Cronaca

Processo alla Mafia nigeriana, le prime sentenze già a febbraio

L'AQUILA - Udienza per 18 imputati nel processo alla Mafia nigeriana: rito abbreviato per 5 persone, gli altri 13 saranno giudicati al termine del processo ordinario.

L’AQUILA – Udienza per 18 imputati nel processo alla Mafia nigeriana: rito abbreviato per 5 persone, gli altri 13 saranno giudicati al termine del processo ordinario.

Potrebbero arrivare già dal prossimo 14 febbraio le prime sentenze nel processo alla cosiddetta Mafia nigeriana, seguito all’operazione di polizia “Hello Bross”. Oggi, infatti, il Giudice ha disposto il rito abbreviato per 5 dei 18 imputati per cui era prevista udienza; gli altri, alcuni dei quali avevano richiesto tramite i propri legali il giudizio abbreviato condizionato, andranno invece a processo ordinario. Il rito abbreviato, richiesto tra gli altri dall’avvocato Carlotta Ludovici per un suo assistito, era condizionato da alcune perizie, tra cui la trascrizione delle intercettazioni telefoniche che per il giudice avrebbero preso tempo non compatibile con la natura stessa del giudizio abbreviato. Da qui la decisione che ha portato al processo ordinario, fissato per il prossimo 22 dicembre.

Per i 5 imputati con rito abbreviato “secco”, invece, udienza prevista per il 14 febbraio. In quella sede potrebbero arrivare direttamente le prime sentenze per un’inchiesta che ha destato un certo clamore a L’Aquila, dove operava quello che era ritenuto il capo del cult italiano della Black Axe, famigerata mafia nigeriana.

Per tutti l’accusa è associazione a delinquere di stampo mafioso, ex 416 bis, e a vario titolo imputazioni relative a spaccio, indebito utilizzo di carte di credito, passaporti falsi e altro ancora. Per altri imputati che non hanno richiesto il rito abbreviato, sussiste anche la contestazione relativa allo sfruttamento della prostituzione.

Mafia nigeriana, il capo nazionale della Black Axe comandava da L’Aquila

L’operazione “Hello Bros” e la mafia nigeriana a L’Aquila: l’arresto di Titus, il capo del cult italiano della Black Axe.

Trenta misure cautelari e altri 25 indagati nell’operazione “Hello Bross” che ha decapitato il cult italiano della Black Axe, gestito dall’Aquila da “Titus”, considerato il capo dell’organizzazione criminale di stampo mafioso, strutturata in maniera verticistica insieme a “Small Boy” operativo su Reggio Emilia, “Bross Irene”, che su Napoli, “Esosa” da Bari, “Obalige” da Caserta e “Osamuy” da Roma. Questo il vertice criminale che gestiva gli affari della Black Axe in Italia, con la testa, “Titus” a L’Aquila. Pur non disdegnando i “classici” settori di spaccio e prostituzione, “Titus” preferiva il “basso profilo” imposto al cult, che operava infatti soprattutto in truffe online o nelle cosiddette “truffe romantiche”. I guadagni andavano tutti in Nigeria, ma venivano anche effettuate “collette” per sostenere le famiglie degli affiliati arrestati. Le indagini sono partite collateralmente alla finalizzazione dell’operazione antidroga “Papavero”. Tra i corrieri di quel sistema di spaccio, proprio “Titus”, rimasto sotto osservazione così permettendo alla polizia di decapitare i vertici nazionali.

Mafia nigeriana, Titus: ascesa e declino dell’imperatore della Black Axe

Titus, il capo italiano della Black Axe.

Era sbarcato a Pozzallo nel 2014, da un barcone proveniente dalla Libia, Seki o “Titus” il capo del cult italiano della Black Axe, tra le più pericolose mafie nigeriane che operano in oltre 80 paesi del mondo. Era stato quindi assegnato in un centro di accoglienza dell’Aquila, dov’era rimasto per circa due anni, prima di partire per Reggio Emilia. Ma “Titus” aveva poi deciso di tornare a L’Aquila, per due ordini di motivi: la posizione centrale e vicino a Roma, che gli permetteva di gestire meglio i contatti con i vertici del cult e la tranquillità del capoluogo abruzzese, dove era possibile perseguire una delle regole base: basso profilo. Un basso profilo che però non è sfuggito agli operatori della Squadra Mobile della Questura dell’Aquila, diretta dal dottor Marco Mastrangelo, che questa notte, con l’ausilio dello SCO (il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato) e alle Squadre Mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni, hanno finalizzato l’operazione “Hello Bros”, eseguendo 30 misure cautelari in carcere emesse dal Gip Guendalina Buccella su richiesta del Procuratore Michele Renzo e del Sostituto Procuratore Stefano Gallo, e sottoponendo a perquisizione altri 25 indagati. Pesanti le contestazioni: associazione a delinquere di stampo mafioso, ex 416 bis, per la Black Axe, la più pericolosa mafia nigeriana attiva in tutto il mondo.

Una laurea nel settore economico e una buona famiglia alle spalle, un profilo “insolito” per un capo mafia, ma la Black Axe non è la solita mafia. Non gambizza e non ammazza, perché poi “arriva la polizia”, ma preferisce “l’attacco ai sistemi”, come quello economico, all’attacco fisico, anche se all’occorrenza non manca nemmeno la violenza sulle persone. Il tutto gestito da L’Aquila da Titus, il capo cult italiano di tutta l’associazione criminale di mafia nigeriana denominata Black Axe, almeno fino a quando Procura e Polizia hanno messo fine al suo impero.

Da verificare, ora, se quelle accuse saranno accertate a livello giudiziario in tribunale. Le prime risposte potrebbero arrivare già dal prossimo 14 febbraio.

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