La rubrica “Tutti i Santi giorni” del 20 luglio: Sant’Apollinare di Ravenna.
Il 20 luglio si ricorda Sant’Apollinare di Ravenna. Originario di Antiochia di Siria, Apollinare è considerato il fondatore della Chiesa di Ravenna, città di cui è il santo patrono. Conobbe il cristianesimo ad Antiochia, divenendo discepolo di San Pietro quando questi giunse in Siria, intorno al 44; da qui accompagnò prima l’Apostolo a Roma e poi fu inviato a Classe, dove la marina militare romana aveva una numerosa base, la Classis Ravennatis. La prima menzione di Apollinare è rintracciabile nel Martirologio Gerominiano, risalente all’inizio del V secolo, in cui una nota lo classifica come “confessore” e “sacerdote” e fissa la sua ricorrenza al 23 luglio; Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna tra il 425 e il 451, cita il Santo nel sermone 128, offrendo qualche informazione storica sulla sua vita: fu primo vescovo di Ravenna e soffrì vari tormenti per la fede. Una fonte completa sull’agiografia del Santo è la Passio sancti Apollinaris, risalente al tempo dell’arcivescovo Mauro, che probabilmente ne fu l’autore. Il testo fu scritto verosimilmente con lo scopo di rivendicare l’autonomia della Chiesa ravennate nei confronti di quella di Milano, da cui era dipendente fino a quella data. Nel medioevo, la Passio venne rielaborata fino all’ultima versione riportata nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Le notizie agiografiche narrano che giunto a Ravenna, Sant’Apollinare guarì la moglie del tribuno, portando alla conversione tutta la sua famiglia. L’episodio non passò inosservato e, venuto a conoscenza del giudice, questi convocò il Santo e lo tentò invano di costringerlo a sacrificare a Giove. Offesi dal rifiuto, i pagani presenti al giudizio lo malmenarono e lo lasciarono tramortito in strada: raccolto da fedeli cristiani, fu affidato alle cure di una vedova che, dopo sette lunghi mesi di cure, riuscì a farlo riprendere. Tuttavia, la sua predicazione era molto invisa presso quelle genti, tanto che intorno al 70 gli fu intimato di astenersi dal diffondere la sua parola, all’ennesimo rifiuto, mentre Apollinare era di ritorno dalla visita a un lebbrosario, fu percosso talmente forte da essere ridotto in fin di vita, morendo per le ferite infittegli sette giorni dopo. Sul luogo del martirio, a Civitas Classis, fu eretta nel VI secolo la basilica di Sant’Apollinare; le reliquie del Santo furono traslate nel IX secolo in città, nella chiesa che da quel momento prese il nome di Sant’Apollinare Nuovo, e poi trasportate in Germania a Düsseldorf dove tutt’oggi si trovano. A Ravenna rimasero il capo e la mano destra che, dal 1874, sono conservate nel duomo. Il suo culto si diffuse rapidamente, anche oltre i confini cittadini: arrivò a Roma grazie ai pontefici Simmaco e Onorio I, mentre il re franco Clodoveo gli dedicò una chiesa vicino Digione.
L’iconografia più significativa di raffigurante il Santo si trova nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe: campeggia al centro dell’abside, in una posizione solitamente riservata, nel VI secolo, a Cristo e alla Vergine. Ai suoi lati è un gregge costituito da dodici pecore, numero che richiama gli apostoli e le tribù di Israele, ma che può essere anche la raffigurazione delle parole del Sermone 128, in cui Pietro Crisologo lo ricorda in mezzo al suo gregge. Apollinare ha il capo nimbato, la veste decorata da numerose api d’oro, richiamo simbolico all’operosità del vescovo; sulle spalle porta il pallio, in lana d’agnello, a ricordo del vescovo buon pastore (Lc 15, 4-7). È raffigurato nella classica posa dell’orante con le braccia alzate e le mani rivolte al cielo e come sommo sacerdote intercede per il suo popolo.
