Cultura

Gioconda Torlonia, sulle tracce di Leonardo nella Marsica

Tutti pazzi per la Gioconda Torlonia "ritrovata" a Roma. Chi l'ha dipinta e come si trova al Quirinale?

Tutti pazzi per la Gioconda Torlonia “ritrovata” a Roma. Chi l’ha dipinta e come si trova al Quirinale?

Negli ultimi giorni è tornata alla ribalta dell’attenzione nazionale la questione della cosiddetta Gioconda Torlonia, di cui IlCapoluogo.it aveva scritto già lo scorso anno, nell’ambito di un approfondimento circa la presenza di Leonardo da Vinci in Abruzzo.

Leonardo da Vinci sulle vette d’Abruzzo

L’opera, che misura 70 centimetri per 50, è stata realizzata su tavola probabilmente nel ‘500 e trasportata su tela nel Settecento verosimilmente in Francia, come lascerebbe supporre quanto riportato in un foglietto di carta incollato al telaio, scritto appunto in francese, che menziona esplicitamente l’operazione di trasporto della pittura. La copia della Monnalisa fu custodita a lungo in Francia e poi inventariata a partire dal 1814 nella collezione Torlonia di Roma. Non sono note al momento le circostanze che condussero il dipinto in Francia, né le sue vicende precedenti all’inventario Torlonia compilato da Giuseppe Antonio Guattani.
La famiglia Torlonia, da cui prende il nome questa pregevole copia, è proprietaria della più vasta collezione privata di arte al mondo: si tratta di 77 stanze nel palazzo di via della Longara, in cui sono custodite opere provenienti dagli scavi effettuati nelle proprietà della famiglia, tesori delle antiche ville romane, ritrovamenti sul fondo del lago Fucino, e fu costruita anche attraverso l’acquisto di molte opere provenienti dalle raccolte delle grandi famiglie romane cadute in disgrazia. Tra le opere della collezione spiccava senz’altro la copia della Gioconda, attribuita a Berardino Luini, pittore contemporaneo di Leonardo, rimasta in possesso dei principi fino a che Don Giovanni Torlonia la donò nel 1892 allo Stato italiano. Oggi il dipinto, restaurato nel 2019, è conservato nella Sala Aldo Moro di Montecitorio. Sul retro del quadro è ancora possibile ammirare i due sigilli con lo stemma della famiglia romana.

gioconda torlonia

Nel precedente articolo del 2021 si evidenziavano i legami tra Leonardo da Vinci e i Torlonia, riconducibili non solo alla Gioconda ma anche a un altro curioso particolare. All’ingresso di Villa Torlonia ad Avezzano, infatti, sul soffitto sovrastante l’affresco in cui è raffigurato il castello di Celano affacciato sul lago del Fucino, si possono osservare tre ritratti, quelli di Giulio Cesare, Leonardo da Vinci e Alessandro Torlonia. Il Principe, quindi, fece dipingere il volto di Leonardo tra il suo ritratto e quello di Cesare, cioè tra il primo ad aver avuto l’idea di prosciugare il lago e colui che era riuscito nell’impresa. Per provare a spiegare le ragioni di tale accostamento, bisogna ricordare che tra le opere di Leonardo una più delle altre si avvicina a questo ardito progetto: il prosciugamento delle paludi Pontine. In una carta geografica datata 1514, Leonardo da Vinci realizzò un’insolita visuale a volo d’uccello delle paludi Pontine a penna, inchiostro ed acquerello, nell’ambito degli studi compiuti per la loro bonifica. Il progetto, che avrebbe dovuto essere compiuto attraverso canali e macchine idrovore, venne commissionato e finanziato da Papa Leone X ma non vide la luce a causa della scomparsa del pontefice. Tuttavia, il sistema ideato da Leonardo era talmente efficace che venne usato per i successivi lavori del periodo fascista. Gli studiosi ipotizzano che Leonardo possa aver preso spunto per i suoi progetti proprio dalla più grande opera idraulica dell’antichità, cioè i Cunicoli di Claudio. Si tratta di un lungo canale sotterraneo, sei cunicoli e trentadue pozzi, che l’imperatore Claudio fece costruire tra il 41 e il 52 d.C. per prosciugare il lago Fucino con lo scopo di salvaguardare i paesi marsicani dalle inondazioni e rendere i terreni emersi coltivabili. Questa analogia nella tecnica di bonifica avvalorerebbe la tesi che Leonardo da Vinci abbia soggiornato nella Marsica e abbia potuto studiare da vicino il sistema ideato dall’imperatore romano.

Inoltre, il legame tra Leonardo e questo territorio sarebbe suffragato dal fatto che diversi suoi disegni sono stati realizzati sulla carta della gualchiera di Celano. Qui, oltre alla follatura della lana che serviva a impermeabilizzare le tele infeltrendole, veniva lavorato il cotone con cui si fabbricava la carta e quella marsicana era tra le più importanti del medioevo ed è tutt’oggi esistente. Già nel ‘500 i maestri cartai di Celano erano molto rinomati in tutto il Regno di Napoli, insieme con quelli del Vetoio e delle cartiere dell’Aquila e Sulmona. Altra testimonianza dell’ipotetico viaggio di Leonardo in terra d’Abruzzo è da ricondurre al cosiddetto Manoscritto Lauri, uno dei tre apografi del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci, che venne realizzato sulla carta della cartiera di Celano. Del Codice, di proprietà della famiglia Lauri di Pescara, inedito fino al 2019, racconta il professor Giampaolo Ghilardi nell’ambito del “Progetto Codice Lauri”: fu compilato dall’allievo più fedele del maestro, Francesco Melzi, attorno al 1540, a vent’anni circa dalla morte di Leonardo. Si tratta quindi di un’opera postuma di cui, a partire dal XVII secolo, cominciarono a circolare presso gli artisti europei delle copie abbreviate e che influenzarono la teoria e la pratica artistica dei secoli a venire. Venuta in possesso del dott. Gaetano Lauri nel secolo scorso, questa copia è stata eseguita nella seconda metà del XVII secolo tra Roma e l’Abruzzo, forse proprio nel territorio di Celano, come suggerirebbe la filigrana della carta in cui, in controluce, è possibile scorgere lo stemma e il nome della città marsicana.

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