Operazione hello bross

Mafia nigeriana, il capo nazionale della Black Axe comandava da L’Aquila

L'AQUILA - Decapitato il vertice della Black Axe italiana, la mafia nigeriana. Il capo del "cult" italiano operava a L'Aquila.

L’AQUILA – Decapitato il vertice della Black Axe italiana, la mafia nigeriana con attività in 80 paesi del mondo. Il capo del “cult” italiano operava a L’Aquila.

Era sbarcato a Pozzallo nel 2014, da un barcone proveniente dalla Libia, Seki o “Titus” il capo del cult italiano della Black Axe, tra le più pericolose mafie nigeriane che operano in oltre 80 paesi del mondo. Era stato quindi assegnato in un centro di accoglienza dell’Aquila, dov’era rimasto per circa due anni, prima di partire per Reggio Emilia. Ma “Titus” aveva poi deciso di tornare a L’Aquila, per due ordini di motivi: la posizione centrale e vicino a Roma, che gli permetteva di gestire meglio i contatti con i vertici del cult e la tranquillità del capoluogo abruzzese, dove era possibile perseguire una delle regole base: basso profilo. Un basso profilo che però non è sfuggito agli operatori della Squadra Mobile della Questura dell’Aquila, diretta dal dottor Marco Mastrangelo, che questa notte, con l’ausilio dello SCO (il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato) e alle Squadre Mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni, hanno finalizzato l’operazione “Hello Bros”, eseguendo 30 misure cautelari in carcere emesse dal Gip Guendalina Buccella su richiesta del Procuratore Michele Renzo e del Sostituto Procuratore Stefano Gallo, e sottoponendo a perquisizione altri 25 indagati. Pesanti le contestazioni: associazione a delinquere di stampo mafioso, ex 416 bis, per la Black Axe, la più pericolosa mafia nigeriana attiva in tutto il mondo.

A illustrare i dettagli dell’operazione, il Questore dell’Aquila, Gennaro Capoluogo, il Direttore della Centrale Anticrimine, Francesco Messina, il Procuratore della Repubblica di L’Aquila, Michele Renzo, il Sostituto Procuratore Stefano Gallo e il Direttore SCO, Fausto Lamparelli.

“Le indagini – ha sottolineato il Procuratore Renzo – sono state finalizzate grazie al patrimonio di conoscenze e capacità di attenzione su quello che accade in Italia. Ci si interroga spesso sulla presenza di stranieri e integrazione, ma non c’è integrazione senza rispetto delle regole“.

Mafia nigeriana, i tentacoli della Black Axe da L’Aquila a tutta Italia.

A L’Aquila, dunque, operava il capo del cult italiano, un nigeriano di 35 anni che gestiva le attività criminali del sodalizio, attraverso un vertice composto da “Small Boy” operativo su Reggio Emilia, “Bross Irene”, che su Napoli, “Esosa” da Bari, “Obalige” da Caserta e “Osamuy” da Roma. Questo il vertice criminale che gestiva gli affari della Blaxk Axe in Italia, con la testa, “Titus” a L’Aquila. Pur non disdegnando i “classici” settori di spaccio e prostituzione, “Titus” preferiva il “basso profilo” imposto al cult, che operava infatti soprattutto in truffe online o nelle cosiddette “truffe romantiche”. I guadagni andavano tutti in Nigeria, ma venivano anche effettuate “collette” per sostenere le famiglie degli affiliati arrestati. Le indagini sono partite collateralmente alla finalizzazione dell’operazione antidroga “Papavero”. Tra i corrieri di quel sistema di spaccio, proprio “Titus”, rimasto sotto osservazione così permettendo alla polizia di decapitare i vertici nazionali.

Blacke Axe, origini e storia criminale.

Come spiegato dal Procuratore Michele Renzo, la Black Axe nasce originariamente come confraternita universitaria operante in Nigeria con sanissimi propositi, sui temi dell’anticolonialismo e dell’antirazzismo. Nel tempo, però, l’organizzazione ha perso i connotati originali, sfociando in una vera e propria associazione a delinquere che, secondo l’ultimo rapporto dell’FBI, è operativa in oltre 80 stati del mondo ed è considerata la più pericolosa. L’organizzazione è suddivisa territorialmente in “cult” che possono corrispondere al territorio nazionale, come nel caso dell’Italia, o più ampio. A capo del cult italiano, quindi, il 35enne che aveva scelto L’Aquila come centrale operativa.

Affiliazione: proprio come le mafie “nostrane”, come spiegato dal commissario Benedetta Mariani, responsabile dell’Ufficio di Polizia giudiziaria della Procura, e all’epoca dei fatti alla Squadra Mobile aquilana, l’affiliazione alla Black Axe avviene attraverso protocolli rigidissimi e riti: intanto bisogna essere presentati da una sorta di “padrino” che fa da “garante” della fedeltà del nuovo affiliato, che era sottoposto a prove di coraggio e riti nei boschi, a base di “bombe” di stupefacenti o le cosiddette Kokoma. “Titus” era un “integralista” della Black Axe, ovvero – oltre al basso profilo – imponeva che le nuove leve venissero affiliate solo in Nigeria.

Una mafia che, come le mafie più evolute, ha gradualmente abbandonato la “violenza deflagrante” contro i singoli, come rilevato dal Procuratore Renzo, per la “violenza sui sistemi”, come quello economico. Nei due anni di attività sotto indagine, infatti, la Black Axe ha mobilitato circa 1 milione di euro, utilizzando anche bit coin.

Operazione “Hello Bross”, i ringraziamenti del sindaco Biondi.

“Ringraziamenti ed encomi” sono stati rivolti dal sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, alla Procura della Repubblica e alla Polizia di Stato della questura del capoluogo per l’operazione che sta portando a smantellare la Black Axe, la mafia nigeriana radicata in Italia con sedi in diverse città, tra cui L’Aquila.

“Alla direzione investigativa distrettuale antimafia e antiterrorismo della Procura della Repubblica, al questore, alla Squadra mobile e alla polizia giudiziaria, che hanno condotto brillantemente le indagini per un lungo periodo, alle donne e agli uomini della polizia impegnati in tale difficile operazione contro questo filone della criminalità organizzata vanno le più fervide congratulazioni per la brillante azione che stanno conducendo – ha aggiunto il sindaco Biondi – Certo, apprendere che per due anni il boss di questa organizzazione, che aveva un’ampia diffusione e che gli inquirenti hanno considerato di elevatissima pericolosità, abbia vissuto nella nostra città fa nascere più di un’apprensione. Ma è tranquillizzante la circostanza che il leader di questa struttura malavitosa, dedita al traffico di droga, all’immigrazione clandestina, allo sfruttamento della prostituzione ed altri reati gravissimi, sia stato comunque tenuto sotto controllo dalla nostra polizia, che merita il ringraziamento dell’intera comunità aquilana”.

“È anche in virtù dell’attenzione e delle capacità delle forze dell’ordine, oltre che alla correttezza generale dei cittadini, che il capoluogo abruzzese risulta ogni anno tra le città più tranquille e sicure in campo nazionale nelle varie indagini sulla qualità della vita” ha concluso il sindaco Biondi.

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