Attualità

‘Il lungo viaggio di ritorno’ di Fulgo Graziosi

In una cornice perfettamente culturale l’associazione Pro Loco e l’amministrazione Comunale di Castel del monte hanno organizzato un incontro con il coinvolgimento della ben nota associazione “Certame Abruzzese” di Pescara.

Dopo i saluti ed i ringraziamenti di rito del sindaco Luciano Mucciante si sono esibiti sul palco del teatro comunale “Giuliani”, completamente gremito di cittadini giunti anche dai centri limitrofi, poeti, artisti e musicisti, accompagnati dai canti della corale “Fonte Vetica” di Castel del Monte.

Un attore drammatico del “Certame Abruzzese” ha prestato voce ed interpretazione alla lettura di un brano inedito elaborato da Fulgo Graziosi, relativo ad un evento drammatico verificatosi nel 1942 nella parte terminale della zona est di Campo Imperatore.

Una famiglia castellana, i coniugi Cetra, nella seconda decade del mese di novembre, malgrado le incerte condizioni climatiche, decise di recarsi a Villa Celiera, un Comune pedemontano del pescarese posto a ridosso dello spartiacque dell’Appennino, per barattare ed acquistare le derrate alimentari necessarie alla famiglia per superare le difficoltà invernali e quelle rese ancora più difficoltose dalla Grande Guerra.

Una impetuosa tempesta di neve e vento sorprese i due coniugi durante il lungo viaggio di ritorno, rendendolo arduo, difficile e impossibile. Cosa sia avvenuto realmente in quella circostanza nessuno è stato in grado di conoscere anche con approssimazione.

Nella mente di Fulgo Graziosi, all’epoca ancora bambino, rimase impressa questa immane tragedia. Nel corso degli anni è tornato con la mente a quei giorni, cercando di immaginare pensieri, argomentazioni, riflessioni e decisioni dei due coniugi, fino a tradurre in parole quel “lungo viaggio di ritorno”, che non ha raggiunto l’agognata meta terrena, la propria casa, arrivando, invece, a quella del Padre in età prematura.

L’ansia dei genitori per raggiungere in fretta la casa. Il vorticoso movimento della crudele bufera. La spasmodica attesa dei tre figli, ai quali la furia del vento impediva di guardare dai vetri anche a poca distanza. L’arrivo del piccolo cagnolino, unico superstite della tragedia. I vani tentativi dei figli di andare incontro ai genitori per aiutarli a tornare sani e salvi a casa, sono descritti dal Graziosi in maniera coinvolgente. Gli spettatori hanno seguito l’interpretazione dell’attore in perfetto silenzio e, quando si sono accese le luci prima di sfociare in un prolungato applauso, avevano tutti gli occhi lucidi ed i più anziani ricordavano perfettamente l’avvenimento.

Abbiamo il piacere di pubblicare il racconto del “Lungo Viaggio di Ritorno” in anteprima, dividendone la pubblicazione in sei puntate, una ogni settimana, per ragioni strettamente tecniche di spazio.

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“IL LUNGO VIAGGIO DI RITORNO”

17 NOVEMBRE 1942 – DECESSO DEI CONIUGI CETRA A CAMPO IMPERATORE.

di Fulgo Graziosi

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SESTA E ULTIMA PUNTATA

Dopo dieci giorni non si parlò più di speranze. Erano svanite definitivamente nell’animo di tutti. Si proseguivano le ricerche soltanto per ritrovarne le salme.

La fatica si faceva sempre più pesante man mano che i giorni trascorrevano. Gli uomini non si dettero per vinti e continuarono le ricerche, giorno dopo giorno, fino al 9 dicembre. A ridosso del Valico di Capo la Serra, il piccolo volpino fiutò in maniera diversa e con maggiore intensità. Girò velocemente in uno spazio ristretto per diverse volte, forse per essere sicuro di aver individuato il punto giusto, ma non si fermò. Allargò il giro di ricerca. Si diresse velocemente verso est in direzione di Villa Celiera. Poi tornò immediatamente indietro e cominciò a scavare con le zampette in maniera frenetica. Il Podestà esclamò: li abbiamo trovati.

Gli occhi di Vincenzo e Berardino non si illuminarono. Divennero lucidi e tristi. Le labbra dei due ragazzi tremavano freneticamente. Sembrava che stessero mormorando qualcosa. Non era così. Un coacervo di sentimenti, di idee, di affetti, di emozioni, li condizionava vistosamente. Non erano neppure nelle condizioni di pregare. Il sudore della fatica si gelò palesemente sulle loro fronti. Si girarono, si guardarono intensamente. Si abbracciarono piangendo a dirotto, fino a bagnarsi i baveri delle rispettive giacche. Alcune mani pietose accarezzarono la schiena dei ragazzi senza proferire parola. La rudezza degli uomini di Castel del Monte, avvezzi a sopportare durissime prove della vita, si era trasformata in una delicatissima manifestazione di amore fraterno. Gli occhi di tutti gli uomini erano diventati lucidi. Alcuni di essi balbettavano frasi incomprensibili. Avrebbero voluto dire, forse, che questa disgrazia non avrebbe dovuto investire quei tre ragazzi che si erano appena affacciati alla soglia della vita produttiva. Il podestà osservò a lungo il piccolo cane che non si dava per vinto e continuava a scavare. A questo punto, dispose alcuni uomini in cerchio invitandoli ad iniziare lo scavo. I soccorritori non si fermarono neppure per mangiare e nelle prime ore del pomeriggio cominciarono ad affiorare i basti dei muli, alle cui corde era stato annodato il prezioso carico destinato al sostentamento della famiglia durante la stagione invernale.

Le pale furono messe da parte e si cominciò a rimuovere alacremente la neve con le mani. I due giovani, col cuore a pezzi ed il morale sotto ai piedi, avrebbero voluto gettarsi nella buca per accorciare i tempi di recupero delle salme e stringerle al petto nel vano tentativo di offrire il loro calore corporeo per cercare di scongelare i corpi dei genitori. Delle mani pietose li trattennero, invitandoli a stare tranquilli, perché altre braccia avrebbero provveduto all’esecuzione dei lavori di recupero. I due corpi, ormai congelati, erano abbracciati teneramente nel vano tentativo di sostenersi a vicenda. Le labbra di Attilio erano delicatamente appoggiate sulla fronte di Beatrice. Probabilmente era l’ultimo saluto del marito alla moglie, dalla quale non avrebbe voluto mai separarsi. E così, tenendosi per mano, avevano voluto affrontare un ultimo più esaltante viaggio verso il paradiso, alla ricerca della pace eterna.

Sarebbero bastate ancora alcune decine di metri per sorpassare il valico e, forse, avrebbero potuto trovare la salvezza per raccontare a figli, nipoti e pronipoti la brutta avventura vissuta tra le montagne del nostro bellissimo Appennino. La montagna, però, ha sempre voluto delle vittime da offrire al Signore e, guarda caso, ha scelto sempre le migliori e nei punti più alti, con l’intento, forse, di rendere meno lungo e travagliato il lungo viaggio di ritorno alla casa del Padre.

Naturalmente, fu data assoluta precedenza al recupero delle salme e delle derrate alimentari, che non riportarono eccessivi danni, grazie al perfetto avvolgimento dei sacchi con dei teli perfettamente impermeabili. Il viaggio di ritorno da Capo la Serra a Castel del Monte fu lungo, mesto e silenzioso. I ragazzi vollero riservare, anche in quella circostanza, il massimo e affettuoso attaccamento ai genitori, partecipando direttamente al trasporto delle salme. Erano gli unici due che, oltre a camminare in silenzio, rivolgevano lo sguardo verso il basso, forse per nascondere i grandi lacrimoni che ogni tanto sgorgavano dagli occhi stanchi per la fatica ed il dolore.

Sulla porta di casa trovarono tutti i parenti, disposti in due file per rendere omaggio alle salme recuperate. Sulla soglia, impietrita dal dolore e dalla forte emozione, Maria Maddalena era sorretta da una zia e, senza dare in escandescenze, invocava sommessamente prima il nome della mamma e poi quello del papà. Quelle sommesse invocazioni toccavano i cuori dei presenti che, a stento, trattenevano il pianto per non aggravare ulteriormente le condizioni psicologiche dei ragazzi.

Una anziana donna, amica di famiglia, pronunciò una bellissima frase che non tutti riuscirono ad ascoltare: “Signore, assisti questi ragazzi. Fai in modo che non si perdano e con il tuo aiuto indirizzali su quella strada della vita che i loro genitori avevano tracciato per loro”.

La gente sostò per diverso tempo nelle vicinanze, commentando, con dovizia di particolari il triste avvenimento. Alcuni di essi si fermarono a lungo in casa per rendere l’ultimo omaggio ai parenti o agli amici del cuore, vegliando le salme dei coniugi Cetra per tutta la notte, raccomandando le loro anime a Dio per una buona accoglienza delle stesse in Paradiso.

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