Cultura

Le nuove stanze della poesia, Leandro Di Donato

Il ritratto di Leandro Di Donato per la rubrica le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.

Leandro Di Donato è nato a Teramo e vive a Nereto. Ha pubblicato nel 1978 la raccolta Parole dei miei giorni con le edizioni Pan Arte di Firenze.

Leandro Di Donato nel 1987 è stato inserito nell’antologia Voci nuove del parnaso abruzzese, curata dal professor Vittoriano Esposito. Nel 1977 si è classificato secondo al Premio Città di Firenze e nel 1995 ha ricevuto una segnalazione al Premio Città di Recanati.

E’ presente nell’antologia 4 poeti abruzzesi, pubblicata nel 2004 dalle Edizioni Orizzonti Meridionali. Nel 2006 ha pubblicato con le Edizioni del Leone la raccolta Le strade bianche, con la prefazione di Renato Minore.

La poesia Uno sguardo è stata pubblicata, nel marzo del 2003 come vincitrice della settimana su Lo Specchio della Stampa, nella rubrica Scuola di poesia curata da Maurizio Cucchi. Leandro Di Donato è direttore artistico di Emergenze mediterranee e membro della giuria del Premio nazionale di poesia Oreste Pelagatti di Civitella del Tronto, dove cura anche Alle cinque della sera – Salotto di scrittori e scritture.

Leandro Di Donato ha pubblicato nel 1978 la raccolta “Parole dei miei giorni” (edizioni Pan Arte di Firenze); nel 1987 è stato inserito nell’antologia “Voci nuove del parnaso abruzzese”, curata dal professor Vittoriano Esposito; nel 2006 ha pubblicato con le Edizioni del Leone la raccolta “Le strade bianche”, con la prefazione di Renato Minore, libro che è entrato nelle rose dei Premi Viareggio e Mondello e nelle rose finaliste dei Premi Ungaretti, Carducci, Biella e Gatto. È componente della Giuria del Premio Nazionale di Poesia “Oreste Pelagatti” di Civitella del Tronto, dove cura i due cicli di incontri di “Alle cinque della sera. Salotto di scrittori e scritture” e “Discorrendo sul far della sera”; è componente del Consiglio d’Amministrazione della Società della Musica e del Teatro “Primo Riccitelli”, Presidente dell’Istituto Internazionale del Teatro del Mediterraneo – sezione Italiana e direttore artistico della rassegna “Emergenze Mediterranee”.

Della silloge “Il corpo del vento” che raccoglie le poesie scritte dal 2006 al 2020 Leandro De Donato dice: “ In queste poesie, scritte lungo un arco temporale di quattordici anni, ci sono – credo ben rappresentati – tutti i temi della mia ricerca poetica: lo sguardo verso gli altri, la memoria, le radici, l’amore e l’amicizia, i battiti dei dolori e delle umiliazioni piccole e grandi, la fatica della dignità e il volo delle attese, la responsabilità della scrittura e le riflessioni sulla linguae sul sistema culturale. Attorno a questi snodi si sono posizionati via via i testi. Credo che ititoli delle sezioni in cui si articola il libro possano dare, anche, delle chiare indicazioni sulle tematiche delle poesie e sui criteri generali che hanno guidato la composizione del libro.”

E della poesia De Donato dice: “La poesia, ma vale per tutte le espressioni artistiche, è una disciplina che ha statuto, codice e strumenti propri. E’ quanto di più lontano si possa immaginare – nonostante le apparenze e una tenace convinzione contraria – dall’improvvisazione e dalla manifestazione diretta e “spontanea” dei sentimenti.Ogni verso è frutto di lavoro, di riflessione, di ascolto di se stessi e degli altri in un dialogo interiore che accoglie e distilla letture, domande, inquietudini e ferite in cui si sceglie di guardare fino in fondo. Non è quindi un mestiere, non ci si “abitua”, come ha scritto Wislawa Szymborska, a scrivere poesia e non è la rivelazione improvvisa e magica che detta i versi all’ispirato poeta. Direi piuttosto che è un percorso di studio, di lavoro, di affinamento continuo: solo così, a mio avviso, si possono creare le condizioni fondative dell’autenticità della parola poetica.”

da L’orma lieve, Le voci della luna, 2011
Buenos Aires a Castelbasso
Buenos Aires lontana
il tuo nome esplode come un colpo di pistola
nella sera di Castelbasso che non conosci
i gerani lievitano sul petto delle finestre
nella piazza i corpi
si cullano al vento di Gardel.
Buenos Aires un nome masticato da emigranti
bastimenti carichi di corpi come i basti dei muli
un dolore di italiani in Argentina
una mappa ferita di nomi e quartieri
un’ansa di fisarmonica accoglie la rete di stelle
e si perde nei bicchieri sudati.
Bisnonni italiani e cugini stranieri
i libri nascosti nella cantina
i fantasmi attaccati alla pelle dei nomi
gli echi delle case murati negli sguardi incendiati
e la morte ai corpi e alle parole
vite sepolte nel fondo dell’Oceano.
Nonne e madri a Plaza de Majo
i volti scolorano sulle carte sgualcite
portate in processione come croci
il coraggio delle mani colme di dolore
stivali e fucili non spengono il grido
desaparecido! desaparecido! desaparecido !
e il pianto di un bandoneon
chiude la sera di Buenos Aires e di Castelbasso.
Sulla collina
Sulla collina s’è posata l’ala
dell’alba
e il mattino si è aperto.
Poi il silenzio ha rapito
nel suo volo leggero
l’eco dei passi.

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