Politica

Di Maio, perchè lascio i 5 stelle

Parla Luigi Di Maio: perché lascio i 5 stelle. L’obiettivo è quello di contribuire a formare uno schieramento riformista

A Roma fa caldo, è ancora più caldo per i protagonisti di una giornata intensa, per alcuni storica.

E il salone dell’albergo al centro di Roma non basta per contenerli tutti: ex 5stelle, fotografi, giornalisti. E nella ressa c’è chi spera che il covid non sia alleato di Conte. Ma l’entusiasmo supera ogni timore.

La sala è piena quando fa il suo ingresso Di Maio.

Non deve fare annunci, da alcune ore è chiaro che lui non fa più parte del movimento. Non è una questione personale, fa capire, è il movimento che è ambiguo. Non ci possono essere ambiguità tra Russia e Ucraina, tra invasori e aggrediti. Le ragioni della sua scissione le ha spiegate anche al presidente Mattarella subito dopo il dibattito al Senato. Da oggi il movimento 5Stelle, che aveva vinto le elezioni del 2018, non è più la prima forza parlamentare.
E’ una decisione difficile, tiene a precisare il ministro degli Esteri, ma la scelta è presa senza rimpianti. “Mi ha dato tanto, ma anche io ho dato al movimento”.

Adesso si volta pagina perché non era più possibile continuare così. C’è bisogno di una Europa unita, e di governi autorevoli. Invece quello italiano è stato indebolito da polemiche strumentali del maggior partito in Parlamento. I 5Stelle hanno messo in difficoltà il governo.

Le parole di Di Maio sono dure, parla di irresponsabilità, di ambiguità filo russe. Di attacchi personali. Se le ultime vicende sono state la causa scatenante della rottura, in realtà la divaricazione ha radici più profonde. Così Di Maio ammette che molte posizioni del passato erano sbagliate, e per questo vanno corrette. L’Italia deve essere europeista e filo atlantica senza incertezze. E’ finita un’epoca e inizia un nuovo percorso con l’obiettivo di aggregare le migliori capacità: “uno non vale l’altro”.

Una affermazione che cancella un punto fermo della narrazione grillina, quell’uno vale uno che è stato sbandierato fin dalla nascita. E per finire c’è un no secco ai populismi, ai sovranismi e alla demagogia. Un cambiamento radicale che segna anche il superamento del principio ispiratore dei 5Stelle, quello cioè di creare una forza politica autonoma e autosufficiente. Niente di tutto questo in “Insieme per il futuro”. L’obiettivo è quello di collegarsi con altre forze riformiste, ma soprattutto aggregarsi a quel tentativo di dar vita a un partito dei sindaci. Il raggruppamento che sta cercando di mettere insieme il sindaco di Milano Beppe Sala. Si parla di coinvolgere i sindaci di Venezia e di Firenze, quelli di Genova e Pizzarotti che per 10 anni ha guidato Parma. Di Maio offre un gruppo parlamentare consistente, c’è chi parla di una cinquantina di deputati e 15 senatori. Le adesioni stanno arrivando.

Conte tace, fa solo sapere attraverso un comunicato del partito che non lascerà la maggioranza. Si vedrà se sarà così. Sicuramente non si aspettava una tale emorragia. E non è da escludere che sia contestato anche da chi non ha seguito il ministro degli Esteri. Letta tace. Questa scissione potrà cambiare le strategie. Ora si interroga su cosa farà Conte, se dovesse riportare il movimento lungo una deriva movimentista, una intesa sarebbe difficile. Però un Conte barricadero è difficile da immaginare. Il Pd aspetta, forse alla fine l’iniziativa di Di Maio potrebbe creare una movimentazione politica funzionale al Pd e dare qualche speranza in più al progetto di un campo largo. Progetto per ora parso alquanto velleitario. Per i 5Stelle, comunque, potrebbe essere la fine, anticipata ancor prima del voto politico.
A Destra si guarda con finto disinteresse. Un fatto è certo al momento: il centrosinistra è indebolito. Poi si vedrà. Per il governo si vedrà subito se ci saranno conseguenze. Si vedrà oggi stesso alla Camera con il dibattito sulle comunicazioni di Draghi.

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