Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Il 5 maggio di Alessandro Manzoni

Il "5 maggio" di Alessandro Manzoni: la poesia che racconta le gesta e la disfatta di Napoleone nell'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

In altre puntate di questa rubrica ho parlato di una composizione a mio avviso affascinante che ha traversato come un astro i nostri studi scolastici, i cui primi versi ci sono rimasti impressi nella mente spesso parodiati con altri che dallo scherzoso al tragico ci hanno permesso di ricordare anche le nostre vicende scolastiche. Mi riferisco all’ode “ Il cinque maggio “ di Alessandro Manzoni e voglio qui riproporla al lettore proprio perchè questa data è passata da appena qualche giorno .

L’ode celeberrima per la morte di Napoleone I, composta di getto in tre giorni, comprende nove coppie di strofe di settenari, spesso sdruccioli (schema abcbde, in cui il secondo verso rima con il quarto e l’ultimo rima con l’ultimo della strofa seguente). Ma soprattutto contiene versi che sono stati usati a proposito e a sproposito. A cominciare da quel “ Ei fu” , un incipit così fulmineo che permette di fantasticare come un’onda che all’improvviso ti assale e che spariglia ogni idea. Un tumulto inimmaginabile agita l’animo. Pensate a quella che è stata la vicenda napoleonica, ai sentimenti e alle emozioni che ha suscitato nei protagonisti di allora e ai consensi e all’avversione che per decenni fans e oppositori hanno dimostrato in vario modo dando vita ad una storia quasi parallela. Quella tempesta che furono le campagne e le guerre napoleoniche , quel radicale cambiamento che l’imperatore corso volle dare al suo paese e all’intera Europa il cui ordine fu restaurato alla sua morte raccontano una Storia la cui memoria ci appartiene. Napoleone il condottiero invincibile , il sovrano capace di stabilire ordine, sicurezza, legalità con le sue leggi, gli organi amministrativi del suo regno, le sue idee . Un regno intramontabile, un uomo superiore. Eppure vinto da un altro uomo nominato duca e feldmaresciallo, poi plenipotenziario al Congresso di Vienna (1815), a capo dell’ultima coalizione antinapoleonica. Il duca di Wellington, Arthur Wellesley (Dangan Castle, Dublino, 1769 – Walmer Castle, Kent, 1852), figlio di lord Garrett Wellesley conte di Mornington (1735-1781, che sconfisse Napoleone a Waterloo (1815) e fu nominato (1827) comandante in capo dell’esercito britannico (confermato a vita nel 1842). Di quest’uomo ne parla a lungo in un capitolo del libro “ I segreti di Londra “ Corrado Augias che ci fa visitare la casa del duca in Hyde Park Corner. Ma torniamo all’ode manzoniana

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,
Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:
Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.
Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;
Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;
Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;
E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

Una terra attonita e percorsa da un fremito che non sa quando un uomo simile a Napoleone tornerà a calpestarla . E’ presto per dire però quali sono stati i meriti di quest’uomo. Come ogni vicenda storica è solo il tempo che si fa giudice degli avvenimenti e decreta il suo giudizio. E qui Manzoni si interroga e ci interroga con quel suo “ fu vera gloria”. Una domanda che nei secoli si ripete . Anche se poi miseramente molte vicende e protagonisti che noi additiamo spesso come esempio o come punto di riferimento per costruire libertà, giustizia contro una polverosa realtà condensata dai latini che in questo erano maestri nella formula : “ sic transit gloria mundi “.

Così passa il mondo, così svaniscono le sue glorie e così la storia forse ci insegna. Anche se a vivere le vicende del nostro mondo attuale sembra che la Storia insegni poco in quanto certa Storia si ripete,per esempio le guerre e i conflitti che oggi si combattono sul pianeta Terra che sembrano affermare la normalità della guerra contro la pace che è fuori da ogni normalità.

La grandezza di Napoleone, dunque, ma anche la sconfitta di Napoleone. Due temi che fanno i da sfondo alle imprese leggendarie di quest’uomo che lasciarono sbigottito il mondo intero, In definitiva però per Manzoni le vicende napoleoniche non sono altro che la dimostrazione della misericordia e della grandezza di Dio che ha voluto agire per mezzo di questo personaggio imprimendo in lui la Sua impronta. Fu composta di getto alla notizia della morte a Sant’Elena di Napoleone il 5 maggio 1821 e fu subito tradotta da Goethe in tedesco. Ha la stessa struttura metrica del coro dell’atto Iv dell’Adelchi .Con una morale : “ “E sparve, e i dì nell’ozio | chiuse in sì breve sponda, | segno d’immensa invidia | e di pietà profonda, | d’inestinguibil odio | e d’indomato amor.” (vv. 55-60),ovvero testimonianza di una norma universale ,l’inganno dell’eroismo nella storia .

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