L'approfondimento

Baby gang, tante libertà e poche regole: così i giovani si perdono

Baby gang a L'Aquila: 13 arresti per spaccio, violenze, estorsioni. Coinvolti ragazzi giovanissimi, quasi tutti minorenni. "Questa volta l'effetto lockdown non c'entra nulla, mancano educazione e punti di riferimento".

Baby gang a L’Aquila: 13 arresti per spaccio, violenze, estorsioni. Coinvolti ragazzi giovanissimi, quasi tutti minorenni.
“Questa volta l’effetto lockdown non c’entra nulla, manca spesso l’educazione e mancano i punti di riferimento”.

Spaccio, estorsioni, aggressioni, violenze. La cronaca rimbalzata per mesi dalle vie del centro aquilano ha portato, martedì, allarresto di 13 giovani, per la stragrande maggioranza minorenni. Una vera e propria Baby Gang.
Cosa sta succedendo?
Se in seguito alle riaperture post Covid e ai primi episodi spiacevoli accaduti in centro – tra disordini e vandalismo – si era parlato di pericolo “tana libera tutti”, ora che le limitazioni pandemiche sono alle spalle, sono soprattutto gli adulti a chiedersi il perché.
“L’operazione relativa alla Baby Gang mostra come stiano venendo a galla fenomeni che, in realtà, sono parte di un processo partito mesi fa. Spaccio, estorsioni, violenze, del resto, non sono circoscritti al tempo di un giorno, ma nascono da atteggiamenti, da interpretazioni ed evoluzioni che si sono attivati in un giorno x e che, da quel giorno, sono sfociati negli episodi più gravi, contenuti solo dall’intervento delle forze dell’ordine”. A parlare alla nostra redazione è la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia.

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La violenza non ha mai giustificazioni e, questa volta, “non si può ‘spiegare’ facendo riferimenti specifici a quanto vissuto in questi ultimi anni. Quello che è emerso ci fa capire che siamo di fronte a molteplici fragilità da parte dei giovani. Fragilità che, purtroppo, vengono etichettate in maniera negativa e quindi non comprese e accettate come dovrebbero. Invece, queste fragilità sono varchi che si aprono, ma che, paradossalmente, ci consentono di interfacciarci con aspetti di noi stessi che è possibile attivare o rinforzare. Fragilità che non vanno assolutamente considerate come scusanti”, continua l’esperta.

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“C’è una rabbia generale dei giovani di oggi nei confronti della società: un sentimento che li porta a non rispettare le regole. Qui dovrebbe intervenire l’educazione. Eppure, sempre più spesso – nonostante la scuola e il ruolo genitoriale – mancano autentici punti di riferimento educazionali ai giovani e si arriva al punto in cui delle regole ci si diverte a farne sfregio”.
Parlando nello specifico di genitori e scuola, siamo sicuri che i ragazzi accettino e riconoscano il ruolo di autorità che essi rappresentano? 

Scuola e famiglia “lavorano parallelamente ed hanno un ruolo fondamentale nel contribuire alla formazione educativa e caratteriale dei giovani. Per questo è importante che la collaborazione tra le due realtà, la scuola e la famiglia, appunto, sia costante. Centrale è la triade formazione-ascolto-sostegno: sono queste le ‘armi’ per fare prevenzione primaria e intercettare il disagio alle origini, senza attendere che diventi conclamato.
Non devono esserci ‘mea culpa’
: si consideri che gli insegnanti e i genitori hanno due punti di vista differenti dai quali imparano a conoscere i ragazzi ed entrambi sono giusti, anche se discordanti. C’è bisogno, tuttavia, di un punto di incontro che porti al giusto equilibrio nel dare punti di riferimento educativi ai ragazzi, a contatto con queste realtà”.

“I giovani, cioè, devono avere punti di riferimento fermi, che possono ritrovare ovunque: in casa, come tra i banchi di scuola, fino alla società che affrontano nella loro quotidianità”. 

 

Giovani e…”vita da adulti”.

Scuola, pranzi con gli amici, uscite di gruppo. Spesso i ragazzi giovanissimi rientrano tardi la sera a casa, passando sempre meno tempo in famiglia. “Questo può portare e comportare libertà che non sempre essi riescono a gestire.
Si è già in grado, ad esempio, di capire cosa è giusto o sbagliato? Così facendo, tantissimi sono i rischi di uscire fuori dai binari e cadere nella ‘trasgressione’
. Credo sia necessario, dal punto di vista terapeutico, sostenere tutti: dai genitori ai giovani, così come lo stesso mondo scuola. Per i genitori, ad esempio, sono molte le difficoltà da affrontare: il ruolo genitoriale, infatti, non sempre è semplice o naturale. Implica diritti e doveri specifici”.

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“Si ha a che fare, oggi, con una generazione che – tra infiniti input, anche social, libertà varie e mancanza di freni – va sotto pressione. Ecco, allora, che servono: educazione, sostegno genitoriale, confronto scuola-famiglia, dialogo e comunicazione”.
A proposito di comunicazione, “atti come quelli che si sono verificati a L’Aquila sono anche l’espressione di una povertà comunicativa e relazionale crescente. Oggi, purtroppo, i ragazzi non comunicano più come dovrebbero. E ciò diventa, nella maggior parte dei casi, disfunzionale. Va trovata la giusta strada per le fasi della comunicazione e dell’ascolto: potrebbe non essere facile, ma è estremamente importante. Bisogna – conclude Chiara Gioia – riconoscere il problema, laddove questo problema c’è. Da lì si può iniziare ad agire.
Se mettiamo da parte problematiche e dinamiche disfunzionali, contribuiamo a far nascere processi che possono portare a devianze e che, nei casi estremi, possono sfociare anche in episodi di microcriminalità”.

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