Cronaca

Rigopiano, il giorno della sentenza: in ballo 150 anni di carcere per 30 imputati

Il giorno della sentenza sulla tragedia di Rigopiano. Il procuratore: "Se modello di riferimento è il consenso elettorale vanno assolti; se è quello della sicurezza e del benessere di un'itera comunità serve condanna esemplare".

TRIBUNALE DI PESCARA – Il Gup Gianluca Sarandrea emetterà la sentenza sulla tragedia di Rigopiano. L’accusa ha chiesto complessivamente oltre 150 anni di carcere per i 30 imputati. Il procuratore: “Se modello di riferimento è il consenso elettorale vanno assolti; se è quello della sicurezza e del benessere di un’itera comunità serve condanna esemplare”.

È il giorno della verità processuale nel giudizio di primo grado per la tragedia di Rigopiano. Oggi, il gup Gianluca Sarandrea pronuncerà la sentenza per i 30 imputati coinvolti a vario titolo in uno dei procedimenti giudiziari più drammatici della storia recente d’Abruzzo. I fatti riguardano la tristemente nota tragedia di Rigopiano, in cui 29 persone persero la vita a seguito di una valanga che travolse l’omonimo hotel. Era il 18 gennaio 2017 e a poco più di sei anni si chiude la vicenda giudiziaria, almeno per quanto riguarda il primo grado.
A rischiare di più, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, per il cui l’accusa – rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli, e dai pm Andrea Papalia e Anna Benigni – ha chiesto 15 anni e 4 mesi. Tra le richieste di condanna più alte, anche quella per l’ex prefetto Francesco Provolo: 12 anni di carcere. Per lui, durissime le parole del procuratore capo Bellelli: “Non ci sono grandi misteri oggi da svelare. C’era l’inefficienza grave della prefettura. Parliamo di un prefetto di provincia che lascia cadere nel vuoto una richiesta di aiuto“. Il pm Papalia ha poi sottolineato come “dalle acquisizioni documentali fatte nell’ambito delle indagini immediatamente avviate subito dopo la tragedia, abbiamo rintracciato due note prefettizie, inviate a seguito dell’allerta meteo, in cui veniva rappresentata dalla Prefettura l’avvenuta attivazione, a partire dalla mattina del 16 gennaio, alle ore 9, della Sala operativa provinciale di Protezione civile e del Centro coordinamento soccorsi. Nella nota del 17 gennaio, a firma del prefetto Provolo, si conferma l’apertura della Sala operativa e del Centro coordinamento. Le indagini e le risultanze investigative – ha sottolineato il pm – hanno dimostrato in modo chiaro la falsità delle circostanze rappresentate in queste note, che erano finalizzate evidentemente ad attribuire alla Prefettura una apparente tempestività e capacità di intervento nell’emergenza. […] In realtà il Centro coordinamento soccorsi e la Sala operativa erano state aperte il 16 gennaio 2017 solo sulla carta, perché l’effettivo insediamento si verificherà il 18 gennaio mattina. La nota era quindi strumentale”. Secondo l’accusa, una attivazione tempestiva della Sala operativa e del Centro Coordinamento Soccorsi avrebbe portato all’espletamento di varie attività in modo da evitare la tragedia.
Come poi sottolineato da procuratore Bellelli: “Dobbiamo decidere a quale modello di riferimento devono ispirarsi i nostri amministratori, se il parametro è quello del consenso elettorale e delle buone relazioni con gli imprenditori del territorio allora vanno assolti tutti in questo Processo. Ma se il modello di riferimento è quello della responsabilità, della sicurezza e del benessere di un’intera comunità avendo il dovere di prevedere ogni forma minima di rischio come per altro ricorda la nostra Costituzione allora in nome di essa spero che venga espressa una sentenza esemplare”.

La versione della difesa.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Gian Domenico Caiazza, ha sostenuto invece che “il prefetto è stato tenuto all’oscuro di quanto stava accadendo tra Farindola e l’hotel Rigopiano”, rimpallando le responsabilità sulla provincia: “Fino al 17 gennaio la strada per Rigopiano era transitabile, tanto che alcuni ospiti sono stati scortati dall’Hotel al bivio Mirri; la situazione precipita nella notte tra il 17 e il 18 gennaio, quando la Strada Provinciale 8 collassa. Già dalle 7.00 del 18 si segnala la necessità di un turbina, quella della Provincia è rotta, ma – ha detto Caiazza in aula – nulla di tutto questo viene segnalato in Prefettura e tutte le informazioni restano nel ristretto perimetro dei tre dirigenti della Provincia“. Rimanendo sul fronte Provincia, l’accusa ha chiesto 6 anni per l’ex presidente Antonio Di Marco, 10 anni per i dirigenti Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio 10 anni.

Le altre richieste di condanna per la tragedia di Rigopiano.

Per il resto, chiesti per i dirigenti della Prefettura Leonardo Bianco 8 anni, Ida De Cesaris 9 anni, 11 anni e 4 mesi per il dirigente comunale Enrico Colangeli; per i dirigenti regionali Carlo Giovani, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera, Sabatino Belmaggio, Carlo Visca 5 anni, 7 per Vincenzo Antenucci. Per gli ex sindaci del comune di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico 6 anni, per Bruno Di Tommaso gestore dell’hotel 7 anni e 8 mesi; pene di 4 anni per il geologo Luciano Sbaraglia, 4 anni anche per i dirigenti provinciali Giulio Honorati, 3 per Tino Chiappino, 2 per Andrea Marrone, poi un anno per il tecnico Giuseppe Gatto. Sul fronte del depistaggio in Prefettura 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo, 2 anni per Giancarlo Verzella. Chiesta l’assoluzione per Antonio Sorgi (prescrizione) e i funzionari della Prefettura Salvatore Angieri e Sergio Mazzia. Per la Gran Sasso Resort la richiesta è di 200 mila euro, e si ritiene prescritto quindi da assolvere l’imprenditore Paolo Del Rosso.
Oggi, quindi, si attende la decisione del Gup Gianluca Sarandrea.

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