San Marco Evangelista per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 25 aprile.
Il 25 aprile si festeggia San Marco Evangelista. La figura di San Marco Evangelista è testimoniata da quanto si può leggere negli Atti degli Apostoli e da alcune lettere di San Pietro e San Paolo: non fu tra i discepoli di Gesù, ma fu tra i primi battezzati da Pietro e da lui profondamente amato, tanto da esserne chiamato “figlio mio”. È probabile che nacque in Palestina sotto l’imperatore Augusto, ma quasi nulla si sa della sua giovinezza: dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi (Col 4,10) si apprende che era cugino di San Barnaba e quindi ebreo di stirpe levitica; mentre dagli Atti degli Apostoli, quando viene citato nell’episodio della liberazione di Pietro dal carcere, che il suo nome ebraico era Giovanni, dai gentili detto Marco. È probabile che seguì il suo maestro a Roma, come testimonierebbe la presenza della basilica romana di San Marco, eretta secondo la tradizione sul luogo in cui sorgeva la casa in cui risiedette l’Evangelista. Stando all’Historia eclesiastica di Eusebio di Cesarea, i due giunsero a Roma una prima volta “al principio del Regno di Claudio” (Hist. eccl., II, 14.6) e poi nel 41 d.C. Viaggiò a lungo al seguito di Paolo e di Pietro, ma dopo il martirio nella capitale di quest’ultimo, se ne perdono le tracce documentarie. Una tradizione lo vuole evangelizzatore in Egitto e fondatore della chiesa di Alessandria di cui sarebbe stato il primo vescovo; un’altra narra che Marco, prima del rientro in Egitto, fosse stato inviato ad Aquileia per diffondere la Parola nell’area nord-est dell’Impero. Nella Basilica della città si vorrebbe conservato il “Vangelo di san Marco”, attribuito dalla tradizione alla stessa mano dell’Evangelista. Il testo, in realtà ben più tardo, è denominato “Evangelarium Forojuliense” ed è diviso in tre parti: una conservata nel Museo archeologico nazionale di Cividale; la seconda nell’Archivio Capitolare del Duomo di Praga, giuntovi come dono del Patriarca di Aquileia Nicola di Lussemburgo al fratellastro Carlo IV; la terza nella Biblioteca Marciana di Venezia.
Mancano notizie certe sul luogo e il tempo della morte di San Marco: secondo Eusebio sarebbe deceduto ad Alessandria, dove venne ucciso facendo trascinare il suo corpo per la città, versione dei fatti riportata anche nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Sempre secondo la tradizione agiografica, le sue spoglie vennero trafugate con uno stratagemma da due mercanti veneziani nell’anno 828 e trasportate, dopo averle nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale, a Venezia. Qui, pochi anni dopo furono gettate le fondamenta della Basilica a lui intitolata che ancora oggi ospita le sue reliquie.
Dal punto di vista iconografico, la raffigurazione di San Marco compare sin dalla prima arte cristiana, assieme a quella degli altri Evangelisti, Luca Giovanni e Matteo. È a San Girolamo che si deve l’associazione degli Evangelisti con i simboli del “tetramorfo”, già presenti nelle profezie di Ezechiele e riprese poi nelle visioni dell’Apocalisse: nelle immagini del V secolo prendono il posto dei quattro santi e San Marco viene rappresentato come leone alato. Nell’arte bizantina prima, in quella romanica e gotica dopo, i quattro Evangelisti hanno forma umana, con in mano il Vangelo e con accanto i rispettivi simboli: appaiono sovente nelle vele delle volte a crociera, spesso seduti allo scrittoio e intenti alla stesura del testo sacro. Nel periodo rinascimentale, gli episodi narrati nella “Leggenda Aurea” divennero soggetto per numerosi capolavori eseguiti da artisti soprattutto in area veneta, grazie alla devozione sorta attorno a San Marco e alla tradizione della traslazione delle sue reliquie.
Il “Leone di San Marco”.
Come abbiamo visto, il simbolo di San Marco è il leone alato, perché il suo Vangelo inizia con la voce di San Giovanni Battista che, nel deserto, si innalza simile a un ruggito, preannunciando agli uomini la venuta di Cristo. Il leone di San Marco viene raffigurato o “andante”, cioè in piedi sulle quattro zampe come in cammino; sotto una zampa è posto un libro aperto con su scritto Pax Tibi Marce Evangelista Meus; oppure in “moleca”, cioè rannicchiato. Poiché l’Evangelista è il patrono di Venezia, la Serenissima ha assunto proprio il leone come suo simbolo. In questo caso, anche il libro assume un significato preciso: indicava pace, quando era rappresentato aperto, mentre quando era chiuso sottintendeva guerra; talvolta in quest’ultimo caso, poteva essere sostituito da una spada.
