Cultura

Tutti i Santi giorni, 19 giugno: Corpus Domini

Per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 19 giugno, la Solennità del Corpus Domini.

Per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 19 giugno, la Solennità del Corpus Domini.

Il 19 giugno di quest’anno ricorre la Solennità del Corpus Domini. La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, comunemente nota con l’espressione latina Corpus Domini, è una festività mobile: in Italia si celebra la domenica successiva alla festa della Santissima Trinità e rievoca la liturgia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo. Questa solennità nacque nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio, per celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia in reazione alle tesi di Berengario di Tours, secondo il quale la presenza di Cristo nell’Ostia consacrata non era reale, ma solo simbolica. Fu grazie a suor Giuliana di Cornillon, una monaca agostiniana vissuta nella prima metà del XIII secolo, che la festività fu introdotta nel calendario cristiano. Si tramanda che da giovane ebbe una visione della Chiesa con le sembianze di luna piena, ma con una macchia scura, a indicare la mancanza di una festività; inseguito le apparì Cristo stesso che la invitò a adoperarsi affinché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento per espiazione dei peccati contro l’Eucarestia. Furono proprio le insistenti richieste della monaca a far sì che, nel 1246, il vescovo di Liegi, Roberto de Thourotte, convocasse un concilio e ordinasse, a partire dall’anno successivo, la celebrazione della festa del Corpus Domini. Alcuni anni dopo, divenuto pontefice nel 1264 con il nome di Urbano IV, dopo aver riconosciuto il miracolo eucaristico di Bolsena, fece promulgare la bolla Transiturus de hoc mundo, con la quale istituì la solennità del Corpus Domini come festa di precetto e la estese alla Chiesa universale. In occasione della solennità del Corpus Domini si porta in processione, racchiusa in un ostensorio sovrastato dal baldacchino, un’ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: adorando l’Ostia si adora Gesù vivo e vero, presente nel Santissimo Sacramento. Nelle città di Orvieto e Bolsena inoltre vengono portate in processione le reliquie del miracolo eucaristico di cui fu protagonista il sacerdote boemo Pietro Da Praga nel 1263, presso l’Altare del Miracolo situato nella basilica di Santa Cristina nella città di Bolsena.

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Per quanto riguarda l’iconografia legata al Corpus Domini, sin dalla prima cristianità si utilizzarono elementi tratti dal mondo classico e pagano, riletti in chiave cristologica. Si tratta prevalentemente di simbolismo teriomorfo, cioè di immagini del mondo animale: il pesce, il delfino, l’agnello, il pellicano, il corvo e l’unicorno. Il pesce, già legato a molte culture e religioni precristiane, diviene intorno al II secolo un simbolo cristologico: ichthus (“pesce” in greco) è un acrostico per indicare Iesous CHristos THeos Uios Soter, “Gesù Cristo figlio del Dio Salvatore”; inoltre, contemporaneamente, diventa anche emblema del sacramento dell’Eucarestia, come nella cripta di Lucina nelle catacombe di San Callisto, in cui è affrescato un pesce sormontato da una cesta di pani, simbolo eucaristico per eccellenza.
L’accostamento di Cristo al pellicano fu influenzato dalle numerose leggende sull’animale riportate nel Physiologus tra II e IV secolo d. C., una sorta di trattatello naturalistico in lingua greca, in cui la descrizione degli animali è esposta con fini moralizzanti. All’epoca era diffusa la leggenda che il pellicano, per sfamare i piccoli, in mancanza di cibo, si strappasse di brandelli di carne dal petto in un gesto di stremo sacrificio. In realtà il pellicano trasporta le prede nel becco, così, quando ne estrae i pesci, spesso macchia il proprio piumaggio bianco con il sangue delle prede. In ogni caso, l’immagine ben si prestava a simboleggiare il Figlio di Dio che dona il proprio corpo come cibo e il proprio sangue come bevanda durante l’ultima cena. Il parallelismo si rafforzò ulteriormente nel 1264, quando fu istituita la festa del Corpus Domini e vennero composti cinque inni solenni dedicati all’Eucarestia, attribuiti a San Tommaso d’Aquino: in uno di questi si legge appunto «Pie pellicane, Iesu Domine, me immundum munda tuo sangue» [Pio Pellicano, Signore Gesù, purifica me immondo con il tuo sangue]. Pochi anni più tardi l’allegoria viene ripresa nella Divina Commedia, nel Paradiso, quando, riferendosi all’ultima cena in cui Giovanni reclina la testa sul petto di Gesù, Dante scrive (XXV, 112-114): «Questi è colui che giacque sopra/’l petto del nostro pellicano,/ e questi fue di su la croce/ al grande officio eletto».
Sempre nelle catacombe romane si trovano numerosi affreschi, databili tra il II e il IV secolo, dove l’agnello, già animale sacrificale in molte religioni precristiane, diviene simbolo di Cristo e del suo sacrificio per la salvezza degli uomini.

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