Cultura

Le nuove stanze della poesia, il sogno di pace di Michail Gorbačëv

Le poesie della pace: Il sogno di pace di Michail Gorbačëv per la rubrica di Valter Marcone "Le nuove stanze della poesia".

Le poesie della pace: Il sogno di pace di Michail Gorbačëv.

“Dovremo attendere un pezzo prima che la cronaca / si camuffi in storia. / Solo allora il volo di una formica / (il solo che interessi) sarà d’aquila / solo allora il fischio del pipistrello / ci parrà la trombetta del dies irae. “ Così scrive Eugenio Montale (Génova, 1896-Milán, 1981),in  Quaderno di quattro anni, Mondadori, Milano, 1977 .
Un accenno alla Storia che Montale  precisa meglio in quest’altra composizione:
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.

Una composizione in cui traspare un profondo dolore per tutto quello che nel mondo contemporaneo contribuisce ad arrecare distruzione e morte come la guerra  a cui Montale riserva una critica molto  stringente,  tenuto conto  della sua concezione della Storia,  che risulta in definitiva pessimista. Con il disincanto di uno sguardo pacato Montale descrive tutto quello che la Storia non è .  Ogni strofa inizia con l’anafora ,una figura retorica  che consiste nel ripetere, all’inizio del  verso o di proposizione, una o più parole con cui ha inizio il verso o la proposizione precedente. La “ storia non è “  permette al poeta di  mettere in luce tutte le contraddizioni , addirittura  cancellando l’ideologia che appunto sottende ai valori positivi della storia .
Ma perché Montale si affanna a  dimostrare la negatività della Storia. Perché quest’ultima non può giustificare o, peggio, legittimare tutto. Non è più maestra di vita perché non insegna più niente o meglio perché i suoi insegnamenti restano inascoltati  . Eppure Montale esprimendo questo antistoricismo  non disprezza la Storia , osserva solamente il mondo che lo circonda e trae alcune conclusioni . LA STORIA  E’ FATTA DI IMMAGINI  DI UN PASSATO CHE SFUGGE , di visioni che ripropongono tragicamente LA NEGATIVITA’ DEL MONDO . Altri hanno parlato di fine della Storia ma in questo contesto quello che ci interessa maggiormente è proprio la proposta o riproposta della negatività del mondo.
Sembra annegare in questa negatività  il destino del sogno di pace di Michail Gorbačëv ex presidente dell’Unione sovietica, morto qualche giorno fa all’età di 91 anni  dopo una lunga malattia. Ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico, pose fine alla Guerra fredda con gli Stati Uniti, ma secondo alcuni non riuscì ad evitare il collasso della stessa Unione Sovietica e secondo altri ne fu la causa determinante. Perché forse  ,come qualcuno dice ancora oggi, in quei momenti si scelse l’economia  al posto della democrazia. Avvenne dunque che ad un regime  imbalsamato  si sostituì il libero mercato e quindi l’accaparramento da parte degli oligarchi ( che instaurarono un altro regime vero e proprio ) di beni, patrimoni,  capitali. Con tutti i problemi di corruzione  e disfacimento dello Stato .

Venne insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace. Dopo Leonid Brezhnev, morto a 76 anni nel 1982, era stato nominato il sessantottenne Yurij Andropov, e poi, dopo soli due anni, il settantatreenne Chernenko che se n’era andato il 10 marzo 1985. L”elezione di Gorbačëv  fu una vera sorpresa . Anche se , secondo la prassi consolidata nelle gerarchie dell’Unione Sovietica, il nome di Gorbačëv  fu sicuramente indicato dallo stesso  Andropov  .Così il cinquantaquattrenne Mikhail Sergeyevich, che da poco era diventato membro effettivo del supremo organo di governo dell’Urss, l’11 marzo del 1985 si ritrovò sulla poltrona di Gensek, a coronamento di una carriera brillante, iniziata nella nativa regione di Stavropol, a ridosso della Crimea .
Gorbačëv  in una situazione già disastrosa,  a causa  della   stagnazione brezheviana alla quale  era seguita negli anni Settanta la ripresa della corsa agli armamenti con lo scudo stellare di Regan, avviò un programma di  cambiamenti  con  la Perestrojka e la Glasnost per sopperire a necessità a cui l’Unione sovietica non era in grado  di fare fronte.  L’Urss non ce la faceva a produrre generi di consumo, le spese militari erano folli, l’avventura in Afghanistan («per contenere l’avanzata del capitalismo») stava dissanguando il Paese .In sostanza migliorare il tenore di vita fu il primo impegno di  Gorbačëv  anche se con ritardi  che non riuscirono a colmare i deficit. La campagna contro la vodka minò sicuramente la sua popolarità e l’introduzione dell’economia di mercato  da cui fece marcia indietro per l’attacco dei vecchi politici incrinarono un percorso in cui il giovane leader credeva veramente. Con la riforma monetaria che portò all’accaparramento dei beni, la vittoria di Solidarnosc in Polonia nel 1989 e la caduta del muro di Berlino  dello stesso anno il quadro di dissoluzione dell’Unione sovietica prese forma definitiva e nuovo vigore. La recessione di tre repubbliche baltiche, il tentativo di colpo di stato  sventato solo per l’intervento di Eltsin , corvo bianco , costrinse Gorbačëv assieme ai capi delle altre due repubbliche slave, Bielorussia e Ucraina,  l’8 dicembre a sciogliere l’Urss. Il giorno di Natale del 1991 la bandiera sovietica veniva ammainata dal  Cremlino.

Ho brevemente ricordato la parabola politica di Michail Gorbačëv perchè  al di là di questi avvenimenti , che pure sono importanti e furono determinanti per un cambiamento radicale nella geopolitica dei rapporti tra potenze mondiali e per l’Europa , il merito di quest’ultimo sta soprattutto  nella sua idea e quindi nel suo sogno di pace. Andropov che aveva indicato Gorbačëv come leader  allo stesso Comitato Centrale,aveva detto che  l’obiettivo era non solo semplice e da raggiungere con urgenza, ma anche che richiedeva qualità personali: concedere all’Occidente tutti gli Stati della cosiddetta “cortina di ferro” incapaci di mantenersi, a cominciare dalla Repubblica Democratica, e ottenere in cambio una procedura di ingresso nell’Europa occidentale. E poi trovare un accordo con gli americani sulla insostenibile corsa agli armamenti in cui la tecnologia recitava un ruolo da protagonista.

Ecco la vocazione di Gorbačëv, il Nobel per la pace che scongiurò una guerra nucleare,l’uomo che barattò la potenza con la libertà e che lascia una eredità impossibile da cancellare.
Scrive Paolo Guzzanti su Il riformista.it: “Cominciano gli anni d’oro del grande flirt fra l’Occidente e Gorbaciov che entusiasma in particolare gli eurocomunisti italiani, spagnoli, portoghesi e francesi. Ma in Italia anche la Democrazia Cristiana è felice dell’incoraggiante piega che sembra prendere lo scenario internazionale perché si può sperare di vedere la fine della guerra fredda e dunque la possibilità di ringraziare gli americani per i servizi resi con preghiera di tornarsene a casa. La controstoria, che emergerà con qualche anno di ritardo, saranno i grandi movimenti delle mafie russe protette dal Kgb solleticate dalle possibili alleanze con le mafie europee, giocando un ruolo fondamentale nella fuga dei capitali di Stato organizzata dai servizi segreti per rimettere la Russia in una posizione favorevole.
In realtà è tutto il suo lavoro per accelerare insieme  a Regan  la fine della guerra fredda che  rimane distintivo e definitivo nella personalità di un leader  che come scrive sempre Guzzanti : “ non aveva avuto mezzi e capacità sufficiente per tenere sotto controllo i suoi nemici che ormai erano tutti. Alla fine del 1991 Gorbaciov cede e lascia il potere a Boris Eltsin che, non aveva esitato a prendere a cannonate il Parlamento di Mosca dove si erano asserragliati i rivoltosi che avevano tentato il golpe. Da allora, Michail Gorbaciov diventò un fantasma sulla scena internazionale dove appariva saltuariamente ai convegni cui era invitato. In patria gli rimproveravano una nuova forma di totalitarismo consistente nel distruggere la tradizione russa per assumere dall’Occidente, sia pure europeo e sia pure socialista, atteggiamenti incompatibili con la Russia e la sua anima profonda, che è quella di gente come Dugin, il grande ispiratore,insieme ad altri,  di Vladimir Putin, “ . Uno scenario che arriva fino a noi con la invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.

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