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La sordità di un figlio, la tenacia di mamma Monica

Si parlerà di sordità: un libro, una testimonianza e un grido di dolore. Monica Tarola domenica a Barisciano.

La sordità raccontata ne Il figlio del silenzio di Monica Tarola. Il libro sarà presentato domenica 14 novembre alle ore 18 nella sala consiliare Falcone Borsellino a Barisciano.

Il figlio del silenzio – “Mamma mi fa male la testa!” È domenica 26 novembre 2000, e la mia storia inizia così. Mio figlio Matteo nasce il 22 novembre 1997 ad Avezzano. Dopo una gravidanza abbastanza regolare il mio primogenito viene al mondo un sabato d’autunno. Quando esco dalla sala parto con mio figlio accanto, tutti notano la forma della testa esageratamente ovale, io invece vedo solo il mio angioletto bello come il sole. La degenza in ospedale dura cinque giorni, durante i quali Matteo mostra segni di malessere: piange continuamente anche dopo aver soddisfatto i suoi bisogni primari”.

Monica Tarola è una mamma prima che un’autrice. Questo secondo “ruolo” arriva per necessità: raccontare una storia toccante di una famiglia alle prese con la disabilità, improvvisa e repentina, del proprio bambino.

sordità
Il libro offre molti spunti di riflessione. Dalla scuola alla famiglia, dalla sanità all’inclusione che, nonostante sia acclamata, stenta a consolidarsi . Il libro è nato per restituire dignità ad un bambino e alla sua famiglia raccontando “la verità vera, quella nascosta volutamente da chi aveva il potere. È nato per far conoscere la sordità in tutti i suoi molteplici aspetti, che molti ignorano. Non solo, è nato anche per scuotere le coscienze, quelle con cui bisognerebbe fare i conti tutti i giorni, perché ciò che fa la differenza è la sensibilità quella che non tutti hanno, purtroppo!” – spiega al Capoluogo Monica Tarola.
“Domenica sarà un momento di conoscenza e di riflessione profonda, sarà un momento di condivisione e di considerazioni. Racconterò la mia storia , l’ assurdità delle mie vicissitudini. Parlerò di sordità. Quando la sordità di mio figlio è arrivata, è stata talmente inaspettata , improvvisa e irruenta, che mi ha travolto in una voragine buia, senza un barlume di luce che mi desse la speranza e la forza di provare a risalire. Nulla , non c’ erano speranze che potessi farcela. La risalita è stata dura , durissima, faticosa e piena di difficoltà e di incompetenze. Purtroppo la sua disabilità è coincisa con il suo percorso scolastico e quindi ho dovuto, per aiutarlo a recuperare il più rapidamente possibile, optare per l’insegnante di sostegno. Non nego che solo la parola mi incuteva paura e mi faceva sentire diversa. Ho dovuto fare i conti con le mie paure , è innegabile, ma da subito ho capito che i miei sentimenti dovevano essere secondari rispetto ai bisogni prioritari di mio figlio. Ho concepito l’ insegnante di sostegno come un supporto per aiutarlo a raggiungere obiettivi normali , non certo obiettivi minimi , il minimo mi trascinava in un tunnel profondo, dove la paura del limite la faceva da padrona. Ne avevo paura. Non lo accettavo , era inconcepibile per me, il limite doveva essere superato , alla luce anche dei miei video amatoriali dove vedevo il mio bambino cantare , parlare e ballare . Lo guardavo e il bambino che era di fronte a me non era più il bambino dei video , era irriconoscibile, non sembrava mio figlio. Una lotta continua, una mamma ritenuta incapace di vedere i limiti del proprio bambino. No, una mamma decisa a raggiungere la ” normalità” a tutti i costi . Certo, i tempi erano pressanti , i bambini della sua età crescevano e insieme a loro le loro competenze. Mio figlio era ,prima tornato indietro, inesorabilmente, e poi , anche se la sua età anagrafica avanzava, le sue competenze no. A quattro anni era quasi completamente muto . Era assurdo pensare di fargli fare lo stesso programma della classe, ma io ce l’ho fatta . Decidere di fare l’ insegnante di sostegno significa decidere di avere la giusta sensibilità e preparazione per affrontare le varie disabilità e difficoltà che molti bambini hanno. Significa avere a che fare con famiglie sofferenti , significa fare una scelta di vita per passione, no per convenienza, come quando si sceglie il sostegno come trampolino di lancio per raggiungere punteggi da sfruttare per spostarsi sull’ insegnamento normale. Ne ho conosciute di insegnanti così , purtroppo!
Voglio ringraziare il sindaco di Barisciano Fabrizio D’Alessandro che ha abbracciato questo mio percorso di sensibilizzazione, la giornalista Luisa Novorio , senza la quale nulla sarebbe possibile, il professore Luigi Tascapane per la sua immensa disponibilità, l’ onorevole Stefania Pezzopane per l’ affetto che non mi fa mai mancare , l’ onorevole Luigi D’Eramo che avrò l’onore di conoscere”.