Camere con vista

Governo, Conte minaccia ancora la crisi: grandi manovre al Centro

Governo, Conte minaccia ancora la crisi, ma rischia una nuova scissione. Grandi manovre al Centro. Berlusconi: il Centro sono io. Nuovo appuntamento di "Camere con vista".

Governo, Conte minaccia ancora la crisi, ma rischia una nuova scissione. Grandi manovre al Centro. Berlusconi: il Centro sono io. Nuovo appuntamento di “Camere con vista”, l’editoriale di Giuseppe Sanzotta.

Governo, i sondaggisti impietosi infieriscono sui 5Stelle con fosche previsioni e Conte continua a interrogarsi: mi si nota di più se esco o resto? Così, in assenza di una risposta definitiva, un giorno minaccia la crisi e il giorno dopo la rinvia. Lo fa utilizzando parole da prima Repubblica, come cambio di passo, discontinuità ecc. Ma del tutto originale è il risvolto psicologico che affiora: i 5Stelle si lamentano per non essere considerati come meritano. Insomma ricevono poche coccole da quel burbero di Draghi.
Così fa notizia il fatto che durante un recente Consiglio dei Ministri, il premier nel dare la parola a Patuanelli dica: Stefano a te la parola. Lo ha chiamato per nome, si interrogano in molti. Perché? Di solito Draghi non lo fa, è più formale. Così ci si interroga come si fosse all’asilo Mariuccia. Coccole e risvolti psicologici a parte, la verità è che Conte si è cacciato in un bel guaio.
Da una parte vorrebbe stringere l’alleanza con Letta per dare una prospettiva politica al movimento, dall’altra deve fare i conti con le scissioni, quella di Di Maio rischia di non essere l’ultima.

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I rapporti con Grillo sono un rebus. Il fondatore sembra assistere passivo all’evaporazione del suo movimento, interviene solo per gelare quanti avevano preso un certo gusto alla poltrona: due mandati e poi a casa. In realtà stando ai sondaggi a casa ci potrebbero andare in molti, Allora l’obiettivo è recuperare i voti persi. E torna il solito dilemma: meglio dall’opposizione o dal governo? Conte sa che se rompe con Draghi rompe anche con il Pd. Andrebbe in fumo la sua strategia politica. Non solo, ma girano già voci su una quindicina di parlamentari pronti a lasciare i 5Stelle in caso di rottura. Inoltre, può essere Conte l’uomo delle barricate? Uno che è stato per due volte premier? Così scalda i muscoli il Che Guevara di Roma Nord, Alessandro Di Battista, che è fuori dal movimento, ora fa reportage, ma che per l’ala dura è sempre un punto di riferimento. Lui non accetta nessuna collaborazione con la sinistra.
Potrebbe sfidare Conte?
Poi c’è l’ex sindaco di Roma Raggi che scalpita, nella Capitale ha preso una bella scoppola, ma non demorde. Era legata a Di Maio, ma non lo ha seguito. Lei, anche per le vicende personali, vede il Pd come fumo negli occhi. Ma cosa farà in futuro?
Una parte dei parlamentari spinge per la crisi, un’altra per restare nel governo pesando di più. Poi c’è la base, o quel che resta, che non avendo nulla da perdere (le poltrone) preferirebbe la crisi. Così Conte si barcamena, minaccia ma non rompe.

ministri governo draghi

È stato così alla Camera nei giorni scorsi votando la fiducia. Giovedì si replica al Senato. Così si rialza il tono minaccioso, anche se da qualche parte si fanno i conti per arrivare alla conclusione che i voti di quel che resta del movimento non sono determinanti. Una parte del movimento è rappresentato da Di Maio che assicura lealtà al governo.
Lealtà che sul fronte politico opposto sembra manifestare la Lega che vuole incalzare il governo, ma sembra aver messo da parte propositi di rottura. Sarà semmai a settembre, nel raduno di Pontida, che si indicherà la linea. Per vincere alle prossime elezioni la Destra avrà bisogno anche del centro. E qui sono in atto grandi manovre, ma guardando alle prossime elezioni, fino ad allora massima collaborazione con il governo Draghi. In realtà ci sono più leader che voti.
Una galassia di sigle che potrebbe avere un peso in caso di accordi. Per ora vanno tutti in ordine sparso.
Di Maio è andato da Sala, l’ipotesi è un partito dei sindaci, Calenda si muove con il suo partitino ma rifiuta ogni intesa con i 5 Stelle o ex (leggi Di Maio). Renzi è sulla stessa linea, ma questo non lo avvicina a Calenda, i due sono spesso ai ferri corti.
Poi c’è tutta l’area più vicina al centrodestra. Toti ha organizzato a Roma una convention, l’obiettivo è quello di dare forza alla componente centrista. A salutarli è andata la ministra Gelmini, uno sgarbo evidente e voluto a Berlusconi.
Del resto Gelmini, come Carfagna e Brunetta vorrebbero una forza di centro europeista più legata al Partito popolare europeo. Brunetta si era spinto anche ad auspicare una riforma proporzionale prima del voto, per riprodurre anche nella prossima legislatura il modello del governo Draghi. I movimenti centristi piacciono poco a Berlusconi, che teme ripercussioni per Forza Italia. Così continua a ripetere che è il suo partito la sola garanzia di moderazione.
Sono i preliminari della campagna elettorale, che in autunno entrerà nel vivo. Stavolta con scenari e alleanze ancora da definire.
Un problema per il governo navigare tra tante fibrillazioni. Una navigazione pericolosa perché qualche scoglio può affiorare imprevisto.

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