Dove la natura si lamenta. Il luogo del viaggio che incanta e sconcerta

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Fotografie di Vincenzo Battista

di Vincenzo Battista – Fotografia Vincenzo Battista

Il paesaggio montano di Villalago. Fondo Corte Feudale di Anversa e Villalago, 1 luglio 1802, documento manoscritto dell’archivio di Stato di Sulmona, che così titola: “Custodia del passo della Foce in tenimento di Villalago, in occasione della fiera di Scanno”. “La corte feudale di Anversa – recita il documento – ordina ai sindaci di Villalago Cesidio Lupo e Giuseppe Iafolla di costituire un competente numero di persone le più coraggiose ed atte alle armi per custodire la Foce e i luoghi più sospetti, ovvedipiù sogliono appostarsi i ladri per rubare i passeggeri in occasione, che egli quattro del corrente mese di luglio ricorre la fiera nella terra di Scanno nella futura domenica. I sindaci di Villalago si obbligano di far custodire i passi più pericolosi della Foce da si uomini armati di schioppo dalla mattina del sabato fino al giorno del mese di luglio”.

La Foce, stretto e angusto passaggio sul fondovalle, obbligato, un tempo, per raggiungere Scanno, sprofondato in questa incomparabile forra inquieta che forse più di tutti Maurits Escher, pittore surrealista, visionario olandese, è riuscito a trasmettere attraverso il disegno, la spettacolare illusionistica prospettiva del luogo, che incanta e sconcerta, di questo paesaggio degli uomini tra fotografie d’epoca e mappe catastali d’archivio, che come camosci, dirà qualcuno più tardi, vediamo aprirsi ai nostri piedi, dove sono domiciliati quasi in ogni pietra della forra i miti del mondo dannunziano rintracciati, rifugiati lì dalla prosa, attualizzati e resi dalla narrazione che declina nel dramma della solitudine umana e dell’angoscia esistenziale, da scoprire, in una nuova concezione del “viaggio”.

“Le montagne scendono a picco, scheggiate, arse, paurose; il fiume gorgoglia fra i massi, precipita in cascatelle, fugge a rivoli, si raccoglie e laghetti; e la strada bianca e salda l’insegue in ogni sporgenza, in ogni gomito, in ogni passo. Piccole gallerie, ponti e viadotti si susseguono, senza tregua…” scriveva il geografo e viaggiatore Emilio Agostinone nel 1912 del luogo, mito della natura, attraversato da santi, viaggiatori e cavalieri, e nel recente passato anche grandi fotografi come Cartier – Bresson; rivendicato dai briganti, miserabili nell’ideale mai evidenziato di giustizia contro la sopraffazione della nobiltà, il solco del Sagittario fu teatro di aspri e terrificanti conflitti narrati nei carteggi storici.

“L’orrido e bello”, così chiamato,”il bene e il male”, l’attraversamento nel regno dei malefici e degli incubi della tradizione popolare, disegna con la sua lussureggiante vegetazione (d’inverno, con le bufere di neve diventa sfida, ancora oggi), una morfologia delle gole scavate dall’erosione delle acque, e qui, sui continui speroni si appoggia il borgo per eccellenza, fortificato, estremo, il paesaggio si apre sul lago con il santuario devozionale di San Domenico pellegrino anacoreta: i miti della grotta, declinati dal culto primitivo medioevale nella spelonca taumaturgica ai pellegrinaggi, dove visse, intorno a Villalago appunto, insediamento, “riconquistato”, da una natura ostile.

Nota. Le fotografie con l’elicottero sono state realizzate con il pilota Giorgio Zecca, L’Aquila.

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