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Aiuti Covid e aziende, la bolla sta per scoppiare: subito pace fiscale

Con la fine dell'emergenza Covid 19 l'Agenzia delle Entrate torna a bussare alla porta delle piccole e medie imprese: "Nel 2022 molte aziende in difficoltà, serve un provvedimento di pace fiscale".

Con la fine dell’emergenza Covid 19 l’Agenzia delle Entrate torna a bussare alla porta delle piccole e medie imprese: “Nel 2022 molte aziende in difficoltà, serve un provvedimento di pace fiscale”.

“Le misure di sostegno pubblico legate al Covid 19 hanno creato un effetto bolla e con la fine dell’emergenza molte piccole e medie imprese si troveranno in difficoltà”. Così la consulente del lavoro Daniela Bontempo, sentita dal Capoluogo.it in relazione alle numerose segnalazioni ricevute da aziende che a pochi giorni dalla fine dell’emergenza, già si ritrovano a confrontarsi con accertamenti e ruoli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
“Se da un lato – spiega la consulente – non si registra ancora un’esplosione di insolvenza, dall’altro – considerata la temporaneità degli interventi – appare molto probabile che presto aumenti il rischio di insolvibilità legato alla progressiva riduzione dei sostegni economici che hanno creato l’effetto bolla. Sono molte le imprese che hanno rinegoziato canoni di locazione, fatto ricorso ad ammortizzatori sociali, subito un calo di fatturato significativo, e molte vertono in stato di grave difficoltà economica, soprattutto al Centro Sud. Il nostro territorio poi paga anche il doppio disagio della crisi del terremoto”.
Ripercussioni anche sul mondo del lavoro: “In una situazione instabile come questa, c’è molta paura nell’affrontare il futuro e si vede plasticamente anche sul lavoro, con un freno sostanziale a contratti e assunzioni“.
Per questo, “abbiamo bisogno di interventi precisi, straordinari e definitivi che non vadano ad ingigantire l’effetto bolla, ma diano certezze e respiro alle aziende. C’è la necessità di intervenire sull’Agenzia delle Entrate, prorogando la sospensione ruoli, che ormai sono già ripartiti, ma finalizzata ad attendere nuove misure di pace fiscale da parte del governo. Serve inoltre un dialogo forte con le banche e un intervento a gamba tesa sui costi del lavoro, per permettere alle aziende di ripartire veramente”.

La conferma della situazione di precarietà di molte aziende abruzzesi arriva anche dallo studio realizzato da Aldo Ronci per la CNA Abruzzo, relativo all’andamento delle imprese nel primo trimestre del 2022. “Tra gennaio e marzo di quest’anno – spiega il curatore dell’indagine – le iscrizioni sono state 532, contro 657 cessazioni. Le imprese artigiane, insomma, hanno subito un decremento di 125 unità, che in valore percentuale vuol dire una flessione dello 0,43%, dato sei volte superiore a quello nazionale, che è stato dello 0,07%: con la conseguenza che l’Abruzzo si piazza al quint’ultimo posto nella graduatoria nazionale tra le diverse regioni”.
L’andamento negativo si “spalma” in tutte e quattro le province abruzzesi, con Teramo che si aggiudica il risultato peggiore con un saldo negativo di 51 imprese. Con Chieti lievemente più giù (-35), Pescara a quota -27 e L’Aquila a -12. A subire riduzioni, dal punto di vista dei comparti produttivi, sono stati un po’ tutti i settori: la manifattura, innanzi tutto (-67, con i dati più negativi registrati a Chieti e Pescara), seguita da ristorazione -(22), trasporti (‐18), servizi per la persona (‐12), riparazioni di auto e prodotti per la casa (‐10). In controtendenza, probabilmente per la forte spinta al comparto generata dal “Superbonus 110%” e dalle misure collegate, si pone il settore delle costruzioni (+14), insieme alle attività di pulizia e giardinaggio (+13). A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, o se si preferisce un po’ meno vuoto, va detto che la flessione di 125 unità segna comunque un risultato migliore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: “Questo miglioramento – dice ancora Ronci – si spiega con il fatto che, in controtendenza con l’andamento generale, le iscrizioni (+83) sono tornate a crescere; e dall’altro che le cessazioni (‐59) sono anch’esse in controtendenza con l’andamento generale, continuando a registrare una flessione”.
“I numeri negativi, che rappresentano ormai una costante degli ultimi anni – osserva il direttore regionale di CNA Abruzzo, Graziano Di Costanzo – dimostrano ancora una volta come occorra puntare l’attenzione sul mondo dell’artigianato e della micro impresa, che in Abruzzo sono oltre 28mila con quasi 70mila addetti. Chiediamo, con le altre associazioni d’impresa, di intervenire al più presto con una serie di misure che vanno dal credito agevolato al sostegno ai processi di innovazione e internazionalizzazione: ovvero gli strumenti che possono aiutare questo mondo a competere. Tutto questo in un momento in cui, oltretutto, ai fattori negativi tradizionali si sommano anche quelli contingenti legati ai rincari delle materie prime, dell’energia e dei carburanti e ai danni collaterali provocati dal conflitto in corso tra Russia e Ucraina. In questo senso voglio ricordare come da ben tredici anni giaccia del tutto inapplicata una legge regionale di settore su cui in questo periodo non è mai stato previsto nei bilanci dell’ente neanche un centesimo. Eppure, se applicate, alcune delle sue misure, come aiuto allo start-up, trasmissione d’impresa e tutta la partita sul rilancio dell’artigianato artistico e tradizionale, potrebbero ridare slancio e sviluppo a un settore che produce una parte importante del Pil regionale e che dà lavoro a circa il 15% del totale di tutti gli occupati in Abruzzo”.

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