Abruzzo

Sanità anno zero, l’importanza della medicina territoriale

Sanità anno zero: l’importanza della medicina territoriale e le opportunità offerte dal PNRR per rimediare agli errori del passato (e del presente). Il caso dell’ospedale di Castel di Sangro.

Sanità anno zero: l’importanza della medicina territoriale e le opportunità offerte dal PNRR per rimediare agli errori del passato (e del presente). Il caso dell’ospedale di Castel di Sangro.

Grazie, o a causa della pandemia siamo stati costretti a mettere il Sistema Sanitario Nazionale al centro del dibattito politico. Come sappiamo sono le Regioni a condurre il gioco, il nostro ordinamento concede infatti alle stesse una forte autonomia in materia sanitaria. Con il PNRR si aprono nuove sfide e opportunità per invertire una tendenza che riscontriamo in tutto il territorio nazionale, Abruzzo compreso, quella di favorire lo sviluppo della sanità privata a discapito di quella pubblica. E’ un cambiamento silenzioso ma inesorabile, che non è avvenuto da un giorno all’altro, ma che non accenna ad arrestarsi.

Prendiamo Castel di Sangro, 7.000 abitanti e un ospedale che negli ultimi anni è stato oggetto di un lento, silenzioso, ma inesorabile impoverimento di risorse con un conseguente calo della qualità del servizio offerto, e quando il servizio in questione è la sanità non ci si possono permettere errori.

La storia recente dell’Ospedale di Castel di Sangro rappresenta la fotografia emblematica delle scelte scellerate che sono state effettuate in ambito di politica sanitaria. Sulla base di una logica puramente ragionieristica, sono stati operati tagli draconiani, in un contesto di progressivo ridimensionamento dei servizi offerti alle cittadine e ai cittadini sangrini. Con un’amministrazione regionale per lunghi anni commissariata, e dunque priva di effettive capacità decisionali, e un’amministrazione comunale mai disponibile a rivendicare con determinazione le ragioni del territorio, il presidio è stato via via ridotto all’osso, nonostante fosse il punto di riferimento di un territorio vasto e geograficamente complesso. La condizione dell’Ospedale, già prima del periodo covid, era estremamente precaria, per usare un eufemismo, con un taglio verticale dei posti letto, personale ridotto al lumicino e un’attività chirurgica limitata a pochi giorni nel corso del mese. Tutto questo in un contesto in cui gli investimenti e le risorse non sono stati minimamente direzionati verso il potenziamento della medicina territoriale extra-ospedaliera. Il risultato è stata una pesante spoliazione dei servizi per il territorio. Nei prossimi mesi sarà necessaria una battaglia veemente, per invertire questo crinale, agganciare il treno del “recovery” e riaffermare, con piena dignità, il diritto alla salute delle persone.

Siamo a Castel di Sangro, ma sono tantissimi i territori che soffrono in tema sanitario. Un’emergenza come è stata quella del Covid, ha evidenziato tutte le mancanze del nostro sistema sanitario. Cercando di vedere il lato positivo si può dire che la pandemia è stato quel campanello d’allarme necessario per svegliare parte della politica, colpevole di aver trascurato la questione sanità negli ultimi decenni. Questa “opportunità” va colta, far finta di niente sarebbe un crimine verso le generazioni future. Uno dei punti cardine è lo sviluppo e il rafforzamento della sanità territoriale.

Cos’è la sanità territorale.

È quell’insieme di servizi e competenze professionali dedicate alla prevenzione delle malattie, alla promozione della salute e all’assistenza sanitaria primaria. Inutile dire che in un paese come il nostro, caratterizzato da piccoli comuni, spesso mal collegati e distanti dai grandi centri, la sanità territoriale ricopre un ruolo di fondamentale importanza.

Come l’indebolimento della sanità territoriale ha impattato durante la pandemia.

Durante i mesi più bui della prima ondata, la mancanza di un coordinamento tra gli ospedali e la sanità territoriale è stata una delle principali cause di molti ricoveri tardivi. Centinaia di pazienti arrivavano in ospedale senza un filtro, spesso in uno stato avanzato della malattia. Questo problema, come purtroppo abbiamo imparato, ha causato il congestionamento delle strutture ospedaliere e, nella fase iniziale della pandemia, il diffondersi del virus all’interno delle stesse.

Le opportunità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

In ambito sanitario il PNRR prevede lo stanziamento di ingenti fondi, moli dei quali rivolti proprio al rafforzamento e al rilancio della medicina territoriale.

Oltre a prevedere finanziamenti per le cure domiciliari, il piano stanzia un miliardo di euro per la costruzione di 381 Ospedali di Comunità. Parliamo di strutture sanitarie pensate per brevi ricoveri per pazienti che necessitano di cure a media/bassa intensità. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione verso il pronto soccorso e gli ospedali, inoltre gli Ospedali di Comunità sarebbero fondamentali per quei periodi di transizione dei pazienti tra il ricovero nelle strutture ospedaliere e il ricovero domiciliare, dando così la possibilità ai familiari di adeguare gli ambienti domestici alla degenza del malato. Quest’ultimo aspetto, solo apparentemente secondario, è al contrario fondamentale per riportare al centro dell’operato del SSN il valore sociale, troppo spesso messo in secondo piano rispetto agli aspetti economici/ragionieristici. Su questo tema fanno riflettere le parole pronunciate in occasione dell’incontro organizzato da Emergency dal titolo “Idee che fanno bene. Una società più giusta, una società più sana”: “Ci sono queste due parole: individuo e collettività. In questi anni l’individuo e i suoi bisogni sono stati filtrati dalle leggi del mercato. Da quando nella medicina è entrato prepotentemente il mercato si sono oscurati i bisogni della collettività perché si tende sempre ad un rapporto con il paziente che a quel punto diventa cliente”.

Gli Ospedali di Comunità sono un buon esempio di come riportare la salute dell’individuo al centro, lavorando a stretto contatto con la collettività del territorio. E’ importante chiarire che questi progetti non sono pensati per sostituire gli ospedali o le strutture esistenti, al contrario devono essere integrati con tutto il SSN. Come abbiamo visto con il caso dell’ospedale di Castel di Sangro, le strutture ospedaliere sono oggi oggetto di un lento ma costante indebolimento. Investire in ospedali come quello preso ad esempio, rimane un’assoluta priorità.

Ci troviamo davanti ad una sfida epocale, che deve essere preceduta da una presa di coscienza. Negli ultimi decenni ci siamo raccontati e ci hanno raccontato quanto il sistema sanitario italiano fosse all’avanguardia rispetto ad altri paesi. Se per alcuni aspetti è oggettivamente vero, per altri assolutamente no. Mentre ci raccontavamo quanto siamo bravi, non pensavamo che l’Italia stava cambiando e di conseguenza doveva cambiare anche il sistema sanitario nazionale.

Grazie al PNRR investire ora nella sanità si può, ma soprattutto si deve. Lo dobbiamo a tutti coloro che ogni giorno lavorano nelle strutture e a tutti i pazienti che per mancanza di fondi non possono essere seguiti adeguatamente.

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