L'aquila

6 aprile 2022, luci nel silenzio: il racconto per immagini

L'AQUILA - Riavvolgiamo il nastro di questa notte: la fiaccolata, i nomi scanditi al Parco della Memoria, i 309 rintocchi della campana delle Anime Sante. 6 aprile 2022, la commemorazione delle vittime, a 13 anni dal terremoto.

L’AQUILA – Riavvolgiamo il nastro di questa notte: la fiaccolata, i nomi scanditi al Parco della Memoria, i 309 rintocchi della campana delle Anime Sante. 6 aprile 2022, la commemorazione delle vittime, a 13 anni dal terremoto.

Tante piccole luci che finalmente tornano insieme e il croco, fiore dello zafferano, simbolo della fatica per la rinascita, ma anche della sua bellezza. Memoria e futuro, ricordo e speranza. È iniziato dal Tribunale dell’Aquila il silenzioso tributo alle 309 vittime del terremoto 2009 che, dopo due anni di pandemia, ha riconquistato i posti del cuore, quelli calcati da tempo e i nuovi, come il Parco della Memoria, dove una stele parte dai nomi scolpiti, a pochi centimetri da terra, fino a toccare il cielo, in una sorta di ricongiungimento ideale tra carne e spirito, terra e cielo, dolore e speranza.
Tante piccole luci, nelle immagini della notte più lunga dell’Aquila, che riflettono altrettanti colori. L’arcobaleno della pace, offesa in troppe parti del mondo, dallo Yemen alla Palestina, fino alle porte dell’Europa. Tra i colori di questa notte, anche il blu e giallo della bandiera dell’Ucraina, che per mano di due atleti della nazionale di ciclismo ospitati nel capoluogo abruzzese, hanno acceso quel fuoco che quest’anno dà un significato in più alle commemorazioni del 6 aprile, oltre quello che si è già imposto da due anni, per via della pandemia.

Tra gli altri colori riflessi nelle fiaccole e negli occhi commossi degli aquilani, non potevano mancare quelli dei Vigili del Fuoco e le forze dell’ordine, il primo faro di speranza, già tra le macerie del terremoto. Quelli che quando passa il Corteo della Bolla li senti annunciati da un applauso scrosciante che li segue durante tutto il passaggio. Perché prima degli aiuti, prima delle visite dei Capi di Stato, prima delle ricostruzioni e inaugurazioni, tra le macerie c’erano loro, a salvare i vivi ed estrarre i morti. I primi a dire al mondo e agli stessi aquilani, in quel loro modo speciale fatto di silenzio e lavoro, che nonostante la tragedia e il dolore, L’Aquila non era finita. Ferita sì, finita mai.
E poi tanti altri colori, uno per ogni aquilano. Quelli con fiaccola e croco in fila, in rispettoso silenzio, e quelli che sono rimasti a casa, a guardare dalla finestra una luce che si alzava da piazza Duomo al cielo. Un colore per ogni cuore sospeso a ricordare un volto, un sorriso che manca, un colore per ogni battito che riprende a pulsare, dopo quella pausa dalla vita che dal 2009 si chiama 6 aprile.

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