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La solitudine dei collaboratori parlamentari, centinaia di posti di lavoro in fumo nel silenzio più totale

Con la riforma costituzionale diminuisce il numero dei parlamentari, ma anche quello dei collaboratori. Un esercito invisibile che sconta "la politica dell'antipolitica".

Con la riforma costituzionale diminuisce il numero dei parlamentari, ma anche quello dei collaboratori. Un esercito invisibile che sconta “la politica dell’antipolitica”.

Che cosa succederebbe se chiudesse una fabbrica che dà lavoro a un migliaio di lavoratori? Proteste, interrogazioni parlamentari, scioperi, ricorsi. Sì, ma dipende dal lavoratore. In Italia c’è una categoria che può perdere il lavoro nel silenzio più totale di istituzioni, sindacati e – perché no – media. Si tratta dei collaboratori parlamentari, nell’immaginario collettivo una sorta di “raccomandati” del politico di turno a cui porta la borsa e funge da segreteria. Il lavoro del collaboratore parlamentare naturalmente è ben altro e, come spiegano a IlCapoluogo.it dall’AICP, l’Associazione Italiana Collaboratori Parlamentari, si divide in tre macro aree, quella amministrativa, quella relativa all’Ufficio stampa e quella dell’Ufficio legislativo. Insomma, una figura tecnica qualificata che supporta i parlamentari nella loro attività politica. Ebbene, con la riforma costituzionale che riduce di 345 il numero dei parlamentari, un piccolo esercito di collaboratori ha già di fatto perso il posto di lavoro, nell’indifferenza generale. Se sono 345 i parlamentari in meno, almeno altrettanti saranno i collaboratori senza lavoro, ma il numero si moltiplica aggiungendo quelli occupati negli uffici territoriali e un “indotto” difficilmente quantificabile. Inoltre bisogna considerare quelli che lavorano nelle strutture di partito. Infatti normalmente ogni parlamentare versa una parte di stipendio al partito di appartenenza, a sostegno delle attività dello stesso partito. Con la diminuzione dei parlamentari, quindi, anche meno entrate per i partiti, che a loro volta dovranno fare a meno di altri dipendenti. Insomma, alla fine sono almeno un migliaio i “lavoratori di serie B” che rimarranno a casa.

Per loro, nessun corteo, nessuno striscione di protesta, accomunati come sono alla odiata “casta” che la riforma avrebbe dovuto colpire, secondo le intenzioni dei proponenti. “In realtà, per ciò che concerne i collaboratori parlamentari, – sottolineano dall’AICP – si tratta di un’amara e ineludibile conseguenza della nostra attività, di per sé incentrata proprio su un rapporto fiduciario fra il professionista e il parlamentare. La natura stessa della nostra attività preclude la possibilità di stabilizzazioni, ma non certo di tutele e regole definite, che ad oggi mancano sia alla Camera sia al Senato. Il nostro Parlamento si distingue negativamente dalle Assemblee dei maggiori Paesi europei e dallo stesso Parlamento europeo, in Italia non vi è alcun riconoscimento dello status giuridico dei più stretti collaboratori di senatori e deputati. Non sono definite mansioni, garanzie, tipologie contrattuali, alcunché dando vita a situazioni limite e oltre il limite che ledono sia il buon nome delle Istituzioni sia i diritti dei lavoratori, nella più totale mancanza di trasparenza attualmente avallata dalle Camere. Sembra che qualcosa si stia muovendo proprio in questi ultimi giorni di legislatura ma, memori delle promesse mancate fatteci in passato, non possiamo che attendere i fatti e non farci illudere dalle parole”.

Insomma, si respira una sorta di “rassegnazione” nei confronti di una riforma che ormai è ineludibile, a partire dalle prossime elezioni politiche, con i collaboratori parlamentari che cercano di portare a casa almeno qualche tutela in più, per chi resta.
Per chi rimane senza lavoro, invece, una pacca sulla spalla e un “buona fortuna”. Che importa se si tratta di centinaia di lavoratori? Sono i “portaborse” della politica, gli odiati “raccomandati” che vivono alle spalle di quelli che lavorano “veramente”. Gente di cui nessuno sente il bisogno. Ma è davvero così?

Cosa fa un collaboratore parlamentare.

Il collaboratore parlamentare supporta il deputato o il senatore nella sua attività politica. Significa che si occupa dalle attività di segreteria fino alla consulenza nell’ambito dell’ufficio legislativo, passando per compiti di ufficio stampa, gestione delle comunicazioni, organizzazione eventi o incontri, traduzioni, elaborazione testi e dati, compilazione dossier e report, studio e valutazione di proposte di legge e tutto quello che può servire al parlamentare a “concretizzare” la propria attività. Insomma, il collaboratore parlamentare è parte fondamentale dell’attività politica. Una figura tecnica altamente specializzata, senza la quale il lavoro in Camera e Senato sarebbe sostanzialmente impossibile.
Con meno parlamentari, quindi, ci saranno meno collaboratori; gli altri si dovranno reinventare, d’altra parte in Italia capita spesso. Capita meno spesso, però, che ciò avvenga nel silenzio generale e forse con qualche vaga forma di compiacimento, come se quei lavoratori dovessero scontare di riflesso quella “antipatia per la politica” che ha fatto la fortuna di molti. Paradossalmente, di molti politici.
Non resta che verificare se gli obiettivi di questa “guerra alla casta” saranno raggiunti. Intanto inizia la conta delle vittime collaterali.

(foto ilsole24ore.it)

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