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Covid 19 e scuola: “La riapertura in presenza un errore grossolano”

Scuola e pandemia, il contributo di Flavio Colacito: "La riapertura in presenza un errore grossolano frutto di decisione politiche prese a tavolino che prescindono dalla prevenzione. I ragazzi hanno bisogno di altro".

Scuola e pandemia, il contributo di Flavio Colacito: “La riapertura in presenza un errore grossolano frutto di decisione politiche prese a tavolino che prescindono dalla prevenzione. I ragazzi hanno bisogno di altro”.

“La mancanza di una prospettiva chiara, efficace ed efficiente, per mettere al sicuro la comunità scolastica e tutelare le famiglie, ha indotto il Governo ad intraprendere una strada a mio avviso sbagliata e pericolosa, che non tutela affatto la salute dei giovani e dei lavoratori che hanno pagato fin troppo il peso di una situazione gestita con una certa “arroganza” istituzionale, usando stereotipi pedagogici sul valore della didattica in presenza e tralasciando tutto ciò che non va da decenni, attraverso slogan farciti di ipocrisia che non hanno mai contribuito a cambiare la sostanza: si pensi all’edilizia scolastica, con istituti fatiscenti e non a norma per quanto riguarda il rischio sismico, angusti, alle classi “pollaio” che dovevano essere cancellate, ancora una triste realtà in piena crisi pandemica, alle mascherine inidonee utilizzate contro il Covid, alla sanificazione degli ambienti fatta con mezzi di fortuna, alle finestre rotte non apribili per il ricambio dell’aria, agli assembramenti studenteschi davanti gli ingressi, al caos trasporti, al mancato potenziamento delle linee internet nei plessi scolastici, ecc.”. Lo scrive Flavio Colacito, psicopedagogista, giornalista e  dottore di ricerca in Medicina preventiva e Sanità Pubblica. “La lista delle cose ridicole – sottolinea Colacito – potrebbe andare avanti e non basterebbe certo un articolo per elencare tutte le cose sbagliate, ma ciò che stride con la realtà che stiamo vivendo è la mancanza assoluta di una visione unitaria della politica sui problemi da affrontare, il fatto che l’intero sistema regga sulla sola autorevolezza del Presidente del Consiglio, il “deus ex machina” di un Paese che ha smesso di fare buona politica da tempo, rissoso e diviso su tutto, o quasi, che tiene in piedi una maggioranza posticcia e male assortita tra anime inconciliabili alla canna del gas: insomma, la tempesta perfetta in tempi pandemici. La scuola? “Orfana” da decenni e legata ancora alla riforma Gentile, per cui negli istituti superiori si studia esattamente come negli anni venti del novecento, tanto che uno dei maggiori problemi odierni è mancanza di motivazione nei ragazzi, di entusiasmo e partecipazione attiva, voglia di fare e imparare, non certo per la DAD che nessuno vuole sostituire alla didattica in presenza, solo utilizzare perché rappresenta il male minore tra tutti quelli che la scuola è risuscita a collezionare in tanti anni di lassismo, false promesse, scarsa valorizzazione degli insegnanti, dirigenti burocrati, secondo il concetto lasciato passare sotto traccia, per cui, a conti fatti, la scuola è come un’azienda”.

“Oggi, parlare di riapertura in presenza delle scuole, equivale a voler disconoscere la realtà dei fatti ed è puerile sostenere che i ragazzi – in particolare gli studenti delle superiori – non possano fare a meno dell’ambiente scolastico per socializzare, visto che lo fanno comunque al difuori di quel contesto, utilizzando in modo sistematico social, computer e tablet, incontrandosi nel tempo libero, spesso indotti ad un certo lassismo da false rassicurazioni provenienti dal mondo degli adulti, da sedicenti predicatori no-vax, da alcuni politici dediti alla banalizzazione, da virologi ed epidemiologi schierati : su Open il matematico del Cnr Giovanni Sebastiani ricorda  «si è visto, nel passato, che la ripresa delle attività scolastiche ha dato un impulso all’epidemia». Affermare che attualmente la presenza dei vaccini possa escludere seri rischi, non è per lo studioso una posizione valida. «Peccato che nella fascia tra i 5 e gli 11 anni la copertura vaccinale è pari al 5%, mentre nella fascia 12-19 è pari al 75%. È chiaro che nella popolazione giovanile il virus circola molto, con un’incidenza di due, tre volte superiore alle altre fasce di età». Se si fosse invece pensato ad un rinvio delle riaperture «avremmo potuto mettere in atto quello che non si è mai fatto prima: una campagna di testing nella popolazione scolastica di tipo sierologico e attraverso i tamponi. Nel frattempo avremmo anche abbassato l’incidenza stratosferica attuale. Questa – precisa – è la vera scuola in sicurezza. Il resto sono slogan». A volte, chi prende decisioni, sembra non abbia mai varcato i cancelli di una scuola, forse magari avendo avuto la fortuna di studiare in qualche prestigioso college da 10 studenti per classe: veramente è pensabile fare lezione con una mascherina ffp2 per cinque-sei ore al giorno? Sul serio qualcuno può credere che i ragazzi possano mantenere le distanze di “sicurezza” osservando come automi un rigido protocollo scritto sulla carta? Siamo convinti che in una comunità scolastica, al 100% in presenza, magari di 600-700 studenti, sia possibile rimanere in “sicurezza” con una recrudescenza dei positivi in rapidissima ascesa, le terapie intensive in affanno e i ricoveri ordinari posticipati? Mi chiedo: il sacrificio di medici e paramedici che fine ha fatto nell’italietta delle ipocrisie e dei roboanti annunci ? E i docenti? Non mi risulta che questi si siano trasformati improvvisamente in assistenti sociali a tutto servizio del Governo che per loro non ha previsto nessun riconoscimento economico, visto che in tempo di DAD, hanno lavorato anche più del doppio per consentire la continuità didattica e sono stati tra i primi a vaccinarsi per permettere il riavvio in “sicurezza” del nuovo anno scolastico, nonostante da qualcuno considerati perfino come fossero “untori”, nei fatti avendo all’opposto dimostrato  grande senso di responsabilità.”

“Sia chiaro: non è la scuola in sé il problema, ma chi la occupa, in quanto è dall’esterno che il virus arriva, risultando potenzialmente pericoloso per chi la frequenta. I protocolli scolastici anticontagio, presi singolarmente, sono utili, come fa notare l’epidemiologo del Campus Bio-Medico, Massimo Ciccozzi in un articolo comparso su il “Corriere della Sera”: «Funzionano. E infatti il problema non è la scuola in sé. Il problema è il prima e il dopo sui mezzi pubblici o l’incontro tra compagni che non indossano la mascherina». Aggiungendo la cosa più saggia da fare: «La scuola non deve riaprire. E lo smart working deve proseguire. Almeno fino a fine mese».  In ultima analisi, a mio avviso la vera mortificazione è la totale assenza di una visione unanime bipartisan dei problemi legati alla scuola e all’investimento economico su di essa, in questi giorni tornata di “moda” non per necessità, bensì per dare l’impressione di pensare al bene legato al valore formativo, ai bisogni di chi, pur frequentandola quotidianamente, tornerà ad essere invisibile terminata la tempesta che per ora si affronta sui banchi a rotelle, là dove non siano finiti al macero.”

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