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Sistema Gran Sasso, la messa a norma rischia di far sprecare acqua

Lavori al sistema Gran Sasso, previsti collettori di drenaggio più lontani dalla condotta. Lo richiede la normativa, ma si rischia di perdere tanta acqua. Tutte le criticità di un progetto "senza precedenti".

Lavori al sistema Gran Sasso, previsti collettori di drenaggio più lontani dalla condotta. Lo richiede la normativa, ma si rischia di perdere tanta acqua.

Un intervento “senza precedenti”, come definito da Corrado Gisonni, è previsto per la messa in sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso, per cui lo stesso Gisonni è stato nominato commissario straordinario. Il commissario si è insediato a fine 2019 e in un convegno del luglio scorso ha fatto il punto sull’attività svolta finora, a conclusione delle attività ispettive propedeutiche al progetto che dovrà non solo mettere in sicurezza il sistema tra il bacino idrico, la rete autostradale e i Laboratori, ma dovrà permettere di superare l’impasse normativo che fino a oggi ha reso complicato l’atto formale di autorizzazione da parte della Regione, a cui è passata la gestione, dopo il “passaggio di consegne” dalla Cassa del Mezzogiorno, che aveva iniziato i lavori. Vediamo quindi quali sono le criticità da affrontare e i rischi connessi.

Acqua del Gran Sasso, il bacino idrico.

Sotto le gallerie del Traforo del Gran Sasso corrono due condotte principali, una che va verso Teramo, l’altra verso L’Aquila. Verso Teramo corrono qualcosa come mille litri di acqua al secondo, 600/700 verso L’Aquila. Alle condotte principali, l’acqua arriva attraverso i canali di drenaggio, che captano l’acqua intorno. Inizialmente il sistema serviva esclusivamente a drenare l’acqua dal Traforo, ma successivamente la stessa acqua è finita nella rete potabile. Si tratta infatti di acqua oligominerale che viene analizzata in continuo con un sistema che ritarda l’affluenza nella rete potabile, in modo che per qualunque problema è possibile chiudere e scaricare fuori dalla rete potabile. Un sistema quindi sostanzialmente sicuro, che porta acqua potabile verso Teramo e L’Aquila. Eppure ci sono problemi autorizzativi, legati sostanzialmente al D.lgs 152/2006.

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Acqua del Gran Sasso, la disciplina delle aree di salvaguardia e i problemi autorizzativi.

Il D.lgs 152 del 2006 disciplina le aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano. In particolare, “[…]le regioni […] individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione”. Se ciò non avviene, “la medesima [zona di rispetto] ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione”.

Proprio qui risiede il primo problema: per il bacino idrico del Gran Sasso la Regione Abruzzo non ha ancora individuato le aree di salvaguardia, quindi scattano i 200 metri dal punto di captazione; i canali di drenaggio, invece, sono a una distanza inferiore, da qui la difficoltà a procedere con l’iter autorizzativo formale. Tra i lavori necessari alla messa in sicurezza, quindi, è previsto il cambio di tutti i canali di drenaggio, sostituiti con altri che andranno a captare l’acqua a una distanza maggiore dei 200 metri. Un lavoro imponente, non privo di rischi. Come sottolinea a IlCapoluogo.it una fonte esperta e affidabile che preferisce rimanere anonima, non vi è alcuna certezza che i nuovi canali di drenaggio riescano a captare gli stessi quantitativi d’acqua. A fine lavori, quindi, L’Aquila e Teramo potrebbero ritrovarsi con diversi quantitativi d’acqua rispetto a quelli attuali. Il rischio è che potrebbero essere inferiori.

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Gran Sasso, la difficile coesistenza con autostrada e Laboratori.

I lavori di messa in sicurezza, inoltre, dovranno armonizzare la coesistenza del bacino idrico con autostrada e Laboratori. Coesistenza non sempre facile, considerati i “precedenti”. Il più clamoroso, lo sversamento dai Laboratori nel 2002; nell’occasione era stato trovato un “punto di contatto”, tra la pavimentazione degli stessi Laboratori e la galleria, che aveva permesso appunto lo sversamento. Da lì, finanziamenti e lavori per l’impermeabilizzazione di quei pavimenti.

Per anni non si registrarono ulteriori criticità, fino a quando – tra il 2016 e il 2017 furono rilevati “cattivi odori” provenienti dall’acqua potabile proveniente dal Gran Sasso. Le analisi accertarono che i parametri di potabilità erano comunque nella norma, quindi è stata esclusa qualunque ipotesi di inquinamento o rischi per la salute delle persone. Nonostante questo, però, ogni tanto tornava il cattivo odore, che – per quanto innocuo – era pur sempre fastidioso, tant’è che i tecnici della GSA hanno voluto vederci chiaro. L’intuizione arrivò quando alla stessa GSA notarono una curiosa coincidenza. Il cattivo odore arrivava con i lavori di manutenzione dell’autostrada. O meglio, ci spiega la nostra fonte, “non tutte le volte che venivano effettuati i lavori si sentiva cattivo odore, ma tutte le volte che si sentiva cattivo odore stavano effettuando lavori”.

(continua…)

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