Camere con vista

Calenda e il suo programma, terremoto politico o grande bluff

Carlo Calenda ci prova. Non vuole essere una meteora politica, prende le distanze da Renzi e sogna in grande: Porto il partito (Azione) al 20 per cento e poi lascio.

Calenda e il suo programma, terremoto politico o grande bluff. Nuovo appuntamento con lo spazio “Camere con vista”, a cura dell’editorialista Giuseppe Sanzotta.

Carlo Calenda ci prova. Non vuole essere una meteora politica, prende le distanze da Renzi e sogna in grande: porto il partito (Azione) al 20 per cento e poi lascio. Come ambizione non c’è male per chi, stando ai sondaggi, naviga tra il 2 e il 4 per cento. Si fa forte del successo ottenuto alle comunali di Roma dove, da solo, è arrivato a sfiorare il 20 per cento. Ma quella è una storia diversa. Comunque il progetto è chiaro non solo nelle parole, ma negli atti e forse anche le reazioni sono incoraggianti. Al congresso di Azione, un partito nato da una costola del Pd, ha invitato tutte le forze politiche ad eccezione di Fratelli d’Italia e 5Stelle. Questo è il suo ambizioso campo largo che ha prospettato prima di tutto a Letta, che – intervenendo al congresso – ha detto che vuole questa alleanza, ma senza sciogliere il nodo 5Stelle. Anche perché, fanno notare i grillini non invitati, noi siamo al 16 per cento (ottimisti) e Calenda è al 2.

Carlo Calenda

Forse i dati reali sono diversi, ma al momento se Letta – che pure dice di poter vincere alle prossime politiche – vuole una forza capace di competere non può fare a meno dei voti dei 5Stelle. Così sulla questione ha tergiversato, aspetta anche lui gli eventi. Al momento i 5Stelle non hanno un gruppo dirigente, sono in caduta libera nei sondaggi e si contrappongono almeno tre anime: la parte che sta con Di Maio, sempre più centrista, quella movimentista che ha come punti di riferimento l’ex sindaco di Roma, Raggi e Di Battista e quella di Conte. Nel Pd c’è chi spinge Letta a considerare una via alternativa, non basando la strategia su Conte. Del resto già alle prossime comunali in diverse città italiane, tra cui l’Aquila, i due partiti stentano a trovare candidati comuni.

Calenda offre la sua alleanza alternativa, anche se poi alla fine ha mitigato i giudizi dei 5Stelle, facendosi forza sulla possibilità di una aggregazione più vasta.

La possibilità di federare un nuovo centro. I segnali che ha avuto potrebbero essere visti in modo incoraggiante.                                       Salvini, invitato, non ha partecipato, ha parlato invece Giorgetti, non chiudendo la porta a un confronto e soprattutto richiamando alla necessità di governare per risolvere i problemi senza pensare alle elezioni. Segnali sono arrivati anche da Forza Italia. Sono contrastanti. Berlusconi ha telefonato a Draghi, ha garantito il pieno sostegno all’azione del governo, un governo di unità nazionale che rivendica di aver suggerito per far fronte alle difficoltà del Paese. Per il futuro, però ipotizza un ritorno al bipolarismo, con centrodestra e centrosinistra alternativi. Non sembra pensarla così Brunetta che, in un’intervista, ipotizza il superamento del bipolarismo ed elogia invece il tipo di coalizione che sostiene Draghi. Anzi, sembra ipotizzare che anche per il futuro ci possa essere questo tipo di approccio. Insomma sarebbe questo il partito di Draghi. Una semplificazione, perché appare evidente che il premier non ha alcuna intenzione di essere un capopartito.

Potrebbe essere però il leader giusto per mediare e tenere insieme forze diverse. E così si torna a Calenda. In fondo ipotizza una alleanza che escluda populisti e sovranisti. Potrebbe essere questa la cornice dove coalizioni diverse possano contendersi il governo del Paese? Oppure questa potrebbe essere la grande coalizione per i prossimi anni? In tutti e due i casi si dovrebbe assistere a una disgregazione e poi a una riaggregazione delle forze in campo. In altre parole, a un terremoto politico che ha alla base un cambiamento della legge elettorale in senso proporzionale, che consente di presentarsi alle elezioni senza coalizioni vincolanti. Sarebbe un terremoto politico. È quello che sogna Calenda. Per riuscire in pieno ci vorrebbe la vittoria nella Lega della linea Giorgetti. Non solo, ma le forze di centrodestra, che insieme sono maggioranza, dovrebbero isolare Giorgia Meloni, che, stando sempre ai sondaggi, è la forza politica maggiore.                                      Al centro le diverse sigle dovrebbero federarsi o comunque stabilire una linea comune. A sinistra il Pd può rinunciare al rapporto con i 5Stelle?
Il sogno di Calenda, ma non è soltanto il suo, è terremotare la politica italiana, con un ritorno a una moderna Prima Repubblica.
Viceversa il rischio è solo di un bluff. La vicinanza delle elezioni spingerà tutti gli attori in campo a coltivare il proprio orticello. In questi giorni viene più volte citata la frase di Orwell sui politici: gli utopisti sono con la testa tra le nuvole i realisti sono con i piedi nel fango.         Chissà chi vincerà.

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