Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, The Song of Hiawatha di Henry Wadsworth Longfellow – 8 dicembre –

Una poesia di Henry Wadsworth Longfellow per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Questa poesia, parte del più lungo poema epico narrativo “The Song of Hiawatha”, racconta una storia di origine del tubo di pace degli indigeni americani da (poco) prima dell’arrivo dei coloni europei. Questa è la prima sezione di Henry Wadsworth Longfellow che prende in prestito e rimodella i racconti indigeni, creando una storia dell’amore di Ojibwe Hiawatha e Delaware Minnehaha, situata sulle rive del Lago Superiore. Poiché il tema della storia sono due popoli che si uniscono, una sorta di Romeo e Giulietta più la storia di Re Artù ambientata nell’America precoloniale, il tema del tubo della pace che stabilisce la pace tra le nazioni native conduce alla storia più specifica degli individui .

In questa sezione del “Canto di Hiawatha”, il Grande Spirito chiama insieme le nazioni con il fumo di un tubo della pace e poi offre loro il tubo della pace come consuetudine per creare e mantenere la pace tra le nazioni.

“O figli miei, poveri miei figli!
Ascolta le parole di saggezza,
Ascolta le parole di avvertimento,
Dalle labbra del Grande Spirito,
Dal Maestro della Vita, che ti ha creato!
“Ti ho dato terre in cui cacciare,
Ti ho dato ruscelli in cui pescare,
Ti ho dato orso e bisonte,
Ti ho dato caprioli e renne,
Ti ho dato Brant e Beaver,
Riempì le paludi piene di uccelli selvatici,
Riempì i fiumi pieni di pesci:
Perché allora non sei contento?
Perché allora vi darete la caccia a vicenda?
“Sono stanco dei tuoi litigi,
Stanco delle tue guerre e del tuo spargimento di sangue,
Stanco delle tue preghiere di vendetta,
Dei tuoi litigi e dissensi;
Tutta la tua forza è nella tua unione,
Tutto il tuo pericolo è in discordia;
Perciò sii in pace d’ora in poi,
E come fratelli vivono insieme.

Il tubo della pace,il calumet della pace, i trattati di pace . Dice Vittorio Emanuele Parsi che i nostro futuro di pace è fatto di “politica ed istituzioni”. Sul palco di Festa di luce de la Nazione,  tenutosi a Firenze qualche giorno fa, la direttrice Agnese Pini lo ha intervistato. Alla domanda: “Dei tanti temi di cui parlavo all’inizio abbiamo iniziato parlando di come costruire il futuro. Eppure al tempo stesso siamo con i piedi calati nella realtà, in una serie di emergenze gravissime, a cominciare dalla guerra di Ucraina iniziata il 24 febbraio scorso che ha portato la guerra nel cuore dell’Europa Cosa significa dunque per noi vivere l’esperienza della guerra con modalità destinate a un passato lontano?”.Parsi risponde: “È stato possibile perché la guerra ha interrotto il futuro e ci ha ricacciati in un passato da cui eravamo usciti attraverso il duro lavoro di politica e istituzioni. Il 900 è stato definito il secolo in cui l’Europa si è suicidata. Invece l’Europa in quel secolo è risorta. Si è trasformata in tanti paesi europei, in economia di mercato, in società aperta. Questo ha cambiato il quadro. Pensiamo a Francia e Germania che oggi sono più vicini tra di loro o all’Italia e all’Austria un tempo in conflitto. Con la guerra di oggi qualcuno ha violato tutti gli accordi sottoscritti. Raramente si è visto cercare di riprodurre lo sterminio di un popolo aggredendolo e lasciandolo al freddo“.
Parsi infatti nel suo “Il posto della guerra il costo della libertà”, Bompiani, 2022, proprio nelle prime pagine mette in evidenza il valore delle democrazie, appunto come quelle europee, che attraverso i trattati sono riusciti a ricostruire le macerie di una Europa distrutta dalla guerra, dai totalitarismi . Il risvolto di seconda di copertina dice: “Dopo quasi ottant’anni la guerra è ricomparsa sul Vecchio Continente. L’aggressione scellerata che Vladimir Putin ha scatenato contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022 ha rotto decenni di pace e ha fatto sì che l’Europa tornasse a essere ciò che per secoli era sempre stata fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale: ‘il posto della guerra’. Come è potuto accadere uno scempio simile proprio nella ‘civile Europa’? Nel luogo che ha rappresentato un pilastro di quell’ordine liberale che ha trasformato il sistema internazionale stringendo attorno a sé una famiglia di democrazie affratellate e tessendo una fitta trama di istituzioni e trattati garanti della cooperazione e della pace? Se la pace, dunque, è stata infranta proprio dove le condizioni per mantenerla erano le migliori possibili, che speranza resta per evitare che la forza ricominci a essere la sola ‘regola del mondo’? La risposta a questa domanda passa per la consapevolezza che la possibilità di escludere la guerra come prospettiva deriva proprio dalla credibilità e dalla sopravvivenza di quell’ordine liberale che la guerra di Putin ha messo sotto attacco: l’invasione russa dell’Ucraina non è infatti solo una dichiarazione di ostilità mortale nei confronti di quel paese, ma è anche un’esplicita aggressione all’Occidente democratico e ai principi e alle regole su cui si fonda. Ripensare la guerra, e il suo posto nella cultura politica europea contemporanea, dopo l’Ucraina è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti a un disegno spezzato senza nessuna strategia per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali. Perché se c’è una cosa che la fiera resistenza del popolo ucraino ci ha insegnato è che non bisogna arrendersi mai, che la difesa della propria libertà ha un costo ma è il presupposto per perseguire ogni sogno, ogni speranza, ogni scopo, che le cose per cui vale la pena vivere sono le stesse per cui vale la pena morire”.
La difesa della propria libertà ha un costo ma è il presupposto per perseguire ogni sogno ecco in definitiva anche l’idea del poema che abbiamo citato in apertura.
“Una storia dell’amore di Ojibwe Hiawatha e Delaware Minnehaha, situata sulle rive del Lago Superiore. Poiché il tema della storia sono due popoli che si uniscono, una sorta di Romeo e Giulietta più la storia di Re Artù ambientata nell’America precoloniale, il tema del tubo della pace che stabilisce la pace tra le nazioni native conduce alla storia più specifica degli individui”. La canzone di Hiawatha o Il canto di Hiawatha (The Song of Hiawatha) è un poema epico in tetrameri trocaici scritto da Henry Wadsworth Longfellow nel 1855 nel quale i personaggi sono nativi americani. Le fonti di Longfellow per le leggende e l’etnografia del poema furono il capo OjibwayKahge-ga-gah-bowh durante le sue visite alla casa di Longfellow, Falco Nero e altri indiani Sauk e Mskwaki incontrati a Boston Common, le Algic Researches (1839) e altri scritti dell’etnografo e agente indiano Henry Rowe Schoolcraft, e i testi di John Heckewelder.

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