Politica

PD Peter Pan e l’isola del rinnovamento che non c’è

Elly Schlein a L'Aquila per la corsa alla segreteria nazionale del PD. Il partito continua a muoversi sugli schemi di sempre, i Globuli Rossi: "Tutti ai loro posti, come se avessero vinto tutto".

Elly Schlein a L’Aquila in vista della corsa per la segreteria nazionale del PD. Il partito continua a muoversi sugli schemi di sempre, critiche anche da sinistra: “Tutti ai loro posti, come se avessero vinto tutto”.

Dopo l’onorevole Paola De Micheli, giunta a L’Aquila lo scorso dicembre e gradita ospite di Grandangolo, arriva nel capoluogo abruzzese un’altra candidata alla segreteria nazionale PD, l’onorevole Elly Schlein, eletta alla Camera dei Deputati come indipendente nella lista PD – Italia Democratica e Progressista. A contendersi la segretaria nazionale con le due candidate, Gianni Cuperlo, ex presidente PD e Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna.
Si voterà dalle 8 alle 20 del 26 febbraio, ma con gli attuali rapporti di forza, Bonaccini non dovrebbe avere grossi problemi a sostituire Enrico Letta, essendo sostanzialmente il “designato”. Allora è iniziata la corsa al “più alternativo”, per un rinnovamento che al partito serve come l’aria; paradossalmente, però, la sua classe dirigente continua a ficcare la testa sotto la sabbia come gli struzzi. “Come se avessero vinto tutto”, per usare le parole dei Globuli Rossi.
Il riferimento è all’ormai atavica “spartizione” delle posizioni in campo, che pesa sul livello nazionale, quanto su quello regionale e locale. Se da una parte Bonaccini è “l’erede al trono designato”, infatti, a trovare alternative credibili ce ne vuole. A partire dalla stessa Elly Schlein: “Come mai – scrivono infatti i Globuli Rossi – la sostengono, in Abruzzo, a filiera, il segretario regionale, il provinciale, il capo del PD aquilano Albano e, a livello nazionale, Franceschini, Provenzano e Orlando che sono ‘abbonati’ fissi al Parlamento e a un posto al Ministero?”.
Si parla quindi di “rinnovamento”, ma gli schemi sono quelli di sempre, per un “doroteismo” che ci si aspetterebbe ormai superato e invece si ripropone con puntualità imbarazzante. Non sono servite nemmeno le sonore sconfitte, a livello locale e a livello nazionale, per scuotere la dirigenza verso un approccio politico diverso, tanto che le stesse parole d’ordine su cui è stato impostato il congresso dalla maggior parte dei candidati, rinnovamento e ribaltamento dei meccanismi per una maggiore partecipazione, appaiono privi di concretezza. Il sospetto, quindi, è che si tratti dell’ennesimo gioco delle parti che coinvolge i protagonisti della stagnante vicenda politica: da una parte il “successore” di Letta, che ha già la strada spianata verso la segreteria, dall’altra le “comparse” che, consce della marginalità del proprio ruolo, animano un finto dibattito per un rinnovamento che non c’è. D’altra parte, se a livello locale i giochi rimangono uguali, anche a livello di segreteria nazionale, qualunque sia il “volto” che la rappresenterà, non ci si possono aspettare grossi stravolgimenti. Da qui la domanda che arriva non a caso sempre da sinistra: “Che li fate a fare i congressi?”.
Domande lecite, ma forse inutili, per un partito che ha fatto del “gattopardismo rafforzato” uno stile politico. Se infatti nel capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il nipote del principe di Salina sosteneva che “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, il PD di oggi osa ancora di più: perché rimanga tutto com’è… per sicurezza non cambia assolutamente nulla. E così, il PD modello Peter pan, continua non crescere.

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