Arte ...artigiana

Valeria Gallese e la missione AquiLANA, Zafferano e Montepulciano per tingere la lana

La storia tutta aquilana di Valeria Gallese ed AquiLana, fatta di lana, zafferano e Montepulciano

Il suo nome è Valeria Gallese e la lana le ha cambiato la vita.
Tutto è partito da un corso universitario professionalizzante: il punto di arrivo – o di un nuovo inizio – è stato lo zafferano… usato proprio per tingere la lana. Per la precisione, l’AquiLANA.

È novembre 2011 quando Valeria Gallese deposita il marchio AquiLANA, attività che, come dice il nome stesso, consiste nella lavorazione della lana delle pecore e nella colorazione dei filati in maniera naturale. Lana, per definizione, proveniente principalmente dal circondario aquilano.
Come Valeria spiega ai microfoni del Capoluogo, Non è una passione, è più un’attitudine. Io ho studiato Veterinaria e dopo aver seguito un corso integrato professionalizzante sulla ‘Gestione genetica del gregge’ ho deciso di intraprendere quella che ora per me è una missione: contribuire a risollevare il mercato della lana, che da troppo tempo è in crisi. Ma di pastorizia non ne sapevo nulla, vengo da Avezzano centro! Quindi, prima di tutto ho voluto conoscere quali erano le pecore che si allevano in Abruzzo e, una volta scoperto che la maggiore densità di ovini allevati è nell’aquilano, mi sono trasferita sul Gran Sasso per scoprirne l’allevamento”.
Ad oggi Valeria è arrivata a lavorare fino a 10 mila chili di lana, ma precisa: “Bisogna crederci in quello che si fa. Se penso che la mia prima filatura di lana è stata di 50 chili…davvero pochissimi, invece oggi è cambiato tutto”. 

In questo periodo dell’anno, nei mesi autunnali di ottobre e novembre, in collaborazione con la Cooperativa Oro Rosso e Altopiano di Navelli, ma anche con i produttori di zafferano di Barisciano – paese in cui vive – Valeria sta utilizzando gli scarti dello zafferano, cioè petali e antere, per colorare in maniera naturale la sua lana.
Ma come avviene la raccolta della lana? Valeria Gallese spiega che bisogna muoversi in maniera molto coscienziosa: è importante trovare degli allevatori che condividano la sua missione, vale a dire vedere la lana come una materia prima che va valorizzata. “Ho delle necessità. Voglio che le pecore vengano tosate libere, cioè lasciate tra le gambe del tosatore senza essere legate. Chiedo, quindi, che la lana venga raccolta non sporca e, inoltre, che le postazioni di tosatura vengano pulite. Ci sono degli accorgimenti che, per quanto mi riguarda, è fondamentale rispettare.”
Tra Valeria e gli allevatori ovini si crea, al di là del rapporto imprenditoriale, un vero e proprio legame di fiducia: proprio perché viene condivisa l’idea che la lana non sia affatto un rifiuto, bensì un’opportunità.

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Valeria si reca personalmente a raccogliere le lane degli allevatori tra le terre d’Abruzzo, Molise e Puglia. Quindi, effettua una cernita su quello che ritira.

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“Dopo aver acquistato la lana, seleziono il sucido (cioè la lana sporca). Riesco a distinguere quali sono le lane di miglior qualità e le invio a Biella per la filatura. Lì, ci sono centri tessili di eccellenza che rispettano le norme comunitarie europee e mi consentono di effettuare lavaggi certificati, garantendo la tracciabilità della lana. La lana poi, mi viene restituita in diverse forme: il top – cioè un prodotto intermedio – e poi i filati in rocca, che vendo nella mia bottega a Santo Stefano di Sessanio, dove mi vengono a trovare persone da tutto il mondo”.
A questo punto inizia il “fatto a mano” di Valeria. La preparazione della lana in matasse, per poi dare cominciare la colorazione artigianale.

I filati che le arrivano da Biella, infatti, sono bianchi e raccolti in rocche (hanno la forma di coni ndr) da circa un chilo di lana ognuna. Da questi filari Valeria ottiene le matasse di lana utilizzando l’arcolaio, un antico strumento della tradizione laniera appenninica. A questo punto, segue la colorazione a mano delle matasse, fatta con colori naturali e del territorio.
La tintura naturale più praticata – e più richiesta – è quella realizzata con il Montepulciano d’Abruzzo, “che mi ha portata in giro per tutta Italia”, ricorda con la soddisfazione che accompagna i tanti sacrifici fatti.
Ma in questo periodo dell’anno, Valeria sta colorando in maniera naturale la sua lana, utilizzando gli scarti dello zafferano Dop dell’Aquila: nello specifico i petali e le antere.
Si riescono ad ottenere quattro colori a seconda delle concentrazioni dei petali e delle antere al chilo per litro di acqua. Si fa una prima tintura e con il residuo se ne fa una seconda. I colori che si possono ottenere sono un verde brillante e un verde lime, mentre con una concentrazione di prodotti più bassa si ottiene un verde marcio – che può sembrare un verde militare – a cui segue un giallo più spento, un giallo paglierino. Sono colori profumatissimi!

Come si tinge la lana?
Nella tintura con il Montepulciano d’Abruzzo, Valeria mette la lana direttamente a sobbollire con il Montepulciano.
Dopo un paio d’ore la lana viene fatta raffreddare. In seguito, le matasse vengono tolte dal vino, lavate e fatte asciugare. Così sono pronte. Quella con il Montepulciano è una “tintura diretta”, che colora senza aver bisogno di mordenti – cioè elementi che servono a legare il colore alla lana – poiché li contiene per natura.
Al contrario, nella tintura stagionale – fatta con gli scarti dello zafferano – la lana ha bisogno di una preparazione: in questo caso, allora, si parla di tintura di tipo indiretto. La lana, infatti, deve essere preparata per assorbire la colorazione, in quanto i petali e le antere dello zafferano non contengono naturalmente i mordenti (come accade per il Montepulciano). Si usa l’allume di rocca (o allume di potassio), un comune sale di saponeria che funge da mordente naturale e prepara la lana ad accogliere e quindi a legarsi ai colori successivi che sono stati preparati in un decotto.
Ma non finisce qui. Infatti, per il decotto i petali e le antere vanno fatti macerare per una notte in un secchio, con dell’acqua a temperatura ambiente. Solo la mattina successiva questo composto va versato in una pentola e lasciato bollire per due ore. In questo modo il decotto di tintura è pronto.
A questo punto, si filtra la poltiglia e l’acqua rimasta si usa per tingere la lana, che nel frattempo è stata ripulita dal mordente in eccesso. Ecco che finalmente la lana mordenzata può essere messa nel decotto, quindi la si fa sobbollire per due ore.

Il lavoro di Valeria è veloce, ma paradossalmente lento. Perché ogni processo va seguito con attenzione ed è fondamentale rispettare i tempi giusti per la riuscita del prodotto finale. Non è un processo automatizzato. Sottolinea Valeria, “non si tratta di processi meccanici.
“Lavorare la lana è la mia missione. È faticoso, ma la scelta fatta ogni giorno mi riempie di soddisfazione. Vedere clienti da tutta Italia e poi dall’Olanda, Francia, Inghilterra, persino dal Texas, che vengono a Santo Stefano di Sessanio per vedere i miei lavori e la mia bottega mi riempie di orgoglio e mi incoraggia a continuare questa mia missione.
Grazie ai tanti allevatori che, come me, hanno compreso l’importanza della rivalutazione della lana: io
– conclude – posso continuare a sperare nel rilancio di questo prodotto tanto antico quanto affascinante”.

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