Abruzzesi nel mondo

Manuel Fangio, il campione di F1 d’origine teatina

Manuel Fangio, la vita del campione nella rubrica Abruzzesi nel mondo di SergioVenditti.

Manuel Fangio, il campione argentino di Formula 1 d’origine teatina

MANUEL FANGIO, LA STORIA DI – Il pilota più grande di sempre della Formula 1, J.M.Fangio, era nato il 24 giugno 1911, a Balcarce, vicino Buenos Aires, dal padre Loreto (nato nel 1880 a Castiglione Messer Marino-Ch) e dalla madre Erminia D’Eramo (classe 1885), da Tornareccio (Ch), che ebbero anche Renato e Carmen. Il leggendario campione, resta sempre Lui, soprannominato “El Chueco”(Lo Storto), per via delle sue gambe arcuate, che partì come meccanico dal suo paese natio, diventando un vero e proprio ” uomo-macchina”, quasi come un suo ingranaggio. Cosi, prima con una durissima gavetta nei circuiti minori, spesso in condizioni estreme, arrivò ad emergere come il migliore pilota, cinque volte campione del mondo, imbattuto per decenni. Una vita avventurosa quella di Fangio, tipica degli anni della frontiera sudamericana del ‘ 900, che lo fecero diventare il simbolo del riscatto, non solo dell’emigrazione italiana nel mondo, ma di tutti gli esclusi, con la tenacia ed il coraggio dei migliori talenti, come il suo corregionale R. Marciano, l’imbattuto boxer di sempre. Una vita di successi sportivi, quella di J.M. Fangio, con un padre muratore ed una madre sarta, che diventa il simbolo di un’intera generazione, ma anche del continente latino- americano, dopo il suo rapimento nella capitale di Cuba, il 23 febbraio1958. Lì prima di correre il suo Gran Premio, si vissero le ventisette ore più drammatiche di “El Chueco”, che era al crepuscolo di una fulgida carriera e venne sequestrato dai ribelli castristi, per protestare contro il regime agonizzante di F.Batista. Un campionissimo. amato e rispettato comunque da tutti, che suggerì anche ai suoi rapitori di rilasciarlo nelle mani del suo ambasciatore, con le loro scuse. Il grande Enzo Ferrari, che lo ebbe come pilota, lo ammirava per le sue qualità di tecnico, ma forse anche per il suo carattere tipicamente abruzzese, di poche parole, riservato e concentrato sul lavoro. Uno spaccato umano, anche con le sue spigolosità, che lo fecero emergere solo in età natura, a trentasette anni, nel circo della Formula 1, in cui però la differenza la facevano ancora i piloti, più che la qualità delle fuoriserie. Nel nostro Paese approdò nel 1948, come capitano dell’Argentina di J.D.Peron, per vincere già nel 1951,il campionato del mondo, con una formidabile Alfa Romeo, per passare poi alla Maserati, alla Ferrari ed alla stessa Mercedes- Benz, a cui restò legato dopo, come suo dirigente. Un mito legato anche alla vittoria della famosa “Mille Miglia” nel 1955, insieme a S.Moss. Tanti successi, in tutti i circuiti, da cui uscì sempre vivo, in anni terribili, che videro la scomparsa di suoi bravi colleghi (come Varzi ed Ascari) Uno stile unico quello di Fangio definito “antiretorico, metodico e preciso”, con pochi errori, in cui lui guidava la macchina sempre al limite, (anche con la frizione bruciata, “cambiando a orecchio”), oggi impensabile, di fronte al trionfo della tecnologia d’avanguardia. Nel 1957, Fangio corse nei suoi Abruzzi, quando Pescara ospitò con il suo lunghissimo circuito (oltre 25 km), una gara del campionato mondiale, con la pole position proprio sua, a bordo di una Maserati, che però arrivò seconda dopo S.Moss, con sole sette delle sedici vetture partite. Non l’unica presenza di Fangio nella terra della sua famiglia, che lo portò anche nel 1989 a Pescara, per inaugurare la strada dedicata al grande Enzo Ferrari e poi a visitare, in incognito, il paese del padre. Così come fecero dopo i suoi due figli riconosciuti, Oscar e Ruben, (oltre J.Carlos), avuti da diverse relazioni del campione, che tornarono a Castiglione Messer Marino, a conoscere la casa del nonno Loreto. Il campionissimo si spense il 17 luglio 1995 a Buenos Aires. Ancora oggi il mito di J.M.Fangio resiste all’ usura del tempo, avendo lasciato ai suoi eredi un ingente patrimonio, ma soprattutto un imperativo morale di continuare ad onorarne la memoria, anche promuovendo nuovi progetti per i giovani talenti della velocità, di casa come J.Trulli. Si ricorda sempre quello che il grande M.Schumacher, l’unico a superare il suo record, dichiarò su J.M. Fangio: “Resta il più grande di tutti, perché gareggiava in condizioni di rischio estremo”. Il brivido della velocità, che anche il cinema americano rilancerà’ con le sue star al volante, come J.Dean, S.Mc Queen ed anche Paul Newman. Lo stesso mito “Futurista” del nostro Gabriele D’ Annunzio, celebrò la velocità e la macchina, incontrando nel 1932 il grande pilota Tazio Nuvolari, regalandogli una tartarughina, con la sua foto e la dedica:” All’ uomo più veloce del mondo, l’animale più lento”.

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