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Incidenti in montagna: sindaci colpevoli ad ogni costo

Incidenti in montagna e le responsabilità degli enti locali. La sentenza sulla tragedia delle Gole di San Martino riaccende il dibattito. Un cartello può fare la differenza tra colpevoli e innocenti?

Incidenti in montagna e le responsabilità degli enti locali. La sentenza sulla tragedia delle Gole di San Martino riaccende il dibattito. Un cartello può fare la differenza tra colpevoli e innocenti?

Che fine hanno fatto il “caso”, la fatalità, il destino, il concetto di disgrazia? Che differenza c’è tra morire in mare o morire su un percorso in montagna, per la giustizia italiana? Basta un cartello per togliere o avere la responsabilità di una disgrazia?
Torniamo alla tragica disgrazia del 2019, che ci porta alla sentenza di primo grado che condanna l’allora sindaco di Fara San Martino. Il 22 giugno 2019 moriva Sandra Zanchini, turista 56enne di Ravenna, in una circostanza che, per tutti (o quasi), era apparsa come una tragica fatalità. Un incidente drammatico consumatosi nella cornice di Fara San Martino, nel cuore del Parco della Maiella. Quasi quattro anni dopo quel “caso”, quella fatalità, quel tremendo destino diventano una colpa.
Sandra Zanchini era partita per un’escursione alle Gole di Fara San Martino sotto guida di un esperto ed in compagnia di un gruppo di amici, in vacanza, come lei, in Abruzzo. Durante la passeggiata in montagna fu colpita da un sasso staccatosi dalla parete rocciosa nel bel mezzo di una turbolenza. Il frammento roccioso la colpì sulla testa. La 56enne morì il 2 luglio, presso l’ospedale di Pescara. Un fatto che portò a processo cinque persone e, quattro anni dopo i tragici fatti, il Tribunale di Chieti ha pronunciato la sua sentenza: quattro condanne, un’assoluzione.
Giudicati colpevoli per quanto accaduto: l’ex sindaco di Fara San Martino, Carlo De Vitis; l’allora responsabile dell’ufficio tecnico comunale, Enrico Del Pizzo; Claudio D’Emilio, al momento dei fatti legale rappresentante dell’Ente Parco nazionale della Maiella, e Luciano Di Martino, all’epoca Direttore facente funzione del Parco. Assolta, invece, la guida turistica Simone Barletta, che aveva accompagnato il gruppo nell’escursione.
I quattro sono stati tutti condannati, in primo grado, a un anno e quattro mesi di reclusione e dovranno risarcire i danni, in separato giudizio, alle parti civili. Tutti hanno ottenuto, comunque, la sospensione della pena e la non menzione. L’accusa era di omicidio colposo e cooperazione nel delitto colposo, per “aver omesso di adottare opportune cautele e di predisporre all’ingresso e lungo il tragitto del sentiero cartelli indicatori del pericolo di caduta massi e delle precauzioni da adottare“.

Il confine tra “fare giustizia” e “ricerca del colpevole ad ogni costo” sembrerebbe, soprattutto in casi simili, particolarmente labile. Si fa fatica, infatti, a comprendere secondo quali criteri venga stabilita la presunta colpevolezza o la presunta innocenza di una persona, in base ad un cartello di pericolo esposto all’inizio di un percorso in montagna, come il ‘limite delle acque sicure’.
Ci sono, tuttavia, anche delle evidenti incongruenze nell’attribuzione di colpe e responsabilità in base al contesto in cui gli incidenti si verificano. Basti l’esempio citato: avete mai sentito o letto di una condanna di un amministratore in seguito ad una morte avvenuta per annegamento in mare? Nel caso del mare, quindi, la discriminante – stando alle sentenze della giustizia – sarebbe la presenza del cartello “Limite Acque Sicure”. L’episodio tragico di Fara San Martino, del resto, è solo uno dei casi in cui i pronunciamenti giudiziari sono andati in questa direzione.
Quindi basterà sistemare dei cartelli di ‘avviso di un rischio’ all’ingresso dei sentieri montani, per mettere in sicurezza l’escursionista ed assicurare che gli amministratori locali non rispondano più in proprio della disgrazia in montagna? Possiamo continuare a scaricare sugli Amministratori Locali, spesso abbandonati a se stessi dal “resto del mondo”, la responsabilità di qualsiasi accadimento interessi il loro territorio?
Continuare ad adottare un simile metro di giudizio comporta il rischio di arrivare alla completa abolizione del “caso fortuito” e della “disgrazia”, che , al netto del significato letterale, innescherà imprevedibili effetti domino nella “catena” delle responsabilità. E se semplicemente, non ci fosse sempre un colpevole? Intanto iniziamo a cancellare dal vocabolario la parola “fatalità”!

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