Talenti d'abruzzo - l'intervista

Maria Assunta Dezio, 30 anni in scena: un’abruzzese sul set con George Clooney

Maria Assunta Dezio, oltre 30 anni fra cinema e teatro. Sul set con George Clooney e con Anna Magnani sempre nel cuore. 

Maria Assunta Dezio, oltre 30 anni fra cinema e teatro. Sul set con George Clooney e con Anna Magnani sempre nel cuore.

Prosegue il nostro percorso fra le personalità abruzzesi che si distinguono nelle loro specifiche professioni. L’Abruzzo e il territorio pescarese si rivelano essere una fucina di grandi artisti. Fra le donne, una figura particolarmente interessante è l’attrice Maria Assunta Dezio. Comprende fin da bambina che quella dell’arte sarà la strada da percorrere nella sua vita. La scelta definitiva avverrà a 14 anni quando, seduta a teatro con i compagni di scuola, assistendo ad una pièce impegnativa, rimase affascinata dall’interpretazione di una delle attrici in scena. Si innamora perdutamente della recitazione e decide che ne farà il suo mestiere.

Al cinema Maria Assunta Dezio ha interpretato vari ruoli in diversi film fra cui “Un’avventura romantica” di Davide Cavuti (2016) con Michele Placido, Edoardo Siravo, Lino Guanciale; “La Perfezionista” di Cesare Lanza (2006) in cui ha recitato insieme al marito, l’attore Luigi Ciavarelli. Nel 2009 viene scelta per girare un ruolo nel film “The American” con l’attore americano George Clooney.

Quindi, da trentaquattro anni alterna il teatro al cinema, ma il palcoscenico e il rapporto con il pubblico dal vivo riempiono una parte preponderante della carriera artistica di Maria Assunta Dezio. Interpreta tantissime commedie di autori italiani e stranieri, porta in scena i film di Totò, le grandi commedie di Eduardo De Filippo e recita in varie commedie di Shakespeare. Per anni ha curato laboratori teatrali per giovani attori, insieme a Luigi Ciavarelli. Nel tempo diventerà una grande cultrice dell’attrice per eccellenza: Anna Magnani.

Quando si chiede di parlarne, la Dezio è un fiume in piena, con mille sfaccettature e preziose osservazioni sulla grande attrice romana che ha rappresentato per prima l’Italia agli Oscar.

maria assunta dezio

Quando è esplosa la sua passione per il teatro, per la recitazione?

“Un po’ come per tutte le attrici, la passione è iniziata da bambina, alla prima recita in famiglia. Iniziai a passare delle ore davanti allo specchio facendo imitazioni e provando le scene, provavo un certo senso di esibizionismo. Ma ci fu un episodio determinante. Al primo anno delle scuole superiori, a circa 14 anni, la professoressa di Italiano chiamò i nostri genitori e li convinse a farci fare un abbonamento a teatro. Il primo spettacolo che andammo a vedere fu “Pane altrui” di Ivan Turgenev con Salvo Randone, un testo impegnativo per la nostra età ma per me fu una vera folgorazione, ero inchiodata alla poltrona. Mi innamorai del ruolo di un’attrice, una cameriera molto goldoniana. La scrutavo, guardavo ogni suo movimento, stavo attenta alle sue battute. Finché mi voltai di scatto verso la compagna di scuola che mi sedeva accanto e le dissi: Io da grande voglio fare la cameriera, voglio fare quel ruolo! Sì, è proprio in quel momento che decisi di voler fare l’attrice. Non posso dimenticare l’espressione che fece la mia compagna. Ancora oggi ringrazio la mia insegnante. La grandezza di un professore è saper comprendere l’alunno e le sue attitudini. È stata l’ennesima conferma di questa passione. Facemmo tre anni di abbonamento a teatro”.

Nel 1981 ha inizio la sua carriera artistica dopo essersi formata con un percorso di studi presso un laboratorio teatrale curato da Danilo Volponi e successivamente da Rosamaria Spena, entrambi attori provenienti dall’Accademia Silvio D’Amico di Roma che, in seguito, la sceglieranno come protagonista del Teatro Comico di Carlo Goldoni.

Come ha scelto questo percorso di studi?

“Dopo i tre anni di abbonamento a teatro con la scuola ero cresciuta. Mia madre mi chiese cosa volessi per i miei imminenti 18 anni; io le dissi che desideravo andare a studiare in una scuola di teatro. Così mi iscrisse al laboratorio di Volponi a Pescara e frequentai un anno. Alla prima lezione mi accompagnò. In quel primo anno, ero talmente brava e avevo così tanta verve che Volponi mi scelse per il ruolo nel teatro goldoniano. Poi continuai altri due anni il laboratorio con Rosamaria Spena, diplomata all’’Accademia Silvio D’Amico’ ”.

Nel 1987 Maria Assunta fonda la compagnia teatrale “Il Mosaico” di Pescara con l’attore Luigi Ciavarelli, che ne è anche il regista e con cui instaura un solido connubio artistico, poi è divenuto suo marito. Della sua figura ci siamo occupati nella nostra precedente intervista (ndr) con la sua predilezione per il teatro partenopeo di Eduardo De Filippo e di Totò.

Luigi Ciavarelli, un attore pescarese dall’anima napoletana

Anche lei ama il teatro napoletano. Ci racconta come nasce questa predilezione?

“Ho incontrato il mondo di Eduardo De Filippo quando avevo circa diciannove anni, grazie ad un professore. Fu un amore a prima vista! Secondo me, Eduardo è il più grande interprete e drammaturgo a livello mondiale. Amo ciò che ha saputo trasmettere ai suoi personaggi che sono reali, non c’è nulla di esagerato. Nelle sue più grandi opere c’è tutta l’umanità dei suoi personaggi. A 23 anni ho supplicato mio marito Luigi (allora eravamo agli inizi della nostra relazione) affinché mi facesse interpretare Filumena Marturano, ma lui per circa cinque anni mi rispondeva che non ero ancora pronta. Ed aveva ragione. Non avevo ancora quella maturità di donna, di madre, che ha Filumena, e poi c’era la difficoltà della lingua napoletana. Questa mia grande passione mi portò a studiare giorno e notte e alla fine sembravo davvero una napoletana. Ero pronta per la parte”.

Torniamo alla compagnia teatrale “Il Mosaico” da lei fondata insieme a Luigi Ciavarelli con un vastissimo repertorio. Ci racconta qualche aneddoto?

“Con mio marito Luigi e la compagnia ci siamo divertiti tantissimo. Quando abbiamo iniziato, negli anni ottanta, non esistevano i ‘service’ perciò quando arrivavamo nei vari teatri facevamo tutto, anche il montaggio dei riflettori; insomma eravamo attori e manovali. È stata un’esperienza grandiosa. Nei teatri portavamo la vita della strada. Come diceva Eduardo, la vita è teatro, il teatro è vita. Il teatro è gelo, è freddo. Solo gli attori possono capire bene quanto sia vero, quante ore ed ore di prove e di studi in sale fredde e semibuie”.

Lei, però, si è appassionata e si è avvicinata anche al teatro americano con Tennessee Williams in “Lo zoo di vetro” …

“Sì, mi piace molto. Io sono un’attrice prettamente comica, appunto per quel senso di esibizionismo fanciullesco, e mi trovo a mio agio con il teatro americano. Ad esempio nella commedia ‘Taxi a due piazze’ di Ray Cooney, diretta da Luigi, che ha secondo me un testo grandioso, il mio personaggio, ovvero una delle due mogli del tassista, aveva fatto uscire fuori tutto ciò che era brillante in me. Ero totalmente coinvolta”.

Lei è una esperta cultrice di Anna Magnani, come è stato il suo approccio alla figura di questa meravigliosa attrice?

“Ironia della sorte, prima di amare la Magnani, che non avevo mai conosciuto, a tredici anni mi innamorai follemente di Ingrid Bergman. Mi ricordo che Rai 1, tutti i sabati pomeriggio, proponeva dei cicli di film biografici. Amavo la Bergman e vidi tutti i suoi film… poi iniziò il ciclo dedicato ai film di Anna Magnani. La conobbi così. Mi sconvolse la donna e il suo tipo di recitazione. Mi interessava sapere tutto di lei, ho letto tanti libri. Lei non è un’attrice: lei era il cinema, era il teatro! Quando aveva memorizzato il copione entrava sul set e il suo ruolo cambiava completamente. Lei non era un’altra mentre recitava, lei era se stessa. Ho interpretato la “Voce umana” di Jean Cocteau, un dramma interpretato dalla grandissima Anna Magnani al cinema, con la regia di Roberto Rossellini. Da allora è stata sempre il mio punto di riferimento”.

Vuole raccontarci qualcosa su questa attrice eccelsa che io amo definire con un ossimoro, “Fuoco e Acqua”.

“Sono d’accordo. ‘Fuoco e Acqua’. Sì, la Magnani aveva una sensibilità esagerata, nei film era una proiezione di se stessa. Lei era la passione. Il suo sguardo non possiamo scordarcelo. È stata una donna che ha avuto le sue forti delusioni che le hanno temprato il carattere. Lei memorizzava il copione ma poi improvvisava, metteva del suo. Ad esempio nel film ‘Bellissima’, nella scena della panchina con la sua bambina che dorme, in una piazzetta, dopo la delusione e l’umiliazione ricevute, c’è una invocazione d’aiuto che nel copione non esisteva. La troupe era esterrefatta, sembrava avesse perso la memoria della scena. Luchino Visconti, che era un genio, disse a tutti di non muoversi e di farla proseguire. Anna Magnani terminò l’interpretazione di aiuto che è un capolavoro. Una delle scene più toccanti in assoluto“.

Era un periodo particolare con il cinema, il varietà…

“Infatti la Magnani era abituata al varietà, dove si sa c’è un canovaccio e poi si improvvisa e si dipende dal partner. Ricordiamo che ha lavorato con Totò e solo lei poteva reggere al confronto. Altri attori si arrabbiavano con Totò per le sue improvvisazioni, solo Peppino De Filippo fu una grande spalla, abituato e pronto alle improvvisazioni del grande attore. Con la Magnani non poteva esserci mai un vuoto su palco con loro due in scena.

Ci racconta altre particolarità?

“Anna Magnani non era considerata bella come la Bergman o altre attrici, aveva un carattere terribile, dicevano che era spigolosa. Voglio ricordare quando a 15 anni andò a cercare la madre ad Alessandria d’Egitto, per ricucire i rapporti con lei e tutti iniziarono a dire che era nata in quel paese. Ma lei si arrabbiò con tutti e precisò che era romana. Disse che lei era Roma! Insomma ha dovuto lottare molto nella sua vita e, come ho detto, ha ricevuto tante delusioni. La malattia del figlio, tre grandi amori fra cui la storia con Roberto Rossellini che poi le preferì Ingrid Bergman, come tutti sappiamo”.

In molti si ricorderanno i due film del 1950 “Stromboli” di Rossellini, con la Bergman, e “Vulcano” di William Dieterle, con Anna Magnani e Rossano Brazzi…

“Vero, mentre lei girava ‘Vulcano’, l’altra girava ‘Stromboli’, due film non belli. Posso ricordare ai lettori che alla Prima di “Vulcano” a Roma con lei in prima fila, i giornalisti e i fotografi erano lì pronti per le interviste quando, durante la proiezione, si sparse la notizia che Ingrid Bergman aveva partorito le due gemelline. La sala si svuotò, tutti corsero alla clinica, lasciando la Magnani da sola. L’ennesima umiliazione.

Qual è per lei il film della Magnani più bello in assoluto?

“Il film più bello per me è ‘La Sciantosa’ di Alfredo Giannetti. Fu uno degli ultimi che girò. C’è una scena molto emozionante. Il film è ambientato durante la seconda guerra mondiale. Lei è Flora, una ballerina di varietà chiamata per esibirsi in uno spettacolo davanti ai militari, per portare un po’ di sollievo. È pronta per far divertire e per far ridere. Dal sipario vede dei militari mutilati: un militare cieco, un altro senza gamba, un altro senza un braccio. Una realtà crudissima. Allora si toglie i vestiti che avrebbero dovuto far sorridere e canta ‘O surdato ‘nnammurato’ con uno sguardo eloquente. Non esiste uno sguardo come quello della Magnani. Nel comico e nel drammatico, il suo sguardo è irripetibile. Soprattutto nel drammatico il suo sguardo è davvero unico”. 

Trovo un certo legame con Mia Martini, relativamente al carattere e al suo essere artista “Fuoco e Acqua”, così forti e così sensibili…

“Sì, è vero. E non dimentichiamoci che Anna Magnani vinse nel 1956 il Premio Oscar per ‘La Rosa tatuata’ come miglior attrice protagonista e fu la prima attrice non di lingua inglese a ricevere la prestigiosa statuetta. Anna Magnani secondo me apprezzava i premi, voleva essere amata dal pubblico, ma poi non gliene interessava poiché non era la cosa importante della sua vita. Non andò a Los Angeles a ritirarlo. Jerry Lewis la nominò vincitrice; lei la notte la passò ad aspettare ma si addormentò e fu svegliata dai suoi amici. Roma era la sua linfa vitale. Non poteva starle lontano. Lei era schietta, cruda. Non avrebbe potuto interpretare i film americani, per questo tornò a Roma. ‘D’altronde cos’è un attrice? Non so cosa voglia dire’. Diceva. Sul set interpretava così come le veniva. Non prevedeva nulla. Registi illuminati ed intelligenti le davano carta bianca, come Zeffirelli; la lasciarono libera nel suo ruolo. Aveva bisogno di libertà totale. Lei trasmetteva la sua forte sensibilità, che è sempre stata troppo forte. Trasmetteva nei film quello che aveva sempre vissuto e che è poi quello che dovrebbe fare ogni attore”.

Quali sono i suoi programmi nel futuro?

“Con la compagnia ‘Il Mosaico’ abbiamo in progetto, per il mese di maggio 2022, di portare in scena “Il medico dei pazzi” da un film del grande Totò del 1954, da un soggetto di Eduardo Scarpetta.

Prima di terminare la nostra intervista, non può mancare una domanda su George Clooney, che lei ha incontrato sul set cinematografico di “The American”. Ci racconta com’è andata?

“È stata una esperienza unica! Nei giorni in cui si stavano facendo i provini a Castel del Monte per il film con George Clooney, io mi trovavo a Parigi in un viaggio romantico con mio marito. Il destino è davvero incredibile! Per circa quattro giorni a Castel del Monte fece una pioggia torrenziale e i provini furono rimandati. Io tornai da Parigi e mi presentai al provino con il mio curriculum e le foto per fare la comparsa. La commissione però giudicò il mio curriculum troppo ricco per una comparsa. Io risposi che non mi interessava, che mi sarebbe piaciuto conoscere George, che è uno dei miei attori preferiti. Anche facendo solo la comparsa e passargli vicino sul set mi avrebbe reso ugualmente contenta. Invece, dopo una settimana, la produzione mi chiamò e mi disse che il regista voleva sottopormi ad un provino per un ruolo su parte. Andai a Sulmona. Una volta arrivata vidi che c’erano circa trenta ragazze che stavano aspettando di essere provinate per lo stesso ruolo. Quel giorno ero molto determinata e dissi a me stessa che lo volevo vincere. La settimana successiva mi chiamò la produzione per dirmi che mi avevano scelta. Devo dire anche che mi lusingarono, perché mi dissero che il regista, dopo aver visto il mio provino, non volle più vedere gli altri. Arrivata sul set per la prima volta, George Clooney non c’era poiché era alle Poste di Sulmona per una ripresa. Io andai al trucco e parrucco. Arrivati in pausa pranzo, mi lasciarono da sola, specificandomi dove raggiungerli sul set. Ma ci arrivai con difficoltà poiché si dimenticarono di dirmi che c’erano centinaia di donne impazzite, che erano lì per vedere George. Io chiesi di passare e di farmi largo tra le persone, ma non mi credevano. Fortunatamente avevo memorizzato il numero di telefono della produzione. Fu così che ci fu una scena indimenticabile. Mi mandarono a prendere dai quattro bodyguards di Clooney! La folla si apriva a metà come Mosè nel passaggio del Mar Rosso. Giunsi finalmente sul set, in una cartolibreria. Fu un’esperienza magnifica durata 7 ore. George è un principe, è galante e generoso con gli attori. Nella scena eravamo solo io e lui; ha scherzato sul set e così ho cominciato anch’io senza paura e senza imbarazzo a scherzare. È stata una esperienza che porterò sempre nel mio cuore”.

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