Cronaca

Il boss Marco Raduano recluso a L’Aquila si pente e collabora

Il boss della mafia garganica Marco Raduano, evaso in Sardegna e ora recluso nel carcere di Preturo, si pente e decide di collaborare: nel corso di un interrogatorio il 20 marzo avrebbe ricostruito il suo passato criminale autoaccusandosi di 12 delitti.

“Confermo la volontà di collaborare con la Giustizia. L’ho deciso per dare un futuro a mio figlio, per cambiare vita, perché sono stato vittima di diversi tentativi di omicidio, perché vorrei condurre una vita da normale cittadino, e perché sono dispiaciuto e pentito per quello che o fatto”. Sono le prime dichiarazioni rese il 20 marzo nel carcere di Preturo al pm della Dda Ettore Cardinali e agli investigatori da Marco Raduano, 40 anni, viestano, a capo dell’omonimo clan di Vieste della mafia garganica. Nel corso di un interrogatorio avrebbe ricostruito il suo passato criminale autoaccusandosi di 12 delitti.

Marco Raduano, detto “Pallone”, condannato a 19 anni per traffico di droga e all’ergastolo (in primo grado) per mafia, 2 omicidi e 1 agguato fallito. Catturato dai Ros il 2 febbraio a Bastia (in Corsica) dopo quasi un anno di latitanza; era evaso il 24 febbraio 2023 dal carcere di Nuoro dove stava scontando una ondanna per droga. “Ho commesso direttamente 5 o 6 omicidi ma sono coinvolto in più di 10, la maggior parte susseguenti al mio tentato omicidio”, prosegue Raduano nelle dichiarazione spontanee.  (rimase ferito il 21 marzo 2018 a Vieste). Il verbale d’interrogatorio pieno di omissis è stato depositato a disposizione della difesa (non è quindi più coperto da segreto istruttorio) in 2 processi in corso in corte d’assise a Foggia per altrettanti omicidi collegati alla scia di sangue che a Vieste da gennaio 2015 a estate 2022 ha contato 19 fatti di sangue con 10 morti, 1 lupara bianca e una serie di agguati falliti. Sul pregiudicato gravano condanne che dovrebbe finire di scontare nel 2046. Prima della fuga di febbraio 2023, gli era stata notificata una nuova condanna diventata definitiva a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, legata alla maxi operazione antimafia “Neve di Marzo”. Raduano verrà sentito come teste nei processi relativi all’omicidio di Antonio Fabbiano assassinato il 25 aprile 2018 di cui è imputato Giovanni Iannoli (già sconta una serie di condanne tra cui 14 anni e 6 mesi inflitti per aver tentato di assassinare Raduano); e all’omicidio di Mariano Solitro, ucciso il 29 aprile 2015, per il quale sono in attesa di giudizio ancora Iannoli e il pentito Danilo Pietro Della Malva, già esponente di spicco del clan Raduano. Iannoli difeso dagli avvocati Giulio Treggiari e Michele Arena si dice innocente.

marco raduano

Chi è Marco Raduano, il boss latitante catturato in Corsica

Raduano è un elemento apicale dell’omonimo clan dei Montanari egemone nel territorio garganico e non solo. Vanta una lunghissima carriera criminale e ha condanne che deve finire di scontare nel 2046 per traffico stupefacenti con aggravante di mafia, omicidio, reati contro la persona, contro il patrimonio e in materia di armi e stupefacenti. Il 3 febbraio 2023 gli era stata notificata una condanna diventata definitiva a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, perché il ricorso in Cassazione era stato dichiarato inammissibile, nell’ambito del processo denominato ‘Neve di marzo’ dal nome dell’operazione con cui nell’ottobre del 2019 le forze dell’ordina avevano sgominato il clan Raduano, arrestando 15 persone, accusate – a vario titolo – di associazione a delinquere per il traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dall’uso di armi.

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