Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè

Canzoni di Fabrizio De Andrè come "La guerra di Piero" sono vere e proprie poesie: 25 ani fa se ne andava il grande interprete della musica italiana. Il ricordo nella rubrica settimanale a cura di Valter Marcone.

Era il 1999. Mancava appena un anno all’inizio del terzo millennio. Qualcuno già parlava di catastrofe e altri avvenimenti strani che avrebbero sconvolto la vita di tutti noi. Erano ancora una volta i millenaristi, come era accaduto quell’altra volta , appunto mille anni prima , a raccontare previsioni a dir poco astruse. Certo l’attesa era forte e anche le paure.

Un millennio che sui libri di storia racconta vicende positive e negative, storie di terre e di uomini che sono un esempio , a volte rappresentano le radici del nostro presente, comunque un passato da traghettare nel futuro per far sì che questo futuro sia veramente un tempo di cambiamento. Un millennio che nell’ultimo secolo aveva visto 120 milioni di morti per le guerre ma anche progressi scientifici e tecnologici impensabili : dalla rivoluzione industriale alla locomotiva a vapore, dall’invenzione del motore a scoppio alla fusione nucleare . Un secolo descritto da icone precise : il bambino ebreo con le mani in alto nel ghetto di Varsavia, i due astronauti americani a calpestare la superficie della luna ma anche l’orrore di guerre non meno crudeli: dalla pulizia etnica nel Kosovo, ai massacri in Ruanda, e a Timor Est, alla terra bruciata in Cecenia. Per non parlare di Chernobyl e di altri disastri ambientali. Un millennio che si annunciava con un “baco “ , una cosa astratta che però significava il blocco dei sistemi informatici a causa della incapacità di vecchi programmi , al passaggio del nuovo millennio, di riconoscere il cambiamento di data. Insomma un errore di programmazione. Forse le stesse paure come quelle per l’attesa del primo millennio ; paure di allora che la leggenda racconta come momenti di terrore per l’imminente fine del mondo. Una falsa leggenda però stando a due saggi dello storico francese Georges Duby, quali L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva (trad. it. Einaudi, Torino 2001) e Mille e non più Mille. Viaggio tra le paure di fine millennio (con Chiara Frugoni, trad. it., Rizzoli, Milano 1999). Un lungo incipit per dire che proprio in quell’anno moriva Fabrizio de Andrè e che dunque sono 25 anni di questo terzo millennio senza di lui. Faber come lo chiamava il suo amico Paolo Villaggio, conosciuto nel 1948 ,legati da una amicizia che durò appunto fino alla morte di Fabrizio. Scrissero insieme il testo di “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”. Un nomignolo che Paolo Villaggio affibbiò al suo amico che era affascinato dalle matite colorate marca Faber Castell. Un modo scherzoso di sottolineare un vezzo del cantante ma anche un modo di non corrompere troppo il nome di Fabrizio e quindi lasciare una certa assonanza.

Ora di questo ” cantautore degli emarginati” o “poeta degli sconfitti”, nato a Genova il 18 febbraio 1940 e morto a Milano l’11 gennaio 1999, sarebbe troppo lungo riassumere una biografia nelle righe di questa rubrica ed è difficile anche scegliere una poesia del suo mondo sonoro. Ricordando una sua opera per tutti “La buona novella” che è indubbiamente ritenuto il suo capolavoro voglio qui trascrivere i versi de La guerra di Piero, proprio in un momento in cui la guerra, anzi le guerre a cominciare da quella israelo-palestinese e quella russo-ucraina, richiamano tutti i giorni la nostra attenzione senza sottovalutare appunto tutti gli altri conflitti nel nostro mondo .

Senza tralasciare un accenno proprio a “La buona novella” ,un’opera che la Newsletter de la Civiltà cattolica n1/2024 a firma di Mariano Iacobellis S.I. definisce “la spada nella roccia friabile del pentagramma italiano “. Scrive Iacobellis : ” 1 Novembre 1970, lo squarcio. La spada nella roccia friabile del pentagramma italiano. Un’ascia di parole e poesia, declinate in musica e voce. La Buona Novella si attesta come il capolavoro indiscusso, di sicuro l’album concept più riuscito di De André, se non il più riuscito della discografia italiana, forse persino il suo miglior disco, dal quale non a caso pescherà massicciamente in occasione della sua ultima tournée. De Andrè ne parla in un video di presentazione dell’album su Youtube così :” «Si era in piena lotta studentesca e le persone meno attente mi dicevano: “Ma come? Noi andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu invece ci vieni a raccontare la storia della predicazione di Gesù Cristo!”. Non avevano capito che voleva essere un’allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del ’68 e istanze – da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate, ma da un punto di vista etico sociale direi molto simili – che un signore, 1969 anni prima, aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazaret, e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi».

Ma qui, come dicevo, voglio trascrivere il testo de La guerra di Piero

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi

Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente

Così dicevi ed era d’inverno
E come gli altri verso l’inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve

Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce

Ma tu non lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primavera

E mentre marciavi con l’anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue

E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore

E mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbracciata l’artiglieria
Non ti ricambia la cortesia

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere perdono per ogni peccato

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno

Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all’inferno
Avrei preferito andarci in inverno

E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi

Un testo per i giorni nostri, vicino alla nostra esperienza anche se mediata dalla tv e dai social. Un testo sulla ingiustizia della guerra e sulla necessità di adottare uno sguardo libero ed equilibrato. La musica de “La guerra di Piero” è stata scritta da De Andrè con Vittorio Centanaro. La canzone è stata registrata per la prima volta tra il 18 ed il 25 Luglio 1964 negli studi “Dirmatron” di Roma. La canzone è stata ispirata dai racconti di guerra dello zio materno Francesco, sopravvissuto alla Campagna d’Albania. Una storia dunque raccontata senza inclinare verso il sacrificio o il martirio Si sente ingiustizia perchè tutte le guerre sono ingiuste e forse una certa casualità soprattutto nella esitazione del protagonista e in risposta il gesto istintivo del nemico preso dalla paura. L’unica colpa di Piero è di non aver ucciso un uomo con la divisa di un altro colore. E questo è proprio un richiamo alla necessità, in nome di questa fratellanza umana, di abolire ogni guerra .

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