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Furti in Valle Subequana, lo Stato riprenda possesso del territorio

Valle Subequana ostaggio dei ladri da oltre un mese, la Prefettura intensifica i controlli ma i malviventi si prendono gioco dello Stato. È ora di riprendere il controllo.

Valle Subequana ostaggio dei ladri da oltre un mese, la Prefettura intensifica i controlli ma i malviventi si prendono gioco dello Stato. È ora di riprendere il controllo.

I tempi della chiave dietro la toppa sono andati da un pezzo, si sa. Anche il quadro che voleva i piccoli borghi oasi di tranquillità non convince più nessuno. Nessuna sorpresa in questo senso e nessuna nostalgica lagnanza fuori tempo massimo. Un conto però è “rassegnarsi” ai tempi che cambiano, un conto è doversi arrendere a una banda di ladri che imperversa da un mese nel territorio. Questo non si può accettare. Non ci arrendiamo noi e non può arrendersi lo Stato, che può e deve riappropriarsi immediatamente del territorio.

La cronaca delle ultime settimane è purtroppo nota: una banda di ladri ben organizzata imperversa in lungo e largo, mettendo in atto colpi in serie, più volte al giorno anche a distanza di pochi chilometri. A volte prendono ori, a volte contanti, a volte niente. Tutte le volte, però, fanno danni, materiali e psicologici. Dopo un mese, infatti, la popolazione locale è sempre più preoccupata e allo stesso tempo rassegnata a uno Stato che stenta a riaffermare se stesso in un lembo di terra della provincia aquilana, a pochi chilometri dal capoluogo.

Sia chiaro, nessuna critica ingrata alle Forze dell’Ordine che, in numero inadeguato a coprire un territorio così vasto, fanno quello che possono. D’altra parte, il controllo del territorio non è l’unica loro funzione, e non si può fermare tutta l’attività per stare dietro a quattro topi d’appartamento. Da qui la richiesta legittima dei sindaci, che chiedono l’intervento dell’Esercito. Qualcuno sorride, come se con l’Esercito si evocassero scenari di guerra. Ironia del tutto fuori luogo per due motivi fondamentali (ma se ne potrebbero trovare altri mille).

Nessuno intende assimilare la Valle Subequana a una zona di guerra, ma l’operazione “Strade Sicure” invocata dai sindaci si riferisce a ben altre attività a cui i nostri soldati sono stati ben addestrati. Se è vero che l’operazione nasce in contrasto al rischio terrorismo, è altresì vero che poi la stessa è stata “allargata” a diversi scenari sul territorio italiano. Il loro impiego è andato dalla gestione dell’emergenza Covid 19 all’utilizzo in ogni ambito emergenziale. I nostri soldati non sono orchi da destinare al lancio di bombe a caso nei territori di guerra, sono validi professionisti formati perfettamente per interagire con la popolazione civile e aiutarla in ogni contesto. Solo chi non riconosce queste peculiarità ai nostri militari può “ridere” alla legittima richiesta dei sindaci.

Ironia sul tema, inoltre, è assolutamente fuori luogo, anche perché colpisce coloro che di questo assurdo scenario sono state vittime o possono diventarlo in qualunque momento. Allora scusate se ci preoccupiamo se i ladri fanno razzia nelle nostre case, più volte al giorno, sfuggendo a ogni controllo. Scusate se ormai ci viene l’ansia a lasciare le nostre abitazioni incustodite. E scusate se sì, a questo punto chiediamo l’esercito. Se vi fa ridere, è chiaro che non avete mai avuto violata l’intimità della vostra casa, con il rischio concreto che gli episodi si ripetano. Allora si ironizzi pure, l’interesse della comunità, alla fine, è uno solo: che lo Stato si riappropri dei suoi territori, assicurando la sicurezza ai suoi cittadini. E deve farlo innanzitutto per sé stesso: le istituzioni non possono farsi prendere in giro da quattro ladri di polli, per quanto ben organizzati.

Il territorio è ampio e le forze dell’ordine non bastano, questo si è sempre saputo. Allora “Strade sicure” anche per noi. L’alternativa è che qualcuno si convica che lo Stato sia impotente e che sia meglio difendersi da sé. È davvero quello che vogliamo?

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