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Gay Pride L’Aquila: “Una scossa di colori, un messaggio di speranza”

Gay pride a L'Aquila, la riflessione della giornalista Carla Liberatore: "C’è bisogno di colori e gioia ma soprattutto di progresso sociale in una città che dal 2009 non ha fatto altro che piangere".

“Se non fossero veri i commenti sul Gay Pride aquilano, ci sarebbe da farne una macchietta alla Peppino De Filippo, una rappresentazione teatrale poco divertente e altrettanto meno intelligente del disappunto di borghesucci costretti ad uscire dalla loro stabile comfort-zone sociale”.

Il Gay Pride come una scossa di colori, di ragazzi e ragazze che vogliono dire qualcosa, che intendono trasmettere un messaggio di speranza, di civiltà e del segno che il tempo avanza inesorabilmente e muta la struttura delle epoche.

Così definisce la manifestazione la giornalista e scrittrice aquilana Carla Liberatore, ex attivista per il movimento gay/lgtb.

gay pride l'aquila

“Si chiama evoluzione, che determina il trascorrere delle generazioni che apportano cambiamenti. È il segno del mutamento dei tempi.

C’è bisogno di colori e gioia ma soprattutto di progresso sociale in una città che dal 2009 non ha fatto altro che piangere e incazzarsi, sottomettersi alle mafie e alla corruzione, in un contesto sociale che dal 2004 ha visto sorgere prepotentemente e poi espandersi in tutto l’Abruzzo, un movimento LGBTQI che non vuole più stare zitto in un angolo e nascondersi dagli sguardi di malignai superbi determinati dal fatto che tutto debba girare attorno alle loro convinzioni personali e forse anche religiose.

I gay pride cari signori aquilani si sono svolti quest’anno in mezza Italia tutti in un’unica data, per dare un segnale che occorre varare una legge contro l’omofobia, contro l’odio quindi, verso chiunque non solo nei confronti delle persone gay.

Serve perché purtroppo c’è ancora troppa gente che non sa tenere le mani e la lingua a posto, personaggi che umiliano, picchiano e vessano in ogni modo chi è diverso da loro e pretendono che questa diversità rimanga nell’oscurantismo convenzionale laddove la vorrebbero relegare per non offendere il proprio piedistallo fatto di facciate di dorata ipocrisia.

La discriminazione, l’esclusione sociale e la diffamazione nuocciono alla vita umana.

Prima di dare fiato e inchiostro ai vostri commenti, bisogna che vi informiate su chi è la comunità LGBTQI aquilana e cosa ha fatto negli anni.

Una comunità fatta di persone che studiano, lavorano, operano nel sociale a difesa dei più deboli, degli animali e dell’ambiente, che pagano le tasse, che sono imprenditori, negozianti, professionisti presso i quali vi servite ogni santo giorno. Ci sono medici che curano le vostre malattie e quelle dei vostri cari, con umiltà e con dedizione e che rivendicano il diritto di non essere più perseguitati in questo Stato che ha la pretesa di dirsi civile.

L’omofobia ha sempre ucciso e se non si da una svolta seria e definitiva continuerà ad uccidere i nostri ragazzi, quelli della porta accanto che magari vi hanno aiutato qualche volta a far ripartire la macchina o a portare le buste della spesa in casa.

Questo Gay Pride vi fa paura come vi fecero paura i primi matrimoni gay simbolici celebrati a L’Aquila in giugno del 2008, così come quelli celebrati a Pineto in provincia di Teramo sulla spiaggia meravigliosa della costa abruzzese nel settembre del 2009.

E a proposito del 2009, i gay, quelli che hanno sostenuto e partecipato al Pride dello scorso 26 giugno, sono gli stessi che fin da marzo di quell’anno hanno avuto il coraggio apertamente sui social network e nelle piazze fra amici e conoscenti di dare l’allarme alla cittadinanza esortandovi a dormire fuori dalle vostre case e contribuendo notevolmente a salvare la gran parte della popolazione di questa città.

Gli stessi che stavano al vostro fianco nelle manifestazioni post terremoto, quella delle carriole e quella di Roma col l’ex sindaco Cialente, tutti in prima linea a prendere manganellate dal governo Berlusconi.

I gay aquilani di cui oggi disdegnate così tanto il Pride erano gli stessi che nei campi post-sisma si sono adoperati per far pervenire nei primi istanti quei generi di necessità che mancavano fra cui prodotti per lavarsi e vestiti per cambiarsi e i medesimi che grazie all’amico di sempre della nostra comunità LGBTQI, abruzzese pure lui, Marco Pannella, si adoperarono per far mettere la linea Wi-Fi nei campi di accoglienza. Gli stessi che anche negli alberghi dove siamo stati accolti per più di tre anni, si sono prodigati per far ottenere a tutta la popolazione aquilana, omofobi compresi, tutto quanto occorreva per lavare panni, per cambiarsi scarpe e vestiti e che hanno fatto da tramite con i comandi locali della Protezione Civile e della Croce Rossa per far avere latte in polvere, medicine, pannolini e giocattoli per i vostri bambini.

Persone alle quali nessuno di voi ha mai detto neanche Grazie e nonostante tutto vi hanno risposto con un sorriso, di quelli che vengono dal cuore, dalla convinzione di aver comunque fatto del bene ad altri esseri umani che soffrivano.

E ora vi spiego quali e quanti danni fa l’omfobia: “io stessa, gay dichiarata da sempre, a causa di questo ho subito per più di vent’anni in questa città, persecuzioni omofobe, discriminazioni, emarginazione con il risultato di una totale povertà, alienazione e disoccupazione. Tutti gli anni della mia gioventù passati a lottare cruentemente ogni giorno per sopravvivere, invece di potermi divertire spensieratamente come tutti i vostri figli. Anni trascorsi sull’orlo del suicidio e della solitudine più completa. Messa ai margini di una società di lustrini borghese e faccendiera nonostante avessi una bella presenza, un’ottima dialettica, una buona cultura e un quoziente intellettivo molto superiore alla media. Una forza lavoro letteralmente buttata nel gabinetto dalle vostre convinzioni maledette. La vostra omofobia mi ha distrutto la vita, gli anni più belli della mia vita. Alla fine mi sono ripresa tutto con immani sforzi e rischiando di morire per mal nutrizione. Questo mi ha fatto la vostra borghese omofobia!

E nel trascorrere di quegli anni ho subito pure svariati atti di vioneza fisica e sessuale, minacce di morte e dispetti che attentavano pesantemente alla mia incolumità come ad esempio ruote svitate e tubi dell’olio dei freni tagliati di netto alle mie auto”.

Tutto questo mi ha generato infinite e indicibili sofferenze di cui oggi porto tutti i segni addosso con una più che precaria condizione di salute e per le quali sofferenze chiunque avrebbe abdicato e si sarebbe lasciato andare”.

Il Pride a L’Aquila serviva a darvi una scossa a riprendere i sensi dopo gli shock traumatici che abbiamo subito come popolazione, fra il terremoto e tutto quanto accaduto dopo con gli odiosi episodi di corruzione, di infiltrazioni mafiose e di ruberie dei soldi destinati alla ricostruzione. Questi fatti però pare non vi abbiano scandalizzato come il Gay Pride.

Non scandalizzatevi più della vita che sorge, che nasce, di quei ragazzi e ragazze che gridano festosamente “Noi ci siamo”, “Noi esistiamo” e che lo fanno anche prendendo in giro quelle religioni che ci hanno per millenni ridotti al mutismo con la volontà di annichilirci e assoggettarci definitivamente.

Scendete dai vostri piedistalli della critica e del giudizio perché un tale atteggiamento è indice di una faciloneria tipica dell’ignorare la realtà in ogni suo aspetto, anche quello che non vi è gradito”.

Nella foto allegata all’articolo Carmen Casoraro.

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