Le nuove stanze della poesia

Ho dipinto la pace, Talil Sorek per Le nuove stanze della poesia

Talil Sorek ci fa riflettere su ciò che può significare la parola “pace” per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Talil Sorek era una ragazza israeliana tredicenne quando ha scritto questa poesia. Una composizione che le ha dato modo di vincere un premio ma soprattutto le ha dato un privilegio : quella di diventare famosa. E’ oggi molto facile , attraverso i social , ricevere “like” che danno alla propria immagine una notorietà che si misura attraverso i followers.

Un follower è un utente che decide di seguire un altro iscritto o una pagina business e di riceverne, quindi, contenuti e aggiornamenti. In definitiva sta a indicare chi ha grande interesse per qualcosa o per qualcuno, che sia un’idea o un personaggio famoso e, decide di supportarlo diventando un suo seguace. I followers sono quindi delle persone che scelgono di visualizzare i contenuti di un profilo di un altro utente. Nel caso di Talil Sorek invece si è trattato del riconoscimento attraverso un premio,un modo consueto di indicare all’attenzione di un pubblico altrettanto vasto ,il valore di una composizione oppure un comportamento o ancora un’idea espressa in occasione di un concorso indetto appunto da chi poi la premia perchè la riconosce migliore, più interessante, nuova, impegnativa, fuori dal comune. Insomma Talil Sorek con questa poesia sul valore e sul significato della parola pace ha messo assieme tutti questi requisiti e giustamente viene ricordata a distanza di anni . Lo faccio in questa rubrica che da qualche settimana parla di pace in un momento in cui la guerra alle porte dell’Europa dopo decenni di pace preoccupa per i morti innocenti e le distruzioni, come d’altra parte ogni altra guerra . Attraverso un’immagine molto semplice, Talil ci fa riflettere su ciò che può significare la parola “pace” in una zona come il Medio Oriente,dove vive, teatro di molte guerre. La poesia fu scritta durante la guerra dello Yom Kippur, un conflitto armato combattuto dal 6 al 25 ottobre 1973 in cui furono coinvolti Egitto, Siria e Israele. In quell’area in tutti questi anni la guerra, intesa come combattimenti armati ( anche se a volte con una disparità di mezzi : per esempio proiettili contro pietre ) continui anche se a bassa intensità ,ha insanguinato i territori, ha ucciso decine di migliaia di civili, ha distrutto attività economiche e tessuti sociali . Viene considerata e indicata come forse la madre di tutte le guerre perchè rischia di prolungarsi in eterno, Ed è la caratteristica guerra che dura per sempre. Da tempo per esempio si parla di una pace in grado di realizzare una soluzione che dia una terra ad ognuno dei due popoli che si contendono un’area creata dopo il secondo conflitto mondiale dagli accordi di pace ma appunto la pace non arriva mai..

Dunque questa poesia ci induce a riflettere su le guerre eterne ,quella nel medio oriente, come abbiamo detto, tra israeliani e palestinesi, popoli fratelli che da decenni non riescono a trovare un punto di intesa per pacificare la loro convivenza .Una striscia di terra contesa che la politica dei “ vincitori” , di quel tempo, hanno assegnato appunto a due popoli . E ci induce quindi a riflettere anche su una guerra ,quella tra Russia e Ucraina, che minaccia di diventare anch’essa eterna. Ciò che sta accadendo in quel territorio in questi mesi, ci fa capire quanto abbiamo bisogno,per scongiurare questo pericolo , di un dialogo tra popoli e nazioni. La decisione del Presidente russo Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk ha velocizzato la crisi al confine con l’Ucraina, generando una serie di reazioni da parte degli altri Stati, America e paesi europei su tutti. Reazioni che fanno parte ormai di una lunga catena, iniziata con i provvedimenti di sanzioni da parte dell’Unione europea e di altre nazioni , a cui è stato risposto con una controffensiva che include la propaganda, la limitazione nelle forniture di gas metano agli europei che da anni sono dipendenti per una buona percentuale del loro fabbisogno da questa fonte e infine dal blocco dei cereali stivati nei silos ucraini ,pronti per essere esportati ma fermi a causa dell’impossibilità di usare il tradizionale trasporto via mare per l’impraticabilità dei porti ,minati a scopo difensivo. .
La poesia di Talil Sorek ci fa pensare come è giusto, oggi come ogni giorno, ricordare quanto la guerra sia inaccettabile. Vivere con la costante minaccia di bombardamenti, sopravvivere tra le rovine di paesi e città, vedere annullata la propria vita per bambini, giovani, vecchi, uomini e donne perchè senza più capacità di futuro , come purtroppo succede in monti altri Paesi del mondo, è disumano. Ricordare, parlare, affrontare discorsi quali la guerra, i grandi conflitti geopolitici, il terrorismo, ecc, è un lavoro necessario .
Così Acled (Armed Conflict Location & Event Data), che analizza e raccoglie dati inerenti tutti i conflitti attualmente in corso nel mondo, sottolinea l’importanza di ricordare il fondamentale diritto alla vita che ognuno ha. Parlare di guerra significa urlare al bisogno di fratellanza. Si può gridare il bisogno di pace con le “armi” della cultura, dell’arte, della poesia. Ma sopratutto si deve creare una cultura della pace.
La Dichiarazione suol diritto dei popoli alla pace, adottata dalla Assemblea Generale delle Nazioni unite il 12 novembre 1984 durante la 57ma Seduta plenaria, sottolinea che: “per garantire l’esercizio del diritto dei popoli alla pace, è indispensabile che la politica degli stati tenda alla eliminazione delle minacce di guerra, soprattutto di quella nucleare, all’abbandono del ricorso alla forza nelle relazioni internazionali e alla composizione pacifica delle controversie internazionali sulla base dello Statuto delle Nazioni Unite”.
L’Unesco va oltre ed afferma che la pace è molto più che il risultato di trattati tra governi o di accordi tra persone potenti, come molti credono. La pace risulta dal modo in cui un popolo si relaziona con un altro popolo, nel rispetto dei reciproci diritti e doveri riconosciuti dalla comunità internazionale. Non è quindi la forma di governo che garantisce la pace né tanto meno un insieme di trattati o accordi internazionali. Essa è garantita solo ed esclusivamente dal comportamento e dalle scelte degli individui che insieme costituiscono il comportamento e le scelte di un popolo.
Storicamente il concetto di Cultura di Pace viene formulato per la prima volta o, meglio, istituzionalizzato n el 1989al Congresso Internazionale sulla Pace in Costa d’Avorio. Il Congresso raccomandò alla stessa Unesco di lavorare per costruire una nuova visione della pace basata sui valori universali di rispetto per la vita, di libertà, di giustizia, di solidarietà, di tolleranza, dei diritti umani e dell’uguaglianza tra uomo e donna. Questa iniziativa nasce in un contesto internazionale influenzato dalla caduta del muro di Berlino e dalla conseguente scomparsa delle tensioni legate alla Guerra fredda.
Proprio per scongiurare una nuovo periodo di Guerra Fredda e l’alzata di nuovi muri che sembrano vedersi all”orizzonte stando alle determinazioni scaturite dagli opposti fronti di nazioni che da una parte si raggruppano attorno agli Stati Uniti d’America e dall’altra attorno alla Cina ,occorre lavorare ad una cultura della pace, “dipingendo” nel senso proprio della parola la pace stessa.

Ho dipinto la pace

Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti

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