha lavorato per creare quel campo largo in grado di contrapporsi. I punti di forza dovevano essere, oltre al Pd, i 5Stelle, più altre forze minori. Poi c’è stata la rottura con Conte sulla crisi. Poteva essere risanata in extremis? È quello che rimprovereranno a Letta i dirigenti del Pd, perché in quel momento si è decretata la vittoria a tavolino del centrodestra. Letta ha provato con Calenda, poi si è trovato insieme a forze minoritarie di sinistra che, oltre a portare pochi voti, possono aver determinato la fuga di elettori moderati. Così al Pd non è rimasto altro che fare una campagna per delegittimare l’avversario, parlando di pericolo fascista, di diritti civili a rischio, di allontanamento dall’Europa.

La mobilitazione antifascista non c’è stata. In pochi in Italia gli hanno creduto, l’astensionismo è cresciuto ed è facile prevedere che in buona parte si tratti di ex elettori di centrosinistra che non hanno risposto all’appello e che soprattutto non si sono mobilitati, pensando che fosse del tutto inutile. Era un popolo depresso quello del Pd, scoraggiato, certo della sconfitta. Immaginate una partita di calcio con una squadra che scenda in campo convinta di perdere, al massimo interessata a contenere il punteggio. La disfatta sarebbe assicurata. Così è stata una battaglia difensiva votata alla sconfitta. Nella migliore delle ipotesi, il Pd avrebbe potuto prendere quei 3-4 punti in più che sarebbero serviti forse solo a salvare la segreteria, non certo a ribaltare il risultato. Quindi non c’è stata mobilitazione. Non c’è stata nemmeno quando Letta ha giocato l’ultima carta, quella del voto utile. Un tentativo esplicito di prendere voti dei 5Stelle e di Calenda.

C’è stata, invece, la reazione delle possibili vittime dello scippo e alla fine a perdere voti è stato proprio il Pd. Del resto, che cosa vuol dire voto utile? Convergere sulla sola forza in grado di contendere la vittoria all’avversario.

Festeggiano i 5Stelle di Conte, anche se hanno più che dimezzato le percentuali rispetto al 2018. Le prospettive erano di gran lunga peggiori. La risalita c’è stata, soprattutto al Sud, grazie a quel reddito di cittadinanza che potrebbe essere messo in discussione nel nuovo Parlamento.
Calenda ha fallito i suoi scopi, è riuscito a prendersi un po’ di voti nei grandi centri urbani, per farne che? Aveva candidato Draghi a Palazzo Chigi, era stato sconfessato dallo stesso presidente. Poi aveva puntato su una situazione di caos che avrebbe consentito al suo gruppo di essere determinante. Nulla di tutto questo è accaduto. L’accoppiata Calenda-Renzi è ben lontana da quella doppia cifra che era stata indicata come obiettivo. Ora dovrà fare opposizione al fianco del Pd e dei 5Stelle.

L’insuccesso della Lega è andato oltre ogni previsione. C’è chi dice che Salvini paghi il sostegno al governo Draghi. In realtà la caduta ha radici lontane. Quando nell’agosto del 2019 Salvini si sfilò dal governo Conte aveva da poco superato alle europee il 30 per cento e alcuni sondaggi lo davano lanciato verso la soglia del 40 per cento. Poi con il governo Conte2 è passato all’opposizione. Ma ha iniziato a perdere consensi: una caduta continua fino ad arrivare alla delusione di scendere sotto il 9. E adesso? Inevitabile una resa dei conti. Sicuramente la Lega del Nord cercherà di recuperare l’identità storica. Quindi è inevitabile il rilancio dell’autonomia differenziata richiesta a gran voce da Zaia e Fedriga, non solo ma sostenuta anche da Bonaccini del Pd. Una scelta “padana” può essere un problema per Giorgia Meloni? Con Salvini il rapporto, pur tra alti e bassi, è consolidato, ma cosa accadrà con un eventuale nuovo leader leghista?

Festeggia per lo scampato pericolo Forza Italia. Arrivare a una incollatura dalla Lega è un successo. Forza Italia rivendica un proprio ruolo nella coalizione, ambisce ad essere garante di moderazione.
Comunque Giorgia Meloni non avrà problemi a formare il governo. Sicuramente il risultato le consentirà di decidere senza ostacoli la formazione del nuovo esecutivo. A conti fatti è già stata generosa nella distribuzione dei collegi agli alleati, visti i risultati elettorali. Ora deve pensare solo agli impegni che l’attendono.
Giorgetti, dopo i successi leghisti, fece mettere un ritratto di Renzi per ricordare ai suoi che quel Pd nel giro di 3 anni era passato dal 40 al 18 per cento. Negli ultimi anni chi è andato al governo ha pagato in termini di consenso. È successo al Pd, alla Lega, ai 5Stelle. Questa sarà la vera sfida per Giorgia Meloni: riuscire dove altri hanno fallito. Dare risposte agli italiani che le hanno dato fiducia. Lei è consapevole della sfida che l’attende. Non ha fatto promesse roboanti, ha promesso lavoro, impegno e serietà. La sfida elettorale l’ha vinta alla grande, ora l’aspetta un impego ancora più difficile: governare l’Italia.

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