Cultura

Luigi Ciavarelli, un attore pescarese dall’anima napoletana

Ciavarelli e quell'amore per la lingua napoletana e per le opere di De Filippo e di Totò che porta in scena da oltre trent’anni.

Dalla radio approda al teatro e al cinema. E’ un colto conoscitore della lingua napoletana e delle opere di Eduardo De Filippo e di Totò che porta in scena da oltre trent’anni.

Risale al 1978 il debutto nel mondo artistico di Luigi Ciavarelli, attore e regista pescarese, classe 1950. La sua raggiante carriera inizia con l’emittente radiofonica Radio 7G7, e successivamente approda in RAI come attore ed autore di radio-scene. La sua attività radiofonica prosegue fino al 1986, anno in cui la sua passione per il teatro si concretizza portando sul palco lo spettacolo di cabaret “Hai un’idea migliore?” di Giulio D’Amicone con la compagnia “Alchimia”. L’anno successivo, il 1987, è una data importantissima poiché insieme a Maria Assunta Dezio, fonda il gruppo teatrale “Il Mosaico” con cui debutta in “Ripensando a …” (testo di autori vari). A tutt’oggi la compagnia “Il Mosaico” è un legame artistico solido e di successo. L’ultima rappresentazione proposta dalla compagnia è stata “La Tempesta” di William Shakespeare andata in scena a Pescara, a Villa Sabucchi, con la regia di William Zola, in due serate (giovedì 30 settembre e venerdì 1 ottobre) con grande successo di pubblico.

Lei ha da pochi giorni calcato le scene pescaresi con “La Tempesta” di Shakespeare, uno dei capolavori del grande drammaturgo. Può dirci qualcosa sullo spettacolo?
“Lo spettacolo è stato un successo. Pescara ha una location molto bella, Villa Sabucchi, il cui parco ha dei fondali naturali molto suggestivi e in questo caso ancor di più la scenografia si fondeva benissimo con la trama. A Villa Sabucchi si propone Shakespeare da ben 15 anni. In queste due serate, nella “Tempesta” ho interpretato il ruolo di Trìnculo, uno dei due ubriaconi. Un ruolo che mi è molto piaciuto così come la regia. Il regista William Zola ha apportato delle belle innovazioni come ad esempio l’introduzione di un gruppo di Elfi che accompagnavano Ariel lo spirito dell’aria. Questa novità, secondo me, ha reso l’atmosfera decisamente più magica. Ho lavorato altre volte con William Zola alla regia: alcuni anni fa, ad esempio, in Piazza Salotto, venne portato in scena “Giordano Bruno” con grande successo di pubblico che è rimasto nella storia teatrale di Pescara. Nel cast c’era anche Mariano Rigillo e Ennio Coltorti. E ancora: “Macbeth” nel 2007; “Quando il giorno finisce comincia il dramma” nel 2008; “Gli occhiali di Federico Caffè” di Mario Moretti nel 2017; “Giulio Cesare” di Shakespeare nel 2018”.

Quale ruolo le è più congeniale a teatro?
“Di solito mi propongono ruoli drammatici, anche nel cinema, ma a io sono un attore comico perciò ho scelto anche di portare in scena “La bisbetica domata”. Quando recito, porto sul palco anche l’importante esperienza radiofonica e la utilizzo nella regia dei miei spettacoli a teatro. Lo spettacolo prima lo devo ‘sentire’ e poi lo posso ‘vedere’”.

La sua compagnia “Il Mosaico”, fondata con Assunta Dezio, vanta un sodalizio artistico che propone pièces da ben 34 anni, dove lei è l’attore protagonista e regista.
La compagnia “Il Mosaico” nasce nel 1987, all’inizio era formata da ex allievi di laboratorio. Eravamo circa cinque attori e ci siamo arrangiati con qualche commedia. Poi ho iniziato con il laboratorio e i ragazzi man mano sono cresciuti artisticamente. Donatella Marrone, Federica Vicino (che ora dirige il Teatro sociale), Francesco Di Rocco ed altri sono gli attori sono rimasti fissi nella compagnia. C’è chi si è diplomato all’Accademia ‘Silvio D’Amico’ come Daniele Ciglia che ora insegna in una scuola di cinema a Pescara. E poi  Andrea Costanzo, Maurizio Sborgia ed altri si sono dedicati alla Commedia dell’Arte formando un loro gruppo. Ci riuniamo tutti nel momento in cui “Il Mosaico” vuole rappresentare uno spettacolo che necessita di molti attori. Insomma, alla compagnia ed agli attori stabili subentrano anche gli altri ex allievi, come è avvenuto ad esempio per “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Abbiamo un repertorio molto napoletano con circa 15 attori in scena ogni volta. Come direbbe il grande Eduardo in “Natale in casa Cupiello”: ‘Ce li ha!’ ”. 

A proposito di Eduardo De Filippo… lei è un appassionato e grande estimatore del teatro partenopeo, non solo De Filippo ma anche Totò. Quando è iniziata in lei questa passione “napoletana”?
Io adoro la lingua napoletana e l’ho studiata. Ricordiamo che il napoletano non è un dialetto ma una lingua. La mia passione viene da lontano. Sono cresciuto con la presenza di un amico di famiglia che era napoletano. Erano gli anni sessanta quando vidi a teatro Enzo Cannavale e Dolores Palumbo. Ho tantissimi ricordi: ad esempio una domenica di Pasqua andai con la mia famiglia e quella del nostro amico in piazza San Pietro per la benedizione di papa Giovanni e poi decidemmo di andare subito a Napoli in automobile dove trascorremmo alcuni giorni. 

Dal 1987 recito e dirigo commedie, soprattutto del grande Eduardo De Filippo, ripercorrendo quasi tutto il suo repertorio napoletano”. 
Praticamente la napoletanità è stato il suo pane quotidiano?
“Esattamente. Mi ricordo, ad esempio, che alla televisione, ogni venerdì veniva trasmesso un programma di prosa e spesso le commedie di Eduardo.  Ebbene, io ho seguito tutte le commedie napoletane.
Nell’aprile 1969  ho avuto la fortuna di vedere Eduardo De Filippo che portò a Pescara  due spettacoli: “Natale in casa Cupiello” e “Filumena Marturano”. A 19 anni sono stato folgorato. Mi sono detto: questo è il teatro che voglio fare! “

E il grande Totò?
“Mio padre era un totologo. La passione è stata tramandata inevitabilmente. Quando è venuto a mancare è stato un lutto in famiglia. Eduardo e Totò sono i miei cavalli di battaglia e quelli della compagnia “Il Mosaico”. Di Totò ammiro tutto. Voglio ricordare che nella compagnia siamo tutti pescaresi mentre il nostro secondo attore, Chris Paniello, è napoletano. Del principe De Curtis ho portato in scena la versione cinematografica di “Miseria e Nobiltà” (quella con la famosa scena degli spaghetti con il salto sul tavolo, per intenderci) e c’era la figlia di Totò in sala! E’ stato un onore e un grande successo. E’ tornata anche altre volte a vederci. Oggi proponiamo le commedie in italiano con la cadenza napoletana e qualche parola in napoletano ed io e Chris supervisioniamo.”

Mi racconta un altro aneddoto ‘partenopeo’?
“C’è un episodio che mi piacerebbe raccontare. Per i primi anni delle nostre repliche del teatro di Eduardo, avevamo l’abitudine di portare un biglietto di invito nella cappella dell’attore. Il sottoscritto oppure uno degli attori andavamo a Roma e infilavamo sotto la porta l’invito e gli chiedevamo la raccomandazione per assisterci: “per favore tienici una mano su in testa”. Una volta però gli inviti non furono stampati; venne stampata soltanto la locandina di “Filumena Marturano”. Con mia sorpresa mi giunse una cartolina raffigurante la fontana chietina in cui vi erano scritto che la mandava la vedova di Eduardo la quale ci ringraziava per il continuo ricordo di Eduardo e che era sicura che sarebbe andato tutto bene. Era la vedova di Eduardo, Isabella Quarantotti!  Mi disse, che fino a quel giorno aveva sempre letto gli inviti ma non essendoci specificato l’indirizzo del mittente non aveva mai saputo a chi scrivere. Invece sulla locandina essendoci la prevendita e l’indirizzo, aveva potuto rispondere”. 

Lei ha curato anche la regia di molti spettacoli teatrali fra cui anche “La Bottega dell’Orefice” di Karol Wojtila. Ne vogliamo parlare?
“Mi è piaciuto molto realizzare questo spettacolo e dirigerlo. Solitamente “La Bottega dell’Orefice” viene recitata in piedi davanti al leggio. Io, invece, ho voluto sceneggiarlo. Faccio un esempio: dal fondo della sala, nel momento in cui si parlava della prima guerra mondiale, ho fatto entrare degli attori/soldati e alcuni di loro trasportavano una barella con un ferito. Insomma, ero riuscito a ricreare una certa atmosfera. Il pubblico era in visibilio”.

Ricordiamo altri spettacoli da lei diretti?
“Ho voluto assaporare anche l’ironia di Vincenzo Salemme e ho proposto nel 2009 lo spettacolo “Premiata Pasticceria Bellavista”; ed ancora mi piaceva la delicatezza di Tennesse Williams ne “Lo Zoo di vetro” e la comicità di Ray Cooney con “Taxi a due piazze” nel 2014”.  

Da trentaquattro anni l’attore pescarese alterna il teatro al cinema, recitando in diversi film, fra cui “La Perfezionista” di Cesare Lanza nel 2007 (in cui ha recitato anche la moglie Maria Assunta Dezio e le due figlie allora bambine), “Liberi” per la regia di Gianluca Tavarelli (Fandango) presentato alla 60º Mostra del Cinema di Venezia (2002), “Uno specchio per Alice” regia di Gianni Di Claudio (2003) fino a “Omicidio all’italiana” con Maccio Capatonda (2016). 

Nella sua carriera trovano molto spazio anche i cortometraggi, che oggi sono sempre più apprezzati dal pubblico in quanto racchiudono in pochi minuti delle storie complete.
Cosa ne pensa di queste genere? “Sono d’accordo. Secondo me il cortometraggio è migliore del lungometraggio poiché riesce appunto a condensare in pochi minuti una storia, senza l’arricchimento di fronzoli. Ti porta subito al tema del film che viene affrontato totalmente”. 

Per il cortometraggio “Bimbo” lei ha ricevuto il premio miglior attore non protagonista al settimo ‘Festival Videocorto’ di Nettuno nell’agosto 2002. “Sì. E’ stata una bella soddisfazione. Il cortometraggio “Bimbo” di Sergio Sciarra è del 2001 e prima del premio a Nettuno, il corto ha ottenuto la Menzione speciale della Presidenza al concorso “Scrittura e Immagine – Monique Barberini” di Pescara. A me è piaciuto molto il mio ruolo: un prete che si scopre essere tale solo alla fine del corto. Mi ritrovo infatti sempre vestito in canottiera e in pantaloni e non in abito talare. La trama narra di un gruppo di ragazzini che fa vari scherzi al prete, capeggiati e su indicazione dell’anziano Bimbo che poi nel film muore e i ragazzi si disperano. Fra i vari scherzi, i giovani vengono rincorsi dal prete con un motorino a pedali (quelli tipici  degli anni ’80) ma viene fermato da un vigile. E’ una scena esilarante poiché, oltre ad essere vestito ‘da casa’ il prete non portava con sé neanche i documenti. La telecamera alla fine riprende il vecchio al suo funerale e chi celebra la messa è ovviamente un prete che sono io e che esclama “Benedetto Bimbo”. Ho lavorato con Sciarra anche nel 2000 nel cortometraggio “La guerra del re” che ha ottenuto il ‘Premio Excelsior’, conferito dal Presidente della Repubblica e ha vinto il primo premio al concorso nazionale Arci-Ucca “Officine Italia 2002”.

Un altro aneddoto, stavolta, nella sua carriera nel Cinema? “Posso ricordarne due. Un aneddoto simpatico riguardante il mio ruolo nel film “Liberi” di Gianluca Tavarelli. Gli attori del corto “Bimbo”, i ragazzi degli scherzi, inviarono a mia insaputa le foto di scena del cortometraggio all’ufficio casting che poi mi scelse. Nel film dovevo interpretare una persona che voleva suicidarsi buttandosi da una rupe e quindi dovevo far finta di sporgermi un po’ …e io soffro di vertigini… 

Il secondo aneddoto riguarda il film “Omicidio all’italiana” di Maccio Capatonda. Si stavano facendo i provini a Chieti. Mandai il mio curriculum e le foto ma mi risposero che ero troppo giovane per il ruolo ricercato. Un giorno il capo casting si recò in una pizzeria. Il caso volle che la ragazza della pizzeria parlando del casting mi pensò e fece il mio nome come attore in città. Mi diede così il telefono del capo casting. Io lo chiamai all’indomani semplicemente per dirgli che già avevo inviato il curriculum e che ero stato ritenuto troppo giovane per il ruolo. Devo dire che in quel tempo collaboravo con una scuola di cinema che alla fine dell’anno creava dei cortometraggi degli allievi e spesso ne facevo parte; il direttore mi chiamò per informarmi che il sabato si sarebbero fatti dei provini. Gli risposi sorridendo che questa sarebbe stata la terza volta per lo stesso provino e gli spiegai che mi avevano già detto che ero troppo giovane ma lui insistette per farmi andare, per vedere se ci fossero altri ruoli e che comunque ne avremmo approfittato per controllare un cortometraggio in montaggio. Insomma, il lunedì successivo ricevetti una telefonata: “Pronto Al Caprone?”. Credetti fosse uno scherzo. Invece era il nome del macellaio nel film, il ruolo che avrei dovuto interpretare! Mi avevano dato la parte e mi invecchiarono un po’ con il trucco.

 

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