Il caso

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la legge urbanistica dell’Abruzzo

Corte Costuzionale: illegittima la Legge urbanistica della Regione Abruzzo.

Corte Costuzionale: illegittima la Legge urbanistica della Regione Abruzzo.

“La Corte costituzionale ha dichiarato ieri l’illegittimità della legge della Regione Abruzzo, che nel gennaio dello scorso anno aveva introdotto alcune modifiche alla disciplina posta dalla legge urbanistica. Non tutte le censure formulate dal Governo con il suo ricorso, in verità, sono state affrontate dalla Corte: per alcune occorrerà attendere ancora; per altre, invece, il Governo ha volutamente rinunciato al ricorso, ritenendosi soddisfatto, in quanto la Regione ha accettato di modificare la legge seguendo le indicazioni formulate dallo stesso Governo; alcune questioni, infine, sono state dichiarate dalla Corte infondate o inammissibili”. Lo scrive sul suo profilo facebook il docente di diritto costituzionale presso l’Università di Teramo Enzo Di Salvatore. Secondo Di Salvatore “La dichiarazione di illegittimità della legge riguarda un punto delicato: una cosa apparentemente da niente, che, a mio parere, tradisce un certo approccio politico-culturale nella risoluzione di un problema sociale. La legge prevede interventi di sostegno in favore del coniuge che sia tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento dei figli e che tuttavia non abbia più la disponibilità della casa familiare in cui risiedono i figli. Come aiutarlo? La legge introduce misure di sostegno economico e rende possibile la ricerca di un alloggio «a canone agevolato in prossimità del luogo di residenza dei figli o comunque nelle immediate vicinanze, al fine di facilitare le relazioni tra genitori e figli minori». Una misura che fa onore a chi l’ha ideata. Senonché, la legge si affretta a precisare che dal godimento di questi benefici restano esclusi coloro che siano stati condannati per reati contro la persona. Il Governo, in verità era già intervenuto, chiedendo alla Regione di modificare su questo punto la sua legge, giacché l’espressione “reati contro la persona” finisce per mettere assieme cose molto diverse tra loro: per es., tanto l’omicidio quanto la diffamazione; e questo avrebbe reso irragionevole la legge. Ma nonostante la Regione sia poi intervenuta cercando di correggere il tiro, la Corte costituzionale ha finito per dichiarare lo stesso illegittima la legge: con un ragionamento assolutamente condivisibile. La domanda che occorre, infatti, porsi è la seguente: qual è l’obiettivo dell’esclusione dei benefici? Quello di punire qualcuno a prescindere oppure quello di evitare che la legge risulti contraddittoria in ciò che si propone di disciplinare? Giacché: se lo scopo è quello di trovare una soluzione a chi intenda continuare a stare vicino a suo figlio, accudirlo, esercitare il suo diritto/dovere di genitore (la c.d. “responsabilità genitoriale”), ovvio è che vada escluso dal godimento dei benefici economici chi ha commesso un reato nei confronti del proprio figlio; se, tuttavia, il reato è stato commesso nei confronti di altre persone, che nulla hanno a che fare con il proprio figlio, la misura diviene una misura gratuitamente punitiva: in questo caso, non si smette di essere padre o di essere madre solo perché si è stati condannati per aver minacciato o molestato un vicino di casa venti anni fa. In questo senso, la legge è irragionevole: escludendo dalle agevolazioni economiche chi ha subito una condanna non distingue tra le diverse situazioni esistenti e finisce per porre la questione su un piano etico-sociale. Come dire: chi ha una condanna sulle spalle (o alle spalle) non merita nulla, neppure di essere genitore”.