L'analisi

Screening Covid 19, solo 1 persona su 3 ha fatto il test: bene L’Aquila, male Sulmona

Screening Covid 19 L'Aquila: il 29,2% della popolazione ha partecipato ai test. "Due persone su tre non si sono sottoposte al tampone rapido. A Bolzano, invece, due persone su tre lo hanno fatto. Positività relativamente alta a Sulmona e nella Marsica"

Provincia dell’Aquila chiamata allo screening di massa contro il Covid 19. La risposta dei cittadini? “Due persone su tre non hanno fatto il tampone antigenico. Numeri non utili da un punto di vista statistico, ma si tratta, comunque, di un primo step per frenare una possibile terza ondata”.

L’esperto Riccardo Persio, dottorando di ricerca all’Università Kore di Enna, analizza i dati sullo screening in provincia. L’Aquila unica provincia d’Italia, assieme a Bolzano, in cui è stato promosso e organizzato un campionamento a tappeto, ma su base volontaria.

108 Comuni all’appello, per una popolazione di 294mila abitanti circa. Il 29,2% della popolazione della provincia ha preso parte all’iniziativa per contrastare il Covid 19. Non tutti, però, erano “testabili”.

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“Lo screening è servito a fare una fotografia della situazione in provincia. Una foto tuttavia istantanea, relativa al preciso momento del test. Per essere più nitida questa fotografia avrebbe dovuto abbracciare molti più cittadini“.

Analizziamo nel dettaglio la campagna di screening e i dati risultanti, grazie alle elaborazioni grafiche del dottor Persio.

Screening Covid 19, l’analisi sui Comuni con più di 2mila cittadini residenti testabili

Partiamo dalla base. Capiamo cioè cosa si intende, statisticamente parlando, per testabile. “I dati nei grafici realizzati – spiega Persio alla nostra redazione – sono stati elaborati considerando quei Comuni che contavano almeno 2mila cittadini residenti oltre i 6 anni d’età. Tutti coloro che, quindi, in linea teorica potevano fare il tampone”.

Un dato, tuttavia, solo relativamente realistico, “poiché ci sono da considerare tutte quelle persone che non potevano andare a fare il test, perché già positive, in quarantena o con qualche sintomo riconducibile al Covid“.

Screening Covid 19 L’Aquila, quanti hanno aderito alla campagna

Per capire il metodo di calcolo della popolazione che ha preso parte allo screening di massa bisogna prendere in considerazione una serie di fattori. Come ci spiega Riccardo Persio, infatti, “la percentuale di residenti che ha scelto di sottoporsi a tampone antigenico non può essere calcolata sul totale della popolazione della provincia“.

“Si considerano, anche in questo caso, esclusivamente i residenti testabili – quindi quelli oltre i sei anni di età – e si prendono in esame quei comuni che hanno almeno 2mila cittadini che avrebbero potuto sottoporsi al test, perché, appunto, hanno più di 6 anni. Partendo da questa precisazione di base, sono andato a sottrarre al totale della popolazione testabile tutta una serie di categorie non interessate da questo campionamento“.

Dai 294mila abitanti della provincia, quindi, scendiamo a 281mila sottraendo i 13 mila cittadini non testabili. Inoltre 3mila persone hanno oltre 90 anni ed è possibile ipotizzare che non abbiano effettuato il tampone antigenico. Sono poi 9mila i casi Covid 19 emersi in provincia dell’Aquila, considerando anche i dati ufficiali della prima ondata. Arriviamo così a 269mila residenti. Al dato ottenuto, poi, vanno sottratti ancora tutti quei lavoratori impegnati in ambito sanitario (dai medici e operatori sanitari fino al personale delle mense ospedaliere) – lavoratori non interessati allo screening perché già regolarmente sotto controllo – e quei soggetti attualmente in quarantena o isolamento (9mila stando ai dati ufficiali).

“Giungiamo a una cifra pari a 241mila residenti potenzialmente da testare, ai quali vanno ancora tolti – con il beneficio del dubbio – altri 11mila residenti circa che lavorano privatamente e che sono già controllati dalle proprie imprese. Ora abbiamo la base per calcolare, approssimativamente, il numero delle persone che poteva sottoporsi al test rapido, pari a circa 230mila cittadini“.

Ma quanti su 230mila cittadini hanno effettivamente fatto il tampone antigenico?

80mila persone. Sono, di conseguenza, 150mila i soggetti che non hanno preso parte allo screening, per un rapporto di 2 su 3. Cioè due residenti su tre hanno preferito non essere testate“.

“Salta all’occhio subito come la provincia dell’Aquila abbia risposto con meno partecipazione all’iniziativa, rispetto all’unico esempio di screening di massa in Italia, cioè quello di Bolzano, dove due persone su tre, al contrario, hanno effettuato l’antigienico”.

Come possiamo interpretare, allora, lo screening alla luce dei risultati?

“I positivi emersi, ad oggi – quando è ancora in corso l’attività di test in alcuni centri, come Avezzano – sono 302. Questo numero indica che, grazie allo screening, si è riusciti sicuramente a prevenire alcuni potenziali focolai, ma i dati nel complesso, in statistica, sono assolutamente ‘Non Utili’, non ‘inutili’, ci tengo a precisarlo”.

Perché si parla di dati non utili?

“Perché non servono a fare approssimazioni sul tasso di positività della provincia o dei singolo centri. C’è una precisazione da fare. Questo screening non può avere valenza statistica. Infatti, per essere valido a livello statistico, avrebbe dovuto avere una base ponderata e non volontaria, sui soggetti chiamati alla campionatura. L’analisi avrebbe dovuto costruirsi su determinate categorie di cittadini, per fasce d’età, sesso e così via. In questo caso, essendo lo screening a base volontaria, è ovvio che non è possibile trarre dati statistici precisi o considerazioni ulteriori rispetto alla partecipazione e ai positivi emersi”.

Screening Covid 19 L’Aquila, i risultati in tre grafici

“Ricordiamo che si contano solo quei Comuni con più di 2mila abitanti testabili, quindi al di sopra dei 6 anni d’età. Da questo primo grafico, relativo alla partecipazione, possiamo leggere che: il livello di partecipazione della provincia, in generale, sta nel mezzo. Si attesta al 29,2%. C’è sicuramente un’evidenza impattante. Sulmona è nettamente al di sotto come tasso di partecipazione allo screening, così come Avezzano. L’Aquila, invece, è nettamente al di sopra. Il capoluogo ha fatto registrare una partecipazione più importante. Ciò vuol dire che a l’Aquila è stato maggiormente percepito il problema”.

“Bisogna prestare attenzione, tuttavia, proprio a Sulmona, che in questi giorni è l’unica città a far registrare un trend di casi in crescita, come avevamo anticipato nella nostra precedente analisi“.

Buona la risposta dei Comuni del circondario aquilano, come Scoppito, Montereale, Pizzoli e Tornimparte. Percentuali di affluenza buona anche in alcuni Comuni marsicani, tra questi Trasacco, Magliano de’ Marsi, Luco dei Marsi e Celano. La Marsica, tuttavia, presenta quadri molto diversi da zona a zona. Lo screening è stato poco partecipato, ad esempio, in Valle Roveto“.

Nel grafico 2, elaborato da Riccardo Persio, si confrontano i dati emersi sulla positività su ogni 100 test effettuati, nei rispettivi comuni analizzati. Anche in questo caso si considerano solo quei Comuni che contano almeno 2mila testabili.

“Un’elevata percentuale di positivi è stata registrata a Civitella Roveto. 2,4%, un dato elevato soprattutto se messo in relazione alla bassa percentuale di partecipazione allo screening. Discorso simile anche per Raiano, Pratola Peligna e Sulmona. Proprio a Sulmona – continua Riccardo Persio – la percentuale di positività è particolarmente alta, a fronte di un esiguo numero di test fatti. È evidente come nel primo grafico l’area peligna fosse in basso (in quanto a partecipazione alla campagna) e in questo secondo grafico, al contrario, i Comuni peligni risultino occupare le posizioni più alte, assieme a diversi centri marsicani. Ciò porta alla configurazione di quadranti particolari in provincia, da tenere sotto controllo, soprattutto in considerazione della curva epidemiologica dei casi in queste zone”.

È bene precisare, tuttavia, che proprio nel Comune di Civitella Roveto è emerso un focolaio nella frazione di Meta, con ben 9 casi risultati dallo screening. Dato che potrebbe aver influito sulla percentuale dei casi. 

“L’aquilano, invece, presenta una percentuale di positività più bassa rispetto al territorio peligno e a quello marsicano. Il dato, in generale, non lascia ben sperare: soprattutto vedendo come quelle aree che fanno registrare una maggiore positività siano le stesse che hanno aderito in misura minore allo screening. Se la partecipazione fosse stata maggiore, probabilmente, avremmo trovato molti più positivi asintomatici. Potrebbero esserci, quindi, molti asintomatici in giro, sfuggiti allo screening. Ecco perché è fondamentale fare attenzione e non abbassare la guardia, soprattutto nel corso delle festività natalizie”.

Screening Covid 19 L’Aquila, perché non è stata raggiunta una partecipazione maggiore

Ci sono due fattori principali, che fanno riferimento anche all’aspetto socio-economico della popolazione. Questa la spiegazione dell’esperto Riccardo Persio

“Il primo motivo è da ricercare nella promozione fatta all’iniziativa. Bisogna capire quanta popolazione era effettivamente informata di questo test e della sua utilità. In molti casi le informazioni sono arrivate a ridosso dei giorni previsti per lo screening: questo ha fatto sì che la popolazione non abbia recepito l’importanza del test. Probabilmente, alla base, però, c’è anche il senso di comunità: per Bolzano (tornando al confronto con l’unica provincia che ha fatto un simile screening) la comunità è l’intera provincia. Per noi la comunità è il quartiere“.

“Il secondo motivo è l’interesse personale. Mi spiego: se la Asl non può assicurare, fin dal principio, l’immediatezza del tampone molecolare ad avallare un’ipotetica positività all’antigienico, i cittadini – soprattutto se lavoratori – non sono invogliati a sottoporsi a un test che potrebbe rivelarsi inattendibile. Un falso positivo, infatti, comporterebbe uno stop di settimane se non di mesi al caso in questione. Stop magari ingiustificato, per l’appunto”.

C’è, infine, un terzo fattore, che spiegherebbe, però, la bassa percentuale di positivi risultata in generale sull’intero territorio provinciale. “Chi va a fare il tampone? Chi è più coscienzioso. Vale a dire chi è sensibile all’argomento e, quindi, è naturalmente portato a rispettare tutte le norme anti-contagio. Ecco perché è più difficile trovare i positivi, in questo senso. Certo è che non andrà a fare il tampone un negazionista, per ricorrere ad un esempio estremo ma chiaro. Ciò non toglie che tra le fasce di chi tende a sottovalutare il virus ci possano essere molti positivi asintomatici. Manteniamo alta l’attenzione se vogliamo uscire da questa emergenza“.

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