L'approfondimento

Università, lavoro, relazioni: prendiamoci il nostro tempo senza sentirci sbagliati

Perché ci sentiamo fuori tempo? Dalla bocciatura a scuola, al "fuori corso" all'Università, dalla ricerca del lavoro a quella di un figlio. Quanto siamo influenzati dalla misura del tempo?

Quanto siamo influenzati dal tempo? Un tempo che scorre, anche quando vorremmo fermarlo o riportarlo indietro e che scrive, ogni giorno, una data diversa che noi riempiamo a modo nostro. Un tempo che, secondo i ritmi imposti dalla società – quelli di un mondo che corre – ci fa sentire in ritardo. Perché, sempre più spesso, ci sentiamo fuori tempo?

Il tempo è la misura della vita, ma bisogna fare attenzione a non diventarne prigionieri.
Sempre più spesso, la cronaca racconta di giovani sopraffatti dalle aspettative: le loro e quelle che hanno o si sentono intorno, provenienti da una società in cui comanda l’immagine, la posizione social, il conformismo e in cui le difficoltà sembrano non avere diritto di trovare posto. L’ultimo caso, piombato alla ribalta della cronaca nazionale – datato fine novembre 2022 – è quello del 26enne Riccardo Faggin, studente universitario di Infermieristica a Padova, morto lunedì notte con la sua auto in un incidente, che potrebbe non essere stato una tragica fatalità. Dopo la morte i genitori hanno scoperto che aveva mentito sulla data della sua laurea. Non era ancora il momento, avrebbe dovuto superare l’ultimo esame.

Questione di tempo, appunto. Di disagi, di pressioni che spesso non dipendono per forza da chi ci sta intorno, ma da ciò che si percepisce.
Le fasi della vita di tutti noi sono scandite dal tempo che passa. C’è un orario che compone le 24 ore di ogni giornata, ci sono i 7 giorni della settimana, ci sono i 30 o 31 giorni dei 12 mesi dell’anno… e poi ci sono gli anni, appunto, ciascuno con la sua numerazione, per poter tenere ordine, testimonianza e memoria di ciò che accade e collocarlo sulla linea infinita del tempo storico.
Su questa linea, tuttavia, ognuno scrive il suo tempo, che può essere diverso come diverse sono le esperienze nella vita di una persona.

Dopo le recenti notizie di cronaca nera, riguardanti giovani universitari che, schiacciati da più pressioni, hanno scelto di togliersi la vita – nascondendo difficoltà con gli esami e con un percorso diventato causa e motivo di un profondo disagio psicologico – abbiamo deciso di parlare del tempo e della sua interpretazione con la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia.
“Il tempo in quanto misura è sostanzialmente interpretato come la capacità che l’uomo ha di stare al passo con il tempo stesso“. Capacità che, naturalmente, possono variare in base a ognuno di noi e possono mutare in base alle circostanze che la vita ci pone dinanzi. Non solo. Perché “Le capacità derivano anche dagli standard collettivi, cioè dall’osservazione delle esperienze di chi ci sta intorno, che vanno a condizionare il nostro modo di vivere e di ragionare”.

Il tempo infatti, fin dalle origini, ha fortemente condizionato la vita dell’uomo. “Noi siamo legati a una temporalità generale – continua Chiara Gioia – basti pensare al periodo fertile di una donna. Così come c’è un periodo ‘fertile’ per i lavoratori e poi c’è la fase della pensione, quindi del riposo dopo la produttività. Ne consegue che il processo di ogni individuo sia legato al tempo e che ci sia l’eventualità sentirsi ‘in ritardo’. Un esempio? La bocciatura di uno studente a scuola. Il tempo, infatti, disciplina la vita di tutti, evitando il caos. Ma si tende a dimenticare che esiste anche un tempo psichico e che questo sia del tutto diverso dalla misura che conosciamo tutti”.

tempo

Il tempo psichico, cioè, è quel tempo interno all’individuo, che ha una sua autonomia rispetto al tempo che misura la vita di tutti noi.

“Non c’è solo il calendario, accanto ad esso c’è il nostro tempo. E quando nasce una sofferenza o un malessere è perché non si è attivata la capacità di abitarlo”.
Arriviamo da un periodo difficile e atipico, che ha stravolto la quotidianità di ognuno. Come ricorda Chiara Gioia, “Il Covid19 ci ha dato l’opportunità di poter riflettere: pensare innanzitutto a come occupare quel tempo in più. Per tanti ciò è stata una problematica. Come occupare quei momenti prima investiti da mille attività che riempivano la nostra quotidianità?
Una quotidianità, nella maggior parte dei casi, assolutamente frenetica. Perché tutto è calendarizzato: quindi tutto è soggetto a misura”. 
Anche una sessione in palestra o una seduta di terapia.

Un universitario che si sente fuori tempo è “vittima del condizionamento collettivo”.

Io, per la società, non ho avuto la capacità di rispettare i tempi giusti“, continua la psicologa e psicoterapeuta.
Ma giusti per chi? Viene da chiedersi…Per un sistema scuola che, inevitabilmente, è limitato. Classifica una cronologia di esami da sostenere, stabilisce delle tempistiche standard da rispettare, ma non può tenere conto dell’imprevedibilità del percorso di ogni studente. Alle prese non solo con la scuola, ma con la sua vita.
Capita, però, che essere “fuori corso” faccia sentire “fuori tempo” e che a causa di ciò nelle persone fragili crolli l’autostima.
“In loro inizia ad attivarsi un cluster di immaginari a catena verso la società, verso i propri genitori, i propri amici. Si diventa troppo severi con sé stessi poiché ci si sente obbligati ad omologarasi ad una tempistica prestabilita”, sottolinea Chiara Gioia.
“Davanti agli ultimi episodi di cronaca nera che ci sono stati, capiamo quanto quelle personalità fossero fortemente condizionate e permeabili dagli immaginari del collettivo. La conclusione di non sentirsi all’altezza ha origine non solo nell’università, ci sono sicuramente delle dinamiche intrapsichiche sottese, anche precedenti o distaccate dal discorso universitario, che hanno trovato un’espressività nell’esperienza dell’Università. Fragilità che si sono generate e protratte nel tempo, trovando l’apice nelle difficoltà dell’esperienza universitaria”.

Come aiutarli? 

“Con la comunicazione, la relazione. Se una persona giunge ad un gesto estremo è perché si sente estremamente sola. E non nel senso di non avere persone accanto, ma sola perché incompresa nella sua agitazione, nella sua sofferenza.
Chi non è sereno nell’ambito del suo percorso universitario teme
il giudizio degli altri, perché è lui stesso in primis ad autogiudicarsi.
Queste persone vanno supportate. La psicoterapia può essere un percorso rigenerante, ma le sedute andrebbero iniziate nei momenti di tranquillità di una persona, non bisognerebbe attendere l’apice in seguito ad un episodio negativo.
La terapia andrebbe intrapresa a prescindere, perché rientra nel benessere totale dell’individuo.

“Adesso siamo nella stagione dell’autunno, un periodo che ci insegna quanto sia importante rallentare, lasciare andare, far cadere. Azione che vediamo nella trasformazione della natura, con i colori e il lento cadere delle foglie. Un processo di preparazione ad un altro tempo e, quindi, ad un altro ciclo. Il tempo, quindi, ci indica anche quando è il momento di lasciar andare, di accogliere, di saper stare in una determinata situazione. Tante conflittualità a livello relazionale arrivano perché non si sa stare in quel rapporto. Si pensa: ‘non è il nostro tempo’, ma non siamo noi a poter definire quel tempo. Perché quel tempo arriva se quel rapporto è giusto per noi”.

Anche in filosofia, del resto, il tempo è creato dal Demiurgo per dare ordine al corso degli eventi naturali ed umani. Per stabilire nel continuo movimento un prima e un poi. Chronos e Kairos sono due modi di interpretare il tempo – conclude Chiara Gioia – Nel primo caso il tempo inteso come lo scorrere dei minuti e delle ore, che può diventare quello che ci travolge perché ripetitivo, quindi non lascia spazio alla meraviglia e sembra non bastare mai a causa della frenesia di questo momento storico.
Diverso, invece, è interpretare il tempo come Kairos: cioè il momento giusto per qualcosa. In questo modo si dà un senso a ciò che accade e si è presenti mentalmente nelle azioni che compiamo ogni giorno”
.

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