Storia

Vajont, 60 anni dopo

Vajont, 60 anni dopo: la consapevolezza di una strage che si poteva evitare e  il filo rosso della ricerca della verità ad unire L'Aquila e i comuni della Valle del Piave, spazzati via dalla strage del 9 ottobre 1963 .

Vajont, 60 anni dopo: la consapevolezza di una strage che si poteva evitare e  il filo rosso della ricerca della verità ad unire L’Aquila e i comuni della Valle del Piave, spazzati via dalla strage del 9 ottobre 1963 .

È la sera del 9 ottobre 1963. Nei piccoli paesi ai piedi della diga del Vajont – Longarone, Erto, Casso: nomi che resteranno impressi nella memoria collettiva – la gente è in casa, dopo che il sole è tramontato inizia a far freddo, soprattutto fra le montagne. È proprio dalla montagna che sovrasta queste località, il Monte Toc, che alle 22 si stacca una quantità di roccia il cui volume è quasi doppio rispetto a quello dell’acqua contenuta nell’invaso: la frana, con i suoi 270 milioni di metri cubi di roccia, cade nel bacino ad una velocità di 110 chilometri orari.

L’onda più alta che si creò era alta 250 metri. Si abbatte violentemente sui paesi e sulle frazioni sottostanti della valle del Piave, cancellando Longarone e i comuni limitrofi. Ufficialmente i morti furono quasi 2000 (1.917), di cui 487 bambini. In realtà, molti furono i dispersi e le loro salme non furono mai trovate.  nella conta va messo anche un numero imprecisato di morti, forse oltre i 2.000, perchè molte salme non furono mai trovate.

Vajont processo l'aquila

Il filo rosso che collega L’Aquila al Vajont è il filo della giustizia: si svolsero nel tribunale della nostra città sia il processo di primo grado sia l’Appello. In quella terribile notte morirono oltre 2000 persone: due onde si schiantarono sulle pareti della vallata solcata dal Vajont. La terza strappò via la strada che coronava la diga e si scagliò a valle, verso Longarone.

Un’onda d’urto paragonabile a quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima. Il disastro rase al suolo Erto e Casso, oltre alla maggior parte di Longarone. Le genti che le abitavano scomparvero nel nulla, inghiottiti dai flutti e dalle macerie. Per uno scherzo del destino, mentre l’80% degli abitanti di Longarone e molte costruzioni della città stessa venivano spazzate via, la diga del Vajont rimane integra, ed è in piedi ancora oggi.

Vajont, il processo a L’Aquila

Per il Vajont fu aperta un’inchiesta giudiziaria, lunga anni e conclusa con pene più lievi di quelle richieste. Era il 29 ottobre del 1968 quando si apriva il processo proprio all’Aquila, dopo che la sede fu trasferita da Belluno per “legittima suspicione”: alla sbarra dirigenti, tecnici e consulenti. La prevedibilità della frana non venne riconosciuta.
Si parla di disastro annunciato, di errori umani che hanno portato alla strage: l’aver costruito la diga nella valle del Vajont, non idonea, l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza, il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.

Cooperazione in disastro colposo (sia di frana che di inondazione), omicidio e lesioni colpose plurime: questi alcuni dei capi d’accusa nel processo sulla frana del Vajont. Ad essere accusati sono alcuni dirigenti e consulenti della SADE e alcuni funzionari del Ministero dei lavori pubblici. Tutte le relazioni tecniche del caso dimostrano che la catastrofe era prevedibile.

Il Processo di Primo Grado si conclude il 17 dicembre del 1969. L’accusa chiede 21 anni per tutti gli imputati per disastro colposo di frana e disastro colposo d’inondazione, aggravati dalla previsione dell’evento e omicidi colposo plurimi aggravati. Biadene, Batini e Violin vengono condannati a sei anni, di cui due condonati, di reclusione per omicidio colposo, colpevoli di non aver avvertito e di non avere messo in moto lo sgombero; assolti tutti gli altri. La prevedibilità della frana non viene riconosciuta.
Sei mesi dopo sempre all’Aquila il Processo d’Appello, con lo stralcio della posizione di Batini, gravemente ammalato di esaurimento nervoso.
Il 3 ottobre la sentenza riconosce la totale colpevolezza di Biadene – un dirigente della Sade – e Sensidoni – ispettore del Genio civile – che vengono riconosciuti colpevoli di frana, inondazione e degli omicidi e condannati a sei e a quattro anni e mezzo. Gli altri assolti.

La SADE era stata nel frattempo inglobata da ENEL e Montedison, che saranno condannate a risarcire i danni nel 1997.

Vajont, il ricordo oggi: 60 anni dopo

Nel 60° anniversario della tragedia del Vajont, la Gran Sasso Acqua ospita alle 21 presso la Sala convegni della GSA Gran Sasso Acqua spa l’evento curato dalla Compagnia della Contessa per il progetto di Marco Paolini Vajonts23, con 150 teatri italiani che si esibiranno in contemporanea. Titolo della rappresentazione “100mila campi di calcio per un uovo alla coque, un racconto di acqua e futuro verso pratiche di prevenzione civile”. Oggi la presentazione alla presenza del presidente GSA, l’avvocato Alessandro Piccinini, insieme a una rappresentanza della Compagnia della Contessa formata da Errico Centofanti, Iaia Centofanti e Fabrizio Pompei.
“Il processo per la tragedia del Vajont – ha sottolineato nella conferenza stampa di presentazione l’avvocato Piccinini – si è svolto a L’Aquila e in qualche modo ha segnato la mia vita professionale. Sentendo un’arringa nell’ambito di quel processo mi appassionai talmente tanto che mi avvicinai a un mondo che allora per me era lontanissimo”.

All’Archivio di Stato è invece ospitata la mostra “Sessant’anni dal disastro del Vajont, luci e testimonianze”, che illustrerà la vicenda, a partire dalla costruzione della diga fino al processo.

leggi anche
gsa vajontS 23
Eventi
GSA ospita VajontS 23, un racconto di acqua e futuro verso pratiche di prevenzione civile
Vajont processo l'aquila
Storia
Vajont, 58 anni dopo: quel filo rosso con L’Aquila
diga di campotosto
Dighe e comunicazione
Campotosto come Vajont: guerra di parole Delrio – Grandi Rischi
diga di campotosto
Dimissioni
‘Campotosto come Vajont’: si dimette vice presidente Grandi Rischi
vajont tgr veneto l'aquila terremoto
Attualita'
Processo Vajont a L’Aquila, l’orribile scivolone della giornalista veneta: “La natura si vendicò col terremoto”
pierluigi biondi centi colella
Attualita'
Processo Vajont a L’Aquila e la vendetta del terremoto, Biondi: “Parole che hanno ferito aquilani e veneti, la giornalista si è scusata”