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Afghanistan, Quagliariello: Da Obama a Biden nulla è cambiato

Afghanistan, riflessioni e scenari nel giorno in cui si conclude ufficialmente l’impegno ventennale delle Forze Armate italiane nel Paese asiatico.

Afghanistan: riflessioni sul prima e dopo Kabul. Biden lascia campo libero ad altre potenze. “Continuità di tre cicli elettorali pericolosissima”. 

Gli occhi del mondo intero sono puntati sull’Afghanistan, sulla guerra senza tregua, sulla presa di Kabul e sul rimpatrio rapido dopo vent’anni anni di presenza delle forze Nato che disegna nuovi scenari politici.

Ne parliamo con Gaetano Quagliariello, senatore, presidente della fondazione Magna Carta e professore ordinario di Storia Contemporanea che nel corso della sua carriera accademica ha insegnato per otto anni all’Università dell’Aquila.

Uno scenario tutto nuovo per l’Afghanistan dopo un’occupazione durata vent’anni. Come si è arrivati fin qui?
“Dobbiamo distinguere innanzitutto tre ambiti: le cause della guerra, la strategia messa in atto in questi venti anni e gli obiettivi politici. Le cause della guerra, rimaste intatte come dimostrano i fatti di questi giorni, sono strettamente legate a combattere il terrorismo internazionale. La strategia militare invece si è rivelata schizofrenica insieme all’obiettivo eccessivo di annientare completamente i talebani senza badare troppo alle difficoltà”.

L’abbandono è la costante di anni e anni di storia dell’Afghanistan.
“In Afghanistan hanno fatto marcia indietro differenti imperi, da quello britannico a quello sovietico inscenando per gran parte dell’Ottocento una guerra senza tregua per il controllo dell’Afghanistan e dell’Asia centrale. A questo proposito consiglio la lettura de Il Grande Gioco di Peter Hopkirk, libro che aiuta a comprendere la complessità di quella parte del mondo e come non sia la prima volta che essa segni il declino dei potenti della terra. E’ questo il punto. Oggi l’Occidente sta lasciando il campo ad altre potenze: Cina, Russia e India”.

Il caos più grande di questi giorni è dovuto al ritiro massiccio delle truppe statunitensi entro il 31 luglio. Escalation che parte da lontano..
“Questo aspetto ricade su Biden, ma abbiamo vissuto tre cicli elettorali il cui esito è pesantemente condizionato dalla promessa del ritiro statunitense dalle guerre mediorientali. Tutto è cominciato con Obama, è proseguito con  Trump e l’accordo di Doha e oggi si chiude con Biden. C’è una pericolosa continuità da parte dei tre presidenti”.

Quali gli errori più grandi?
“La mancanza di pianificazione, le informazioni errate, l’isolazionismo, una confusa strategia di comunicazione. Questi gli errori che non si sarebbero dovuti commettere. E’ stato più che mai sbagliato l’obiettivo utopico di far diventare l’Afghanistan un paese democratico e moderno, ma questo accade quando le azioni dell’occidente restano limitate e si dà spazio a quella realpolitik che porta su strade impervie. Tutto questo calato in un contesto in cui l’opinione pubblica, come sempre in America, detta le regole”.

Nel passato come oggi…
“La storia insegna che la reazione dell’opinione pubblica americana, in cui è forte la matrice isolazionista, muove le decisioni e tiene il pugno. Gli interventi americani in entrambe le guerre mondiali ci sono stati solo quando sono stati toccati gli interessi americani. Roosevelt avrebbe voluto attaccare da subito Hitler, ma lo ha fatto solo dopo Pearl Harbor”.

Biden intanto se ne va, quali scenari all’orizzonte? I vuoti in politica si riempiono sempre: siamo già al momento della spartizione?
“Il vuoto si riempirà attraverso una strategia che coinvolga i maggiori attori internazionali. Il mio auspicio è che l’Occidente non sia assente e la preoccupazione più grande è che il terrorismo islamico abbia acquistato potere e forza. Negli anni è stato consentito ai talebani di ritirarsi dal paese e ripararsi nelle basi in Pakistan”.

Al G20 l’Europa cercherà un compromesso?
“Spero che l’America sia richiamata alle proprie responsabilità”.

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Intanto, scenari politici e di supremazia a parte resta il problema dei profughi. Questa mattina, poco dopo le otto, è atterrato all’aeroporto di Fiumicino l’ultimo C 130 dell’Areonautica militare del ponte umanitario organizzato dall’Italia che ha portato nel nostro Paese più di 4mila profughi afghani. L’Italia è il primo paese dell’Unione Europea per cittadini afghani evacuati.

avezzano campo profughi afghani interporto

I numeri

In tutto dall’aeroporto di Kabul sono partite 5.011 persone di queste, 4.890 afghani. Tra di loro 1.301 donne e 1.453 bambini. Con l’arrivo dell’ultimo C-130 ha lasciato l’Afghanistan anche la Joint Evacuation Task Force (JETF) che dal 13 agosto scorso ha gestito sul campo le operazioni di evacuazione. Dopo uno scalo operativo in Kuwait, l’arrivo dei militari in Italia è previsto per l’inizio della prossima settimana presso l’aeroporto militare di Ciampino dove ad accoglierli ci sarà il Ministro della Difesa. Si conclude così ufficialmente l’impegno ventennale delle Forze Armate italiane nel Paese asiatico.

avezzano campo profughi afghani

Operazione accoglienza ad Avezzano

Proprio in queste ore nell’area dell‘Interporto di Avezzano destinata a campo di accoglienza per i profughi afghani, i volontari stanno allestendo altre tende, in vista dei prossimi arrivi previsti. Saranno circa 2000 le persone in fuga dall’Afghanistan che saranno trasferite, in questi giorni, al COE, Centro Operativo Emergenza Croce Rossa Italiana, di Avezzano. L’operazione è coordinata dalla Protezione Civile, in collaborazione con il Ministero della Difesa.

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