Giustizia

Riforma Cartabia, prima urge una riforma culturale

Il contributo sulla riforma della giustizia, firmata dalla ministra Cartabia, di Felice Belluomo, avvocato, Presidente della Camera Penale di Napoli Nord.

Il contributo di Felice Belluomo*, avvocato, Presidente della Camera Penale di Napoli Nord, sulla riforma della giustizia, firmata Cartabia.

Giustizia e riforma della giustizia: prima di entrare nel merito della Riforma Cartabia credo sia oltremodo necessaria una riforma culturale, prima ancora che tra gli addetti ai lavori, tra i cittadini, tra la gente ed in particolare tra le nuove e future generazioni.

Vanno interpretate così le istanze europeiste, che non devono essere veicolate come una sorta di baratto economico di cui l’Italia beneficerà, ma come linfa vitale per le garanzie dei cittadini. Finalmente si pone nuovamente l’accento sul tema dei diritti e delle garanzie, si rimette al centro – come una bussola per il navigante – il bagaglio valoriale della nostra Carta Costituzionale, che negli ultimi anni era stato attaccato da uno strisciante e sommario giustizialismo, fatto proprio e quasi rivendicato da alcuni movimenti politici, in cui valori come la presunzione di innocenza, la certezza del tempo di un processo, affinché esso sia giusto sia per gli indagati che per le persone offese, o la funzione rieducativa della pena erano stati troppe volte sovvertiti da approcci improvvisati ed emozionali tendenti  apertis verbis a logiche di vendetta sociale, già nella nomenclatura dei provvedimenti emanati. Penso ad esempio alla Legge cosiddetta Spazzacorrotti che già nel nome partiva dall’assunto che tutti fossero corrotti nella pubblica amministrazione, proiettando poi l’idea di un processo infinito, senza tempo definito per nessuno.

Ancora, prima di addentrarci nei meandri della Riforma Cartabia, forse dovremmo capire cosa sia la Magistratura oggi, soprattutto alla luce della vicenda Palamara. La vicenda Palamara non ha fatto altro che accendere i riflettori su logiche e dinamiche da tempo conosciute e da troppo tempo sottaciute.

Il peso delle cosiddette correnti nelle nomine di importanti vertici giudiziari, le emergenze nell’organo di disciplina e di autogoverno della Magistratura hanno spiazzato il cittadino poichè hanno proiettato l’idea di una Magistratura che perde di vista la sua ontologia costituzionale, il suo essere “Ordine Autonomo ed Indipendente” ma si affianca ai Poteri dello Stato, svolgendo opera di supplenza  e/o di sostegno agli altri poteri perdendo di vista invece il vero senso e ruolo della giurisdizione. Qualsiasi riforma, a mio avviso, non può pertanto rimandare una necessaria riforma ordinamentale, in primis quella della separazione delle carriere tra Magistratura requirente e Giudicante abbandonando l’idea di una Magistratura come (Ordine o Potere) blocco unitario ed indistinto. La stessa scelta del quesito referendario

“Separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti”, è un timido tentativo, perché guarda alla sola separazione delle funzioni mantenendo, invece, inalterato tutto il resto. Mi piace, a questo punto, ricordare la legge di iniziativa popolare che giace in Parlamento dopo la raccolta di più di 70.000 firme voluta e promossa dall’Ucpi che mi auguro venga presto calendarizzata. La proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalle Camere Penali sulla separazione delle carriere in seno alla magistratura ordinaria, presentata nel corso della Diciassettesima Legislatura.

Al prossimo appuntamento, con ulteriori riflessioni sulla Riforma della giustizia.

 

*Felice Belluomo, Avvocato Penalista, Patrocinante in Cassazione, 45 anni, sposato 2 figli. Laureatosi a Napoli con il massimo dei voti e Lode a 21 anni e 3 mesi con una tesi in Diritto Costituzionale, Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani all’ Istituto di Studi Avanzati  – Stoà ( Ercolano/Napoli), abilitato alla professione a 23 anni, è impegnato da anni in processi di rilievo su tutto il Territorio nazionale. Dice scherzosamente di se: “La colpa è dei miei genitori che per mandarmi a scuola subito, mi fecero fare “la primina” per cui mi sono diplomato quando non avevo compiuto ancora 18 anni ed a 26 anni ho preso il primo ‘ergastolo’, ricordando di essere stato tra i più giovani a patrocinare nel famoso processo al Clan dei Casalesi ‘Spartacus1’ e tra i più giovani cassazionisti d’Italia. Già segretario della Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere, poi Tesoriere e Segretario della Camera Penale di Napoli Nord è dall’anno 2018 Presidente della Camera Penale di Napoli Nord e componente dell’Osservatorio Nazionale Statuti dell’Unione Camere Penali Italiane. Scrive per diverse riviste giuridiche e partecipa a decine di convegni e congressi in Italia sui temi di giustizia penale e processo penale.

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