Politica

Lega senza Salvini, sarebbe solo un partito di governo

Lega: "Giorgetti sfida Salvini? Si, forse, non ora".

Lega: lo scontro Salvini-Giorgetti.

Giorgetti sfida Salvini? Si, forse, non ora. Apparentemente sembra rientrato lo scontro tra le due anime della Lega: quella di Governo rappresentata da Giorgetti e dai governatori del Nord Zaia e Fedriga, e quella di opposizione a cui spesso Salvini strizza l’occhio. La riunione dei big della Lega, convocata in tutta fretta si è risolta in un nulla di fatto. Nessuno osa sfidare, il leader. Salvini ha preso un partito in estinzione e lo ha rivitalizzato.

E’ uscito dall’area padana con la sfida di fare della Lega Nord un partito nazionale. Il 17 per cento raggiunto nelle politiche del 2018 rappresentava un record, un dato nemmeno mai sognato nell’era Bossi.

La Lega è scesa sotto il Po, anche sotto il Tevere e il Garigliano. Ha superato lo stretto di Messina. Ha attratto elettori e dirigenti con un passato in altri partiti tanto che nelle europee del 2019 ha quasi raddoppiato i voti dell’anno precedente: primo partito assoluto anche al Sud. E lui sempre più padrone indiscusso del suo partito. Ma in due anni qualcosa è cambiato. Il voto d’opinione del Sud si mostra più mobile che mai. Nelle amministrative il risultato è stato deludente, la mancanza di organizzazione ha reso ancora più volatile quel consenso. Così dal partito del Nord quello governista quasi in sordina è partita l’offensiva. Inizialmente soft, eppure da non sottovalutare. E non l’ha sottovalutata nemmeno il “capitano”.

Quando il governo, dopo un confronto con le regioni, varò il green pass si levò la protesta di Salvini. Ma i presidenti di regione leghisti invece andavano per una strada diversa. Allora qual è la linea? E’ quella dei governatori dissero dalle regioni. Fu Salvini ad adeguarsi. Allora perché nessuno osa sfidarlo? Perché è chiaro che gli sfidanti uscirebbero perdenti. Perché Salvini rappresenta l’unità della Lega, perché pur in perdita di consensi, secondo i sondaggi, quel partito conserva un peso elettorale e politico di tutto rilevo e la sfida per la leadership del centrodestra è aperta con Giorgia Meloni.

Lo dicono gli analisti e i sondaggi, una Lega senza Salvini tornerebbe ad essere un partito del Nord senza avere nemmeno più le parole d’ordine di prima: da Roma ladrona alla secessione. Lega senza Salvini sarebbe solo un partito di governo, certamente affidabile per i centri internazionali, ma perderebbe tutta quell’area di protesta che, pur con affanno ora cerca di rappresentare. Affanno dettato dal fatto che almeno una parte della protesta non può fare riferimento alla Lega. I No pass che oggi sabato si danno appuntamento a Milano o a Trieste non sono controllabili dalla Lega e nemmeno da Fratelli d’Italia. A guidarli sono forze estreme della sinistra o dell’estrema destra sempre più lontane dai partiti tradizionali soprattutto se siedono in consiglio dei ministri.

L’eventuale fallimento del partito di lotta e di governo, potrebbe dare il via anche a un a riflessione sulla guida. Ma gli appuntamenti decisivi sono sostanzialmente due: l’elezione del Capo dello Stato e le prossime tornate elettorali. Sul primo aspetto il tentativo è quello di raggiungere una unità d’intenti. Apparentemente facile se si tratterà di proporre Berlusconi. Però che il Cavaliere possa salire al Quirinale è altamente improbabile. Altre strade potrebbero minare l’unità. Si tratta di una partita aperta e difficile per tutti, non c’è uno schieramento maggioritario e il terreno è scivoloso anche per Letta e Conte. Sarebbe tutto più semplice se Mattarella accettasse un reincarico. C’è poi l’ipotesi Draghi, ma in molti, a partire dal mondo imprenditoriale pensano che sia meglio che resti a Palazzo Chigi.

La sfida decisiva sarà quella del voto. Nessuno prima di un responso delle urne si lancerà in una offensiva nei confronti di Salvini. Per il momento Giorgetti contesta la linea di vicinanza ai sovranisti europei e all’ungherese Orban chiedendo invece una chiara scelta europeista che culmini nell’adesione al partito popolare europeo, quello della Merkel. Non mette in discussione il tentativo di espandersi al Sud, anche perché la Lega non fa concessioni al populismo, anzi è impegnata a contrastare il reddito di cittadinanza. Ma è chiaro che se Salvini dovesse lasciare il comando quel tentativo di espansione rischia di finire. Il Sud non ha espresso dirigenti politici nuovi e radicati, i dirigenti storici della Lega, sembrano non amare le campagne elettorali meridionali, il solo Salvini riunisce i simpatizzanti nelle piazze del Sud. Via lui chi potrebbe sostituirlo? Forse nessuno, almeno per ora.

Il discorso è sicuramente prematuro, senza un fatto eclatante non succederà nulla. Qualche polemica e poco più. Pur sempre un fatto nuovo in un partito compatto e unito attorno al leader.. Il fatto eclatante può arrivare dalle urne. Allora si potrebbe aprire una pagina nuova all’esito incerto e forse anche traumatico.

Non solo perché tornerebbe contendibile la guida, anche se al momento non si intravede nessuno con il carisma di Bossi o Salvini, ma anche perché potrebbe mutare la strategia.

Il partito potrebbe tornare ad essere quello del Nord, dovrebbe scegliere tra una linea europeista e una sovranista, Ma, appunto sono discorsi da rimandare all’indomani di un eventuale insuccesso elettorale. Tutti sanno che al momento non c’è una alternativa a Salvini. Allora forse bisognerà dare credito a Giorgetti quando precisa che il suo scopo non era fare polemica ma dare consigli utili per vincere. Forse è sincero. Almeno per ora.

(La foto allegata è presa dall’Ansa)

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