Ambiente

Metanodotto Snam, Marsilio al Governo: “Misure compensative per l’Abruzzo”

Seduta del Consiglio dei Ministri sul metanodotto Snam Sulmona Foligno, il Presidente Marsilio: "Non serve all'Abruzzo, ma al Paese, necessarie misure compensative".

Seduta del Consiglio dei Ministri sul metanodotto Snam Sulmona Foligno, il Presidente Marsilio: “Non serve all’Abruzzo, ma al Paese, necessarie misure compensative”.

Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, ieri è stato invitato a partecipare alla seduta del Consiglio dei Ministri dove il Governo aveva posto all’ordine del giorno la ‘Costruzione ed esercizio dell’opera denominata metanodotto Snam Sulmona-Foligno’. Nel corso dell’incontro è stato presentato il decreto teso a superare la mancata espressione dell’intesa per quanto riguarda il metanodotto Foligno-Sulmona. Il presidente Marsilio in Consiglio dei Ministri ha rappresentato le istanze provenienti dal territorio e le criticità che sono state espresse nel tempo, ripercorrendo il lungo e travagliato iter di quest’opera. Al termine dell’incontro ha chiesto al Governo, e per tramite del Governo alla Snam, di assumere tutte le necessarie misure compensative a seguito della realizzazione del metanodotto Snam. È stato quindi ribadito che l’opera in sé non serve all’Abruzzo, che riceve gas sia da nord che da sud, ma si tratta di un’opera strategica per l’intera nazione, come successivamente ribadito dal ministro Cingolani. Al termine del confronto con il Governo il ministro Cingolani ha rappresentato la necessità e l’urgenza di questa struttura chiedendo a tutti i suoi colleghi ministri di approvare il punto in questione, che è stato approvato senza ulteriori condizioni. La Regione Abruzzo prende quindi atto della scelta del Governo italiano, secondo il principio di leale collaborazione istituzionale, e si adopererà per facilitare il rapporto con il territorio, anche con suggerimenti tesi a mitigare l’impatto dell’opera.

“L’approvazione del metanodotto Sulmona-Foligno – scrivono a proposito i Comitati cittadini per l’ambiente Coordinamento No Hub del Gas è un atto di inqualificabile vigliaccheria compiuto in spregio dei più elementari principi democratici e delle ragioni del territorio. Gentiloni fece la stessa cosa con la centrale di compressione. Ma l’ormai defunto governo Draghi lo ha superato. Ha dato il via libera al metanodotto Snam dopo che i cittadini hanno votato per scegliere il nuovo Parlamento e a pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo. Che urgenza c’era di approvare un’opera di questa rilevanza e che dovrebbe entrare in esercizio nel 2027? C’è una sola spiegazione: questo “governo dei migliori” doveva dimostrare fino in fondo di essere asservito agli interessi delle potenti lobby delle fonti fossili. L’opera non serve, ma va fatta per i profitti della Snam anche se i costi si riverseranno sulle bollette di famiglie e imprese. Chi non ha dalla sua la forza della ragione, agisce con la ragione della forza. Come nelle dittature. Questo è potuto accadere anche grazie al presidente della Regione Marco Marsilio il quale, anziché opporsi ad un’opera del tutto inutile e devastante, come hanno ribadito i sindaci abruzzesi del Sulmona-Foligno in un documento inviato in agosto al governo, ha steso un tappeto rosso davanti a Draghi e a Cingolani. Ora il Ponzio Pilato d’Abruzzo parla di fantomatici ristori come il suo collega presidente della Provincia Angelo Caruso.
Nel comunicato emesso dalla Presidenza del Consiglio si dice che il provvedimento è stato preso “per superare il diniego espresso in conferenza dei servizi dalle Regioni Abruzzo e Umbria”. Si tratta evidentemente delle negazioni dell’intesa espresse, rispettivamente nel 2015 e nel 2017, dalle allora giunte regionali. Ciò rende ancora più odioso e inaccettabile un provvedimento che schiaccia la volontà di due Regioni che rappresentano la stragrande maggioranza del territorio attraversato dal metanodotto.
L’ormai ex governo Draghi sostiene che si tratta di “un’infrastruttura strategica che consentirà di incrementare la capacità di trasporto di gas proveniente dai punti di entrata della rete nazionale ubicati nel Sud Italia”: non è altro che il copia e incolla delle bugie della Snam. In realtà la rete ha una capacità di trasporto dal Sud di oltre 50 mld. di metri cubi ed è in buona parte inutilizzata. Ciò nonostante l’Italia sta importando quest’anno più gas dell’anno scorso, al punto che finora ne ha rivenduto all’estero oltre 2 miliardi e 300 milioni di metri cubi, cosa mai successa in passato e, ribadiamo, con la rete esistente. Inoltre gli stoccaggi sono pieni al 90 per cento, un livello raggiunto con un mese di anticipo rispetto allo scorso anno. Se fosse vera la favola dell’ “imbuto” d Sulmona di cui parlano certi “giornaloni” che fanno da spalla alla Snam, questo non sarebbe stato possibile. E come avrebbero fatto i miliardi di metri cubi del TAP ad arrivare fino al Nord? Quello che possiamo dire noi è che certamente questa storia, che ci vede impegnati ormai da 15 anni, non finisce qui”.

Metanodotto Snam Sulmona Foligno, entro ottobre il ricorso sbarca al TAR Lazio

Il ricorso contro il progetto.

Intanto prosegue la mobilitazione contro il metanodotto Snam dei territori e delle associazioni ambientaliste, che hanno attivato anche azioni legali, per scongiurare la realizzazione di un progetto che ormai sta concludendo il suo iter burocratico. Un iter che però, secondo le stesse associazioni rappresentate dall’avvocato Francesco Paolo Febbo, segna dei passaggi di criticità, al di là dei pur importanti aspetti legati ad ambiente, sismicità e territorio. Da qui il ricorso alla Presidenza della Repubblica, che però ha registrato un’opposizione ex art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 3 e lo stesso è quindi passato al TAR Lazio, che dovrebbe fissare l’udienza entro il mese.
Il ricorso punta all’annullamento del decreto del Ministero della Transizione ecologica avente ad oggetto il rilascio dell’AIA per l’esercizio della centrale di compressione gas di Sulmona, del parere favorevole al rilascio dell’AIA della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente e i relativi atti inerenti il percorso autorizzativo del progetto. Nel ricorso si ricorda come le associazioni proponenti abbiano ritenuto “doveroso promuovere la presente impugnativa, al fine di impedire (o tentare di farlo), per quanto possibile, la realizzazione di un’opera di notevole impatto ambientale a ridosso del monte Marrone e quindi del Parco Nazionale della Majella. Le associazioni ambientaliste, pertanto, nella direttiva di opporsi a detta scellerata realizzazione, di salvaguardare l’ambiente e tutta la zona a ridosso, formulano l’odierno gravame al fine di portare il proprio contributo nell’evitare ulteriori stravolgimenti di un’area già fortemente compromessa a livello ambientale, e di evitare danni per la collettività che, nell’eventualità si verificassero, procurerebbero pregiudizi catastrofici ed incalcolabili, facilmente immaginabili”.

Nel dettaglio, si contesta l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dal Ministero. Tutto inizia nel 2005, quando la Snam presenta il progetto del metanodotto ai fini dell’avvio della procedura VIA (Valutazione di impatto ambientale). Da lì il lungo iter, per cui si arriva al 2014, con la Regione Abruzzo che “negava l’intesa per la centrale di compressione” e poi anche per il metanodotto, un dissenso superato con la trasmissione del procedimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che deliberava la conclusione del procedimento autorizzativo, così nel 2018 il MISE ha approvato il progetto. Da qui la conferenza dei servizi e poi l’invio della documentazione al ministero per ottenere l’AIA, puntualmente rilasciata dal ministero, nonostante le osservazioni contrarie di enti pubblici e privati. Alla fine dell’iter, come si ricorda nel ricorso “sulla base dei pareri così acquisiti, considerato il favorevole esito della conferenza di servizi, il Ministero della Transizione Ecologica con il decreto odiernamente impugnato emetteva l’autorizzazione all’esercizio della centrale di compressione gas di Sulmona”. Per i ricorrenti, però “l’operato delle amministrazioni intimate, formalizzato con gli atti ed i provvedimenti oggetto di odierna impugnativa, è – come si avrà modo di dimostrare agevolmente – da ritenersi totalmente illegittimo”.

I motivi del ricorso contro il metanodotto Snam: Il decreto impugnato enuncia espressamente tra le proprie premesse il presupposto dell’aver ottenuto una V.I.A. favorevole con decreto del Ministro dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni Culturali, in data 07.03.2011, ma “la disciplina vigente all’epoca dell’emanazione di tale decreto era la seguente ex art. 26 del D. Lgs. n. 152/2006: ‘i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata’”. D’altra parte “il decreto del 2011 non reca alcuna deroga al periodo fissato per legge”. Per cui, “è, pertanto, del tutto evidente che la pronuncia relativa alla V.I.A. sia divenuta inefficace sin dal 2016, vale a dire ben 5 anni prima dell’A.I.A. qui impugnata”.
D’altra parte, “dall’epoca in cui è stata svolta la procedura di V.I.A., il quadro di riferimento è completamente mutato. Bastino solo due fattori cruciali in relazione agli interessi di cui le associazioni ricorrenti sono esponenziali. Diversi individui di orso marsicano, sottospecie a gravissimo rischio di estinzione, oggetto di politiche pubbliche promosse dallo stesso Ministero per la Transizione Ecologica (in primis attraverso un Piano di Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano) da qualche anno frequentano costantemente le aree in cui dovrebbe sorgere la centrale. […] Il secondo fattore è dato dalla svolta epocale impressa dal Green New Deal dell’Unione Europea e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal Parlamento italiano in materia di “transizione energetica. Questa prevede il progressivo abbandono delle fonti fossili, compreso il gas, da avviare immediatamente”.

Sottolineati, inoltre, altri profili di nullità, a partire dal fatto che “la Commissione A.I.A. ha escluso tout court, in modo tranciante, dalla fase istruttoria della conferenza di servizi il corposo apporto fornito dal Comune di Sulmona, ritenendo da una parte che “la maggior parte delle osservazioni” fossero relative alla V.I.A., dall’altra non spendendo alcuna considerazione sul resto, ovvero tutto quanto non sarebbe stato riconducibile in termini di osservazione alla V.I.A.”. Inoltre, “in relazione al quadro normativo che si va a delineare, l’amministrazione procedente è totalmente inadempiente rispetto agli obblighi che avrebbe dovuto invece assolvere, posto che la questione del rischio sismico è stata affrontata con fare sbrigativo e con mero rimando agli studi effettuati dalla ditta proponente”. Altro elemento di contestazione è relativo “alla circostanza che non sono state tenute in debita considerazione le osservazioni del pubblico e non sono state fornite dall’Amministrazione competente le relative contro-deduzioni” e altre “violazioni per difetto d’istruttoria”. Senza contare che “nel procedimento in trattazione emergono eclatanti elementi di contraddizione, di sottovalutazione, e di sviamento dell’analisi delle questioni concernenti le emissioni in atmosfera (sia quelle cosiddette fuggitive, sia quelle convogliate)”.
Ma c’è anche un’altra questione da non sottovalutare: “Il Piano della Qualità dell’Aria esclude la realizzabilità di nuovi impianti al di fuori delle aree industriali. Nella nota della Regione Abruzzo, prot. n. 99965 del 01.12.2020, si sostiene infatti che la compatibilità dell’impianto richiederebbe la localizzazione in area con definizione assimilabile di area industriale infrastrutturata, a fronte di una classificazione dell’area di insediamento come ‘zona agricola normale’, in cui sono ammessi solo insediamenti finalizzati alla produzione e prima trasformazione dei prodotti agricoli zootecnici”.

Tutte queste questioni – e molte altre citate nel ricorso – andranno all’attenzione del TAR Lazio. I tempi di attesa non sono noti con precisione, ma anche grazie all’istanza di sollecito avanzata dall’avvocato Febbo, si dovrebbe andare in Aula entro questo mese. Nel frattempo, continua la mobilitazione istituzionale e non contro il progetto.

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